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Spot&Social, il gender gap è ancora un problema in busta paga

Gender Gap

Gender Gap

Cosa pensereste se il vostro datore di lavoro vi comunicasse un giorno di inizio novembre che da quel momento sino alla fine dell’anno non percepirete più alcuno stipendio? Sembrerebbe una situazione paradossale, ma è quello che è successo lo scorso 2 novembre alla maggior parte delle donne italiane.

La giornata in questione, rinominata dalla Commissione Europea “Equal Pay Day”, evidenzia annualmente il gap che si viene a creare tra gli stipendi delle lavoratrici europee rispetto a quelli dei loro colleghi. Il compenso orario medio delle donne si è rivelato essere in Europa il 16,4% più basso (Fonte: Eurostat / Gender gap report 2015), andando così a creare una disparità di salario che sul lungo termine corrisponde ai due mesi di lavoro non pagato cui facevamo riferimento in apertura.
In Italia il divario medio delle retribuzioni fra uomini e donne è del 7% con punte fino al 30% tra le persone laureate (Fonte: Rapporto Almalaurea 2014).

Per fare chiarezza sulle dinamiche del gender gap, la Commissione Europea ha realizzato un’infografica interattiva dal titolo Equal Pay? It’s time to close the gap che ben evidenzia anche le false convinzioni che ancora limitano la percezione di questo problema.
Tra le più diffuse, il dare per scontato che il salario percepito dalle donne sia mediamente più basso perché derivante da professioni meno specializzate o meno remunerative rispetto a quelle a prevalenza maschile. Il disequilibrio si gioca infatti in condizioni di pari attività e competenze, come ci ricorda la seconda fase della campagna Pubblicità Progresso, Punto su di te.

Come evidenzia la case history, la campagna ha contribuito ad una presa di coscienza delle attuali disparità di genere raccogliendo il riscontro di diversi protagonisti della società.
Una presa di posizione importante su questo problema è stata quella di Papa Bergoglio, nel corso di una delle consuete udienze in Piazza San Pietro.
Le parole del Pontefice si uniscono all’eco che la tematica sta trovando nella stampa e nei mezzi di informazione, nel percorso verso un anno lavorativo retribuito 12 mesi per tutti.

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