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Stress lavoro-correlato, i rischi psico-sociali del terzo millennio

Nella società moderna l’assetto lavorativo ha causato l’inasprimento di alcuni rischi già noti e l’introduzione di nuove minacce per la sicurezza e la salute dei lavoratori, quindi c’è la necessità di inquadrare a livello psicofisiologico e sociale la condizione lavorativa delle persone.

Ad oggi le principali cause di disagio psichico in ambiente di lavoro sono: il mobbing, il bossing ed il burn-out.

Il “mobbing” consiste in una comunicazione ostile e contraria ai principi etici, perpetrata in modo sistematico per un periodo di almeno sei mesi, da uno o più persone principalmente contro un singolo individuo che viene così spinto in una posizione di impotenza e impossibilità di difesa. Lo scopo è danneggiare la vittima, isolandola sul posto di lavoro per allontanarla definitivamente o comunque impedirle l’esercizio di un ruolo attivo nel contesto lavorativo.

Il “bossing” è una variante del mobbing che ha la forma di una vera e propria strategia aziendale, volta a ridurre il personale o eliminare dipendenti “non graditi”.

Ed infine il “burn-out” è una sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di riduzione delle capacità professionali che può presentarsi in soggetti che per mestiere si occupano degli altri e si esprime in una serie di sintomi quali somatizzazioni, apatia, eccessiva stanchezza, risentimento e incidenti.

In passato il lavoro era assimilabile ad un processo lineare caratterizzato da continuità e stabilità, infatti esisteva un concetto di fedeltà all’organizzazione che invece allo stato attuale è più difficile da trovare data la flessibilità dei contratti, la precarietà e l’instabilità del mercato del lavoro.

Il lavoro cambia nelle modalità e nella natura, ma non è variata l’importanza del lavoro nella vita delle persone per cui i fattori chiave come la salute, la sicurezza e il benessere sul lavoro hanno bisogno di nuove tutele.

In assenza di queste ultime si possono avere delle conseguenze negative in termini di benessere psico-fisico dei lavoratori, come ad esempio l’aumento eccessivo dei livelli di stress, il quale è stato classificato come un “insieme di reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle capacità, risorse ed esigenze del lavoratore. Lo stress connesso al lavoro può influire negativamente sulle condizioni di salute e provocare perfino infortuni” [NIOSH, 1999].

Gli stressors cioè le “richieste ambientali” tra cui i ritmi lavorativi, il carico di lavoro, l’invecchiamento della forza lavoro e il timore legato all’uso di strumenti o sostanze pericolose, sono tutti elementi oggettivi che di per sè non sono sufficienti a determinare un’esperienza negativa di stress.

 

Fig. 1 Livello di attenzione durante l’orario lavorativo

Ogni lavoratore interpreta tali pressioni e interagisce con il proprio ambiente lavorativo in modo differente, secondo le proprie strategie di coping che includono le proprie attitudini, la propria personalità e le dinamiche motivazionali.

Per “coping” si intende il meccanismo di fronteggiamento e controllo delle potenziali fonti di stress inteso come l’insieme dei processi cognitivi che attivano un adattamento o cambiamento da parte dell’individuo.

Lo stress è un fenomeno percettivo individuale, legato alla percezione del singolo individuo, per cui non esistono situazioni stressogene, ma solo situazioni potenzialmente stressogene per un certo target di persone.

E’ il singolo lavoratore attraverso il suo “io” che interpreta gli eventi potenzialmente stressanti o come positivi (sfida, coinvolgimento, impegno, autoaffermazione, crescita personale) o come negativi (impotenza percepita, ansia, disagio psicologico, sintomi psicosomatici e comportamentali).

Se il lavoratore è convinto di essere in grado di potersi adattare in modo funzionale alle pressioni lavorative e di poter dare loro adeguata risposta non va incontro ad un vissuto negativo di stress bensì di stress positivo di tipo acuto (eustress) ed è motivato a mettere in atto strategie comportamentali e cognitive finalizzate alla risoluzione del problema.

Al contrario, se valuta insufficienti o inadeguate le proprie risorse, tale squilibrio determina in lui uno stress negativo di tipo cronico (distress) delineando tre possibili tipi di risposte: comportamentali, psico-fisiologiche e biologiche.

Più nel dettaglio, gli effetti a lungo termine del distress consistono in:

Tuttavia definire situazioni di rischio da stress significa capire dove, come e quando i meccanismi biologici, aspecifici e di adattamento all’ambiente esterno diventano pericolosi e possono condurre ad uno stato patologico di malattia, per cui è necessario l’intervento delle figure preposte alla prevenzione della salute e sicurezza sul lavoro.

Secondo il D.Lgs. 81/2008 art. 6, comma 8, lettera m-quater, art. 28, comma 1-bis e l’Accordo Quadro Europeo sullo stress nei luoghi di lavoro siglato l’8 ottobre 2004 la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è parte integrante del DVR e viene effettuata dal datore di lavoro avvalendosi dell’RSPP con il coinvolgimento del medico competente e previa consultazione dell’RLS o dell’RLST.

Lo stress sul posto di lavoro può essere una forma di disagio sia del singolo lavoratore sia di gruppi più estesi, in ragione di ciò è necessario adottare una metodologia che permetta una corretta identificazione dei fattori di rischio prendendo in esame non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori che risultino esposti a rischi dello stesso tipo in funzione dell’organizzazione aziendale.

L’obiettivo è quello di identificare nel modo più dettagliato e preciso possibile le potenziali fonti di stress in modo tale da pianificare delle misure di prevenzione e protezione per eliminare o ridurre al minimo tali fattori di rischio.

La valutazione si articola in due fasi, la prima necessaria (valutazione preliminare) e la seconda facoltativa (valutazione approfondita) da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le misure di correzione adottate a seguito della stessa, dal datore di lavoro, si rivelino inefficaci.

Nel secondo caso si ricorre a questionari riconosciuti dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e Salute sul Lavoro sugli aspetti che riguardano: richiesta organizzativa, controllo, supporto sociale, qualità rapporti interpersonali, ruoli, modalità di gestione, etc.

Dalla disamina dei questionari emerge il livello di stress degli individui e dell’organizzazione, gli interventi di gestione dello stress in ottica preventiva possono:

Fig. 2 Schematizzazione per la valutazione del rischio stress lavoro-correlato (elaborazione Ing. Domenico Caruso)

 

Le misure di prevenzione individuate in seguito alla valutazione dei rischi legati allo stress lavoro-correlato possono comprendere dei programmi di formazione-informazione sui fattori che determinano lo stress, sui rischi legati allo stress e sulle strategie per riconoscere ed affrontare i sintomi.

Bisogna assicurarsi che tutti i manager, inclusi il Managing Director e i membri del Consiglio di Amministrazione, si impegnino a tutelare la salute e il benessere dei lavoratori, ove necessario anche arruolando brillanti Safety Manager che abbiano caratteristiche di leadership tali da migliorare questi importanti fattori e che sappiano trasmettere un’influenza positiva all’intera organizzazione attraverso gesti semplici e significativi.

In generale, tutti i senior manager che coordinano i vari dipartimenti dell’azienda devono essere messi in condizione di avere tempo, formazione e risorse adeguate per traguardare gli obiettivi dell’organizzazione senza trascurare la salute e il benessere dei lavoratori.

E’ molto importante indire regolarmente riunioni di gruppo o di squadra per valutare, confrontarsi, condividere, discutere dei problemi esistenti e di esprimere le soluzioni sostenibili.

Talvolta può essere utile favorire lo sviluppo di un ambiente a supporto delle persone, incoraggiando uno stile di gestione partecipativo dove i lavoratori contribuiscano attivamente e siano autonomi al fine di migliorare le relazioni superiori-dipendenti e decentrare il processo decisionale.

Infine si possono promuovere anche misure di prevenzione come eventi ricreativi o di aggregazione (cene sociali, gite, eventi sportivi, feste) al fine di rafforzare il senso di appartenenza al gruppo, favorire lo scambio di opinioni e la condivisione di valori.

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