Il caso

Spot&Social. La pubblicità che ripara i danni del…Servizio Pubblico

di Alberto Contri |

Quello delle mamme? Uno dei più belli e più difficili mestieri del mondo. Meno male che ci pensa la pubblicità, quella vera, quella seria e professionale, a rimettere le cose a posto. E a svolgere il ruolo che spetterebbe al Servizio Pubblico

Ci sono momenti in cui, anche come utenti del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, è difficile non farsi prendere dallo sconforto: per esempio, quando a mezzanotte a RadioRai si sente annunciare con enfasi l’inno di Mameli diretto dal Maestro Giovanni Allevi, che è solo un perfetto prodotto di marketing costruito “pour épater les bourgeois”.

La Rubrica Spot&Social è curata da Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Ma c’è di peggio: la riscoperta di un sedicente creativo che – assai giustamente – da un po’ di tempo aveva poche occasioni di provocare, dopo le mostre fotografiche sui peni, sui sederi, sulle vagine e sulla cacca. Si tratta di Oliviero Toscani, che promette di fare a RadioUno “un dibattito serrato, che lascerà molto spazio alla polemica accesa e persino all’invettiva… Io non sono obiettivo e non mi interessa avere ragione o essere equo. Farò disservizio pubblico”.

Fantastico: sono dunque queste le credenziali con cui la Rai intende presentarsi al rinnovo del “Contratto di Servizio?”.

Nella prima puntata, ecco la prima provocazione: “Che cosa aspettiamo ad eliminare le mamme?”.

Date le premesse, sarebbe meglio un pietoso silenzio.

E meno male che ci pensa la pubblicità, quella vera, quella seria e professionale, a rimettere le cose a posto. E a svolgere il ruolo che spetterebbe al Servizio Pubblico.

È il caso della campagna creata dall’agenzia Wieden & Kennedy per la Procter & Gamble “a sostegno del lavoro più difficile e più bello del mondo, quello della mamma”.

 

 

La campagna comprende una serie di iniziative molto articolate, con alcuni corti affidati alla classe di un uomo di cinema come Alejandro González Iñárritu, il primo messicano a ricevere una nomination agli Oscar come miglior regista. È stato anche il primo e unico del suo paese ad aver vinto il premio per la miglior regia al Festival del Cinema di Cannes. I suoi cinque lungometraggi, Amores perros (2000), 21 Grammi (2003), Babel (2006), Biutiful (2010) e Birdman (2014) sono stati acclamati dalla critica di tutto il mondo e hanno raccolto complessivamente ventuno nomination agli Oscar.

 

Ce ne è abbastanza per seppellire i nostri provinciali provocatori sotto una montagna di lavoro ben fatto, e al più alto livello internazionale, a difesa di una verità incontrovertibile: l’impegno delle mamme nel crescere i figli – che diventino poi persone normali o riescano addirittura a vincere le Olimpiadi – costituisce uno dei più belli e più difficili mestieri del mondo.