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State of Broadband 2014: Italia ferma al palo

Banda larga

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A 10 anni dal primo World Summit on the Information Society (WSIS), la società dell’informazione è ormai una realtà tangibile: a fine 2014 saranno all’incirca 2,9 miliardi le persone che frequenteranno le autostrade della rete, pari al 40% della popolazione. Lo ribadisce il rapporto State of Broadband 2014’ dalla Broadband Commission for Digital Development dell’ITU, che sottolinea come, andando di questo passo, entro il 2017 la metà della popolazione del Pianeta sarà online. Ad agevolare questo sbarco sempre più massiccio saranno non solo i pc, ma anche gli smartphone. Al momento ne circolano nel mondo circa 1,7 miliardi, ma alla fine del 2019 saranno 5,6 miliardi, di cui 2,7 si collegheranno in tecnologia LTE.

E ad affollare le vie digitali non saranno solo le persone, ma anche gli oggetti: da qui al 2018, potrebbero arrivare a quota 9 miliardi quelli connessi alla rete, inclusi elettrodomestici, impianti di illuminazione, apparecchiature per il monitoraggio sanitario o dei veicoli, per un mercato del valore stimato in 100 miliardi di dollari entro il 2020.

Dal rapporto ITU emerge come tra le prime dieci economie al mondo in termini di penetrazione della banda larga, nove siano europee (tranne la Corea del Sud, al sesto posto). L’Italia, in questa classifica, si piazza al 40esimo posto, con una penetrazione del 22,3% (l’anno scorso era al 22,1%), mentre siamo 25esimo posto (dal 28esimo del 2013) per penetrazione della banda larga mobile, con una penetrazione del 64,8%, che impallidisce di fronte ai primi otto paesi in classifica – Singapore, Finlandia, Giappone, Australia, Bahrein, Svezia, Danimarca e Corea – tutti con una penetrazione superiore al 100%.

Facciamo decisamente meglio in termini di accesso ai social network, classifica che ci vede al 12esimo posto con una penetrazione del 54% degli utenti internet contro una media globale del 39%.

Il mondo, insomma, è sempre più ‘broadbandecentrico’ e i settori della comunicazione tradizionali devono adattarsi per non soccombere. E lo stanno facendo, spiega Anne Bouverot, della GSMA, anche di fronte a una regolamentazione di settore che invece risulta inadeguata ad affrontare i cambiamenti del mercato.

“Il settore mobile è tra i più regolamentati, soggetto com’è non solo a regole sulla privacy e la protezione dei consumatori ma anche ad una serie di norme settoriali relative all’interoperabilità, la sicurezza, le chiamate di emergenza, le intercettazioni dei dati dei clienti, contributi per il servizio universale e altro ancora. Si tratta di uno dei settori più pesantemente tassati in tutto il mondo, mentre le web company che offrono servizi voce e di messaggistica equivalenti sono, nel complesso, soggetti a nessuno di tali vincoli fiscali”, ha detto la Bouverot, sottolineando che è responsabilità dei governi garantire a tutti le medesime condizioni perché oggi, ha concluso, “il settore mobile sta portando sulle sue spalle il costo della distorsione del mercato generata da una regolamentazione obsoleta”.

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