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Spot & Social. Come si comunica l’integrazione combattendo gli stereotipi

di Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso |

Ecco alcuni esempi di campagne sull'integrazione sociale, dalle più recenti di Nike e della Nazionale inglese di calcio, a quelle più tradizionali di organizzazioni no profit come le Nazioni Unite.

La rubrica Spot&Social ha lo scopo di illustrare ogni settimana una o più campagne pubblicitarie di particolare interesse sociale. Rubrica a cura di Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità ProgressoPer consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Argomento al centro di tantissimi dibattiti, su diversi piani e livelli, l’integrazione e, più in generale, la convivenza di diverse etnie e culture nella stessa società, è sicuramente uno dei temi caldi del 2018 e, probabilmente lo sarà anche del 2019. Non solo in Italia, ma in tutto mondo. La comunicazione, sociale e non, non ha potuto evitare di metterci mano in modo più o meno diretto ed esplicito. Di seguito, alcuni esempi di campagne sul tema, dalle più recenti di Nike e della Nazionale inglese di calcio, a quelle più tradizionali di organizzazioni no profit come le Nazioni Unite.

 

NIKE E COLIN KAPERNICK

Una delle campagne recenti più discusse  è stata quella di Nike per il trentesimo anniversario dell’ormai iconico slogan ‘Just do it’. In particolare ha fatto molto parlare di sé uno dei tre testimonial scelti, oltre a Serena Williams e LeBron James: Colin Kaepernick, giocatore di NFL diventato simbolo delle tensioni razziali ancora molto forti negli Stati Uniti. L’atleta, senza contratto da marzo 2017, fu il primo a inginocchiarsi in segno di protesta durante l’inno nazionale statunitense, suonato e cantato prima di ogni partita di campionato. Un gesto fatto per denunciare le violenze della polizia nei confronti degli afroamericani e per attirare l’attenzione mediatica sulle disparità di trattamento. Fu imitato da molti suoi colleghi, ma anche aspramente criticato dal Presidente Trump, che ne chiese una squalifica. Due anni dopo, il marchio sportivo ha ‘usato’ il suo volto e la sua storia per una campagna che sta tra il commerciale e il sociale. Sotto gli occhi di Kaerpernick si legge lo slogan Credi in qualcosa, anche se questo significa sacrificare tutto’.

Il sottotesto a questa pubblicità, per chi conosce la storia dell’atleta e i problemi razziali che stanno tornando ad agitare gli Stati Uniti, è subito chiaro. Un altro dei sempre più numerosi esempi di marchi che trattano temi sociali per promuovere le proprie attività commerciali: nel giorno successivo alla diffusione della campagna, le vendite online di Nike sono salite del 31%, e nel mese di settembre il valore di borsa è schizzato in alto.

 

LA NAZIONALE INGLESE A RUSSIA 2018

 Restando sempre nel mondo dello sport, prima dei Mondiali di Russia la Nazionale inglese aveva rilasciato un spot dove, per annunciare le convocazioni ufficiali dei giocatori, erano stati scelti ragazzi e ragazze di diverse età ed etnie ripresi sui campi di calcio o per le strade in città. Anche qui, un claim efficace: “For the nation, by the nation” a sottolineare che il melting pot di culture e provenienze che si riscontra nel Paese, e nelle squadre, è motivo di forza e orgoglio.

 

LE CAMPAGNE CONTRO GLI STEREOTIPI DI UNHCR

Di qualche anno fa, invece, la campagna ‘Flower’ di UNHCR, dove alcuni nomi famosi (Albert Einstein, Henry Kissinger, Nadia Comaneci e Marlene Dietrich ecc) venivano usati come ‘sponsor’ per trasmettere un’immagini positiva del rifugiato. Il messaggio è quello di non rimanere fedeli all’immaginario più comune dello straniero come nemico, ma di persona che ha le nostre stesse potenzialità, se non maggiori, ma che corre il rischio di non poterle mai coltivare per colpa di guerre o catastrofi naturali.

Sempre UNHCR nel 2000 aveva rilasciato un’altra campagna, ‘Stereotipi’, che puntava a fare vedere come molti modi di dire non corrispondano più alla realtà dei fatti. Mentre scorrono diverse immagini e diverse situazioni, dei super recitano ‘Humor brittanico’, ‘Cucina francese’, ‘Moda italiana’ mentre vediamo un cuoco asiatico, un uomo di colore circondato da colleghi che ridono e uno stilista che potrebbe essere di origini nord africane. Il claim dello spot ‘Rifugiati, sono dovuti fuggire, e noi li abbiamo accolti. Ora diamo loro la possibilità di farsi una vita’ riprende il senso di Flower e invita ad andare oltre i luoghi comuni.