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Superbonus: nel Recovery Plan possibile proroga al 2023. Lo Studio sull’impatto economico

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Questa la novità contenuta nelle schede tecniche ora al vaglio delle commissioni parlamentari. Su queste Camera e Senato dovranno poi confrontarsi e da qui il Governo partirà per formulare il definitivo Pnnr. Studio Open Economics-Luiss sull’impatto economico della misura sui conti pubblici in 10 anni.

Per il momento, come spiegato in un articolo del Sole 24 Ore, c’è la possibilità concreta di una proroga del Superbonus fino al 2023. È quanto emerso dalle stesse schede tecniche del Recovery Plan inviate dal Governo alle commissioni parlamentari.

Proposta di proroga

Tra le tante indicazioni di spesa, calendari, obiettivi, percorsi e milestone, l’esecutivo guidato da Mario Draghi fornisce alle Camere dei dati tecnici più dettagliati, un passo in avanti deciso verso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) definitivo.

Entro fine mese il Parlamento italiano si pronuncerà su questa bozza di schede tecniche e da qui poi si partirà per la nascita del vero Pnrr.

Tra le tante novità inserite in questo nuovo faldone di documenti, c’è il capitolo “Missione 2” in cui, come riportato dal quotidiano di economia e finanza, è precisato: “Il Milestone identificato è l’approvazione dell’estensione della misura del Superbonus per interventi effettuati fino al 31 dicembre 2023”.

Al momento il testo ufficiale riporta la proroga, ma il ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, ancora non si è pronunciato e molte cose potrebbero ancora cambiare, compreso lo stralcio di questa proposta.

Studio sull’impatto positivo del Superbonus

Superbonus che, secondo uno studio condotto da Open Economics e Luiss Business School, pubblicato sul sito del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, potrebbe avere un impatto molto positivo sulle casse pubbliche entro la fine di questo decennio.

L’obiettivo del lavoro è stimare il valore aggiunto complessivo prodotto dall’incremento di spesa per i lavori di ristrutturazione, l’incremento del valore patrimoniale degli immobili, la quantificazione dell’efficientamento energetico generato, la riduzione del costo delle bollette e le conseguenze di regime sull’intero sistema economico.

Nello scenario considerato di un incremento delle spese edilizie di 8,75 miliardi di euro – si legge nello studio – si registrerebbe un incremento del valore aggiunto complessivo del Paese di 16,64 miliardi nel periodo di attuazione del provvedimento (ai quali si potrebbero aggiungere 1,91 miliardi nell’economia sommersa)”.

Questo incremento sarebbe il risultato della mobilitazione di risorse a seguito dell’incremento di domanda aggregata causato dal provvedimento. A tale incremento si sommerebbe un ulteriore incremento di 13,71 miliardi negli 8 anni successivi (oltre a 1,35 miliardi nell’economia sommersa) come risultato dei benefici prodotti dai progetti realizzati, che presenterebbero un rendimento significativo”, è spiegato nell’analisi Open Economics-Luiss.

Il rapporto stima quindi che l’impatto netto del provvedimento sul disavanzo pubblico sarebbe negativo per 811 milioni di euro, “come risultato di un’espansione del gettito di 3,94 miliardi nel periodo di vigenza delle detrazioni, grazie alle maggiori entrate generate dalla crescita del valore aggiunto, seguita da una contrazione netta di 4,75 miliardi negli 8 anni successivi, dovuta a un maggiore gettito di 3,58, da un lato, e una riduzione di entrate per effetto delle detrazioni fiscali di 8,33, dall’altro”.