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Spot&Social. Calcio e solidarietà, binomio indivisibile

Novanta minuti di gioie, dolori, speranze ed emozioni. Novanta minuti durante i quali la propria vita gira attorno ad un pallone. Il calcio è sempre stato il canale di comunicazione che ha unito tutti, dai più grandi ai più piccini perché rappresenta nell’immaginario collettivo la più bella forma di condivisione. Uno sport fatto di eroi che, la maggior parte delle volte, sono diventati tali, dopo aver affrontato alcune “fatiche di Ercole”. Ma che hanno realizzato un sogno, anche quando appariva impossibile.

Storie di ragazzi normali, alcuni dei quali cresciuti per strada, che hanno visto nel pallone e nel calcio un modo per poter sfuggire a situazioni più difficili. Ed è per questo motivo, che molti di questi “eroi”, non hanno dimenticato chi invece si trova ancora a dover affrontare i problemi della vita e per questo motivo hanno deciso di offrire il loro contributo a chi è più sfortunato di loro.

L’Adidas in uno dei sui spot più significativi ha come testimonial l’attaccante del Barcellona Lionel Messi al quale, ancora bambino, fu diagnosticato un problema all’ormone della crescita. Nonostante questo, grazie alle cure che il club del Barcellona decise di pagargli, è diventato uno dei calciatori più forti di tutti i tempi. Lo spot incentrato sulla storia del fuoriclasse argentino, racchiude un grandissimo messaggio di speranza sintetizzato nel noto slogan “Impossibile is nothing”, reso celebre dal brand Adidas.

Innumerevoli sono stati negli ultimi anni i testimonial dello sport che hanno offerto la loro immagine per campagne dal forte impatto sociale. L’ex  giocatore inglese David Beckham ha prestato la sua immagine per uno spot dell’Unicef finalizzato a trasmettere un messaggio contro la violenza sui bambini. Ed allo stesso modo,  è anche diventato uno dei principali testimonial di campagne contro L’AIDS  e portavoce di Malaria No More, un’organizzazione non-profit di New York nata nel 2006 con lo scopo di debellare la malaria in Africa.

Negli ultimi anni, anche lo svedese di origini slave Zlatan Ibrahimovic si è mosso in favore di una nobile causa sociale. Il campione, adesso al Manchester United, quando vestiva la maglia del Paris Saint Germain ha letteralmente prestato il proprio corpo per diffondere un messaggio contro la fame del mondo: ha infatti partecipato alla campagna benefica del World Food Program e ha deciso di tatuarsi i nomi di 50 delle oltre 800 milioni di persone che ogni giorno soffrono per la mancanza di cibo.

Ed infine, nel Paese dove il calcio è lo sport nazionale, l’Italia, sono stati moltissimi i giocatori che sia singolarmente che grazie alle proprie società hanno mosso le fila della trasmissione di messaggi solidali. Lo scorso anno i giocatori della Lazio, poco dopo il terremoto di Amatrice, si sono proposti come singolari camerieri durante una cena nella cittadina colpita dal sisma. Allo stesso modo il capitano della Roma Francesco Totti ha devoluto il compenso  della  partecipazione al Festival di Sanremo 2017 alle popolazioni delle aree colpite dal terremoto nell’Italia centrale.

Sono stati inoltre diffusi in rete molti spot attraverso i quali i calciatori italiani hanno trasmesso messaggi di speranza e di solidarietà. Tra gli spot, quello dei lacci arcobaleno che ha come protagonista il “fenomeno social” Davide Moscardelli focalizza la propria attenzione sulla lotta contro omofobia ed il messaggio che lancia è molto efficace e chiaro: “Chi allaccia ci mette la faccia. Diamo un calcio all’omofobia”.

Calcio e solidarietà: un binomio che ad oggi può essere definito inscindibile.

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