STMicroelectronics, produttore di semiconduttori italo francese, chiude il primo semestre 2025 con una forte contrazione di utili e ricavi. I ricavi netti si sono attestati a 5,28 miliardi di dollari, in calo del 21% rispetto ai 6,6 miliardi di dollari del primo semestre del 2024.
Il margine lordo si attesta al 33,5% e la perdita operativa è pari a 130 milioni di dollari ed include 198 milioni di dollari di oneri di svalutazione, costi di ristrutturazione e altri costi di dismissione. Il risultato netto è negativo per 41 milioni di dollari, contro l’utile netto odi 865 milioni registrato nello stesso periodo del 2024.
Nel secondo trimestre, STM ha registrato ricavi per 2,77 miliardi di dollari, un margine lordo del 33,5% una perdita operativa di 133 milioni, che include oneri e svalutazioni per 190 milioni. La perdita netta del periodo è pari a 97 milioni di dollari.
Chip, l’indipendenza digitale dove è finita?
ST è l’azienda europea leader nella produzione di chip, con una solida eredità tecnologica e importanti impianti in Italia ad Agrate e Catania. Nonostante il calo dell’automotive, i settori dello spazio e della difesa stanno crescendo rapidamente, offrendo notevoli opportunità di diversificazione e crescita. Eppure, mentre si discute di autonomia europea nella microelettronica, ST resta sostanzialmente priva di un robusto sostegno pubblico. Come osservato da Marco Lisi Turrizziani su Linkedin:
“Si parla continuamente di rendere l’Europa indipendente dalla microelettronica estera, soprattutto cinese, e poi si lascia languire il più grande produttore di circuiti integrati europeo? Se il mercato automotive è in calo, quelli dello spazio e della difesa sono invece in forte ascesa. Investiamo dunque in una rapida riconversione di STM!“
L’aiuto di stato per la sede di Catania
Il mercato globale dei semiconduttori è in ripresa dopo una fase di eccesso di stock e rallentamento della domanda, specie nel settore automotive e consumer electronics. L’Unione Europea, che oggi vale meno del 10 % della produzione mondiale di chip, si è posta l’obiettivo ambizioso di raggiungere il 20 % entro il 2030 tramite il European Chips Act, un pacchetto legislativo e finanziario da circa 43 miliardi di euro tra investimenti pubblici e privati.
La sede Catania è stata inserita nel programma europeo Chips Joint Undertaking (Chips JU), l’iniziativa è uno dei tasselli fondamentali del Chips Act, il piano della Commissione europea per rilanciare la produzione di semiconduttori nel continente e ridurre la dipendenza estera. L’impianto siciliano sarà strategico per la realizzazione di prototipi destinati ad applicazioni avanzate in settori chiave come la mobilità elettrica e le telecomunicazioni.
Il sito, previsto in piena operatività tra il 2026 e il 2033, punta a produrre 15.000 wafer a settimana e diventerà un centro di R&S strategico per chip ad alta efficienza energetica destinati a EV, rinnovabili, difesa e data center.
Nonostante queste mosse, il processo di attuazione del Chips Act si è rivelato troppo lento: ritardi nelle approvazioni e nella distribuzione dei fondi hanno fatto esitare investitori come Intel, Wolfspeed e TSMC nel realizzare nuovi stabilimenti in Europa. In un momento storico in cui l’indipendenza tecnologica è al centro del dibattito politico ed economico, lasciare senza una strategia di sostegno un colosso industriale di questa portata rischia di compromettere la competitività europea e l’innovazione futura nel settore dei semiconduttori.