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‘Su Blockchain e smart contract bene il Ddl del Senato, ora norme comunitarie per evitare frizioni’. Intervista a Marcella Atzori

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Marcella Atzori, tra gli esperti del Mise per la strategia nazionale sulla blockchain: 'È un segnale di novità del Governo rispetto al passato il riconoscimento giuridico, tuttavia occorrono norme a livello comunitario per prevenirne le frizioni'.

L’Italia sta compiendo un nuovo passo importante per creare le condizioni ottimali allo sviluppo e utilizzo delle tecnologie basate sui registri distribuiti, come la blockchain. Dopo essere stato il 26esimo Paese europeo ad aver aderito alla “European blockchain partnershipe inserito nella Legge di Bilancio 2019 due fondi, per oltre 150 milioni, per il venture capital e lo sviluppo delle applicazioni di Blockchain, Intelligenza Artificiale, Internet of Things e Cybersecurity, nel disegno di legge di conversione del DL Semplificazioni, approvato ieri dal Senato, è contenuto l’emendamento che riconosce per la prima volta nel nostro Paese la piena validità giuridica alle ‘tecnologie basate su registri distribuiti’, appunto come la blockchain.

“Si definiscono ‘Tecnologie basate su registri distribuiti’, è scritto nell’articolo 8-bis del testo, che ora aspetta l’ok definitivo della Camera, “le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l’aggiornamento e l’archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili”.

Per capire meglio l’importanza della norma abbiamo chiesto un giudizio a Marcella Atzori, Ricercatrice presso la University College of London e membro del gruppo di esperti scelti dal Mise per elaborare la strategia nazionale.

 

Key4biz. Come commenta la norma?

Marcella Atzori. È certamente apprezzabile l’attenzione dimostrata dal nostro Governo verso le tecnologie di registro distribuito. È un segnale di novità rispetto al passato che va accolto con favore

Lo stesso emendamento, approvato dalla maggioranza di Palazzo Madama, mette nero su bianco, per la prima volta nell’ordinamento italiano, la definizione di Smart contract: si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su Tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia Digitale con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge”. 

Gli Smart Contract sono dei “programmi” informatici che semplificano e agevolano l’esecuzione di un contratto tra le parti. Questi sono in grado di eseguire in maniera imparziale e automatica le clausole riportate sul contratto aumentandone così la sicurezza e riducendo i costi nella negoziazione dei contratti.

Key4biz. Qual è il vantaggio di questa definizione?

Marcella Atzori. Il riconoscimento che uno smart contract può soddisfare il requisito della forma scritta rappresenta un primo passaggio importante volto a ottenere certezza giuridica e validità di questo tipo di accordi.

Atzori, che è tra i maggiori esperti internazionali di blockchain governance, specializzata in e-government e servizi in alta affidabilità (finanza, sanità, industria), riconosciuta dal Parlamento britannico tra i 10 migliori influencers del Regno Unito in ambito accademico per i servizi blockchain, invita alla approvazione di norme a livello comunitario per prevenire frizioni nel settore.

Key4biz. Secondo lei qual è la strada ideale da percorrere?

Marcella Atzori. Anche per l’assoluta novità delle tecnologie in questione, il Parlamento  Europeo ha appena sottolineato l’importanza  di valutarne con attenzione potenzialità e rischio d’impatto sulla giurisdizione degli Stati membri. Coordinamento, standardizzazione e armonizzazione delle norme a livello internazionale sono fondamentali per il riconoscimento giuridico di queste applicazioni e quindi per il loro futuro sviluppo. Occorre tenerne in massimo conto d’ora in avanti con provvedimenti più meditati e ben costruiti, che sappiano inserirsi in modo coerente con la legislazione comunitaria e prevenirne le frizioni.