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Spid, esclusi quasi 5 milioni di italiani all’estero. Fedi (Pd): ‘Sarebbero i primi a volersi registrare’

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Interrogazione di Marco Fedi (Pd) per chiedere agli Identity Provider modifiche alle procedure di registrazione a Spid. ‘L’obiettivo è aprire il sistema ai nostri connazionali residenti all’estero, sarebbero i primi a volersi registrare’.

I cittadini italiani residenti all’estero non possono accedere a Spid, il Sistema pubblico di identità digitale, che permette di registrarsi soltanto con un indirizzo di residenza nel nostro paese. Una falla non secondaria del sistema, che penalizza i nostri connazionali che vivono oltre confine, quasi 5 milioni di persone secondo i dati dell’Aire (Anagrafe degli italiani all’estero). I quali non possono accedere a Spid a causa delle procedure di registrazione, che non consentono appunto ai residenti all’estero di fare domanda perché gli Identity Provider (TIM, Poste, Infocert e Sielte) non prevedono la possibilità di registrarsi senza l’indirizzo di residenza in Italia e la tessera sanitaria (che non tutti i nostri expat hanno).

A farsi carico del problema l’onorevole del Pd Marco Fedi, eletto all’estero e residente a Melbourne in Australia, che ha depositato un’interrogazione (qui il testo dell’interrgoazione in Pdf), rivolta al Ministro per la semplificazione e la Pubblica Amministrazione, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per chiedere una proroga per l’entrata in vigore del nuovo sistema (mantenendo il doppio binario delle credenziali Inps e Spid per le dichiarazioni reddituali) e rendere così possibile la certificazione dell’identità digitale anche ai residenti all’estero.

“Abbiamo quasi 5 milioni di italiani che vivono stabilmente all’estero – dice Marco Fedi a Key4biz – di questi, il 70% ha rapporti quotidiani con la Pubblica Amministrazione italiana. Ci sono inoltre tutti gli italiani in giro per il mondo per vacanza o per motivi di lavoro, i quali pur non essendo stabilmente residenti all’estero, non possono accedere ai servizi online della PA se non dispongono di un indirizzo di residenza in Italia”. Il tema riguarda inoltre tutte le imprese che, pur trovandosi all’estero, hanno rapporti con il nostro paese, ma hanno comunque e a maggior ragioni rapporti quotidiani con la PA di casa nostra.

Un problema che, come segnalato dal CGIE (Consiglio generale degli Italiani all’estero) priva una grossa fetta di italiani del diritto di accedere ai servizi online pubblici e privati, con il rischio che “non si possa procedere alla verifica reddituale ed alla certificazione dell’esistenza in vita con l’impossibilità di utilizzare le password degli utenti e dei Patronati”.

L’interrogazione arriva dopo l’incontro della settimana scorsa dell’onorevole Fedi con Tito Boeri, presidente dell’Inps, visto che anche l’istituto chiede il mantenimento del doppio binario delle credenziali Inps (18 milioni le password in circolazione) e di Spid (poco più di un milione quelle erogate) per non creare disservizi online a cittadini e Patronati, che devono collegarsi al sistema dell’Istituto per registrare le dichiarazioni dei redditi e l’esistenza in vita dei cittadini. Anche i funzionari dei Caf operanti in Italia devono munirsi di Spid per svolgere la loro attività per conto dei cittadini.

“Gli italiani che vivono all’estero sono i primi a volersi registrare a Spid – aggiunge Fedi – sarebbero pronti a inserire anche i dati della carta di credito perché più abituati a servizi online rispetto a chi vive in Italia”. Lo Spid è un sistema avveniristico che potrebbe consentire di ridurre il lavoro dei Consolati, ad esempio, come avviene per i cittadini del Regno Unito, che possono rinnovare il passaporto dovunque online, con consegna a domicilio del nuovo documento senza l’obbligo di presentarsi al consolato.

Estratto dell’interrogazione

 

Nessun ente certificatore, eccetto Infocert, permette di accedere alla procedura se non viene inserita una residenza italiana. Infocert permette di inserirla ma poi sussistono i seguenti problemi:

  • dopo aver inserito l’indirizzo e gli altri dati personali, viene richiesto di inserire i dati del documento di riconoscimento. Sia con l’inserimento del Passaporto che con la Carta d’identità, non vi è la possibilità di inserire il rilascio da parte del Consolato;
    • nella procedura, scegliendo come documento d’identità il Passaporto italiano, sono previsti due campi obbligatori per la provincia e il comune di rilascio, nonostante sia improprio legare il rilascio del passaporto al comune, visto che è rilasciato dalle Questure o dai Consolati italiani all’estero;
  • nella procedura è previsto che il documento estero possa essere inserito al posto di quello italiano ma in tal caso il riconoscimento dovrebbe avvenire “de visu”, cosa ben difficile per persone residenti all’estero e per i nostri operatori;
  • anche al momento del pagamento (20 euro) per il servizio di riconoscimento via web, l’unico possibile dall’estero, viene richiesta per la fatturazione una residenza italiana e gli orari per le verifiche via web, non sono sempre compatibili con i fusi orari delle diverse latitudini;
  • nella procedura di identificazione viene richiesta la tessera sanitaria italiana in funzione della verifica del codice fiscale. Pochissime persone all’estero, che non siano esse stesse emigrate di prima generazione e vengano spesso in Italia, sono in possesso della tessera sanitaria. Stesso vale per gli operatori sia che siano con doppia cittadinanza o meno.