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Spesa sociale in Italia: 615 miliardi, il 30,1% del Pil

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In media, i paesi aderenti all’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, spendono il 21,1% del proprio prodotto interno lordo per la spesa sociale. A spendere la cifra più alta in rapporto al Pil è la Francia, al 31,6%, seguita dall’Italia al 30,1% e dall’Austria al 29,4%.

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Ci batte solo la Francia (31,6%). Il 48,4% va alle pensioni, il 4% alla famiglia

Pensioni, sanità, sussidi. Tutte queste voci sono toccate dalla manovra 2024 del governo Meloni che nei prossimi giorni inizierà il suo “pellegrinaggio” nelle aule parlamentari. In attesa di vedere come ne uscirà (ovvero, di quanto sarà cambiata rispetto alla versione approvata dal Consiglio dei ministri) è utile dare un’occhiata allo stato attuale. Ovvero: vedere come è suddivisa la spesa sociale in Italia confrontandola con quella degli altri Paesi dell’Ocse.

Quanto vale la spesa sociale in Italia

In effetti i volti della spesa sociale in Italia sono molti così come sono molte le prestazioni erogate dalle istituzioni pubbliche ai cittadini che si trovano in condizioni di bisogno. Un capitolo di spesa particolarmente cospicuo per lo Stato, se si pensa che l’Italia nel 2022 ha riservato 615 miliardi di euro proprio a questa voce. La spesa per il welfare è in crescita del 18% rispetto al periodo pre-Covid, così come è in aumento il rapporto tra spesa sociale e prodotto interno lordo e in Europa l’Italia è seconda solo alla Francia per percentuale di Pil destinato al welfare.

Spesa sociale in Italia in rapporto al Pil: per i paesi Ocse è al 21,1%

In media, i paesi aderenti all’Ocse, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, spendono il 21,1% del proprio prodotto interno lordo per la spesa sociale. A spendere la cifra più alta in rapporto al Pil è la Francia, al 31,6%, seguita dall’Italia al 30,1% e dall’Austria al 29,4%. Un alto rapporto tra spese di welfare e Pil caratterizza soprattutto i paesi dell’Unione Europea. I primi otto paesi con il rapporto più alto appartengono infatti all’Ue, mentre i primi Stati extraeuropei si trovano al nono (Giappone) e decimo posto (Canada), entrambi al 24,9%. Gli Stati Uniti investono per la spesa sociale il 22,7% del proprio Pil, di poco sopra la media Ocse. Mentre i Paesi Ocse con la spesa sociale in assoluto più bassa in rapporto al Pil sono l’Irlanda (12,8%), la Turchia (12,4%) e soprattutto il Messico (7,4%).

Spesa sociale, record nel 2020: il 32,6% del Pil

Come anticipato, la spesa sociale in Italia è in aumento, così come il suo peso in rapporto alla ricchezza prodotta. Nel 1980 il nostro Paese spendeva per il welfare circa il 17,3% del proprio Pil, nel 1990 il 20,3%, nel 2000 il 22,6%, nel 2010 il 27% e nel 2020 il 32,6%. Il dato del 2020 rappresenta il valore più alto mai registrato: non solo per l’aumento della spesa, ma anche a causa della diminuzione del Pil in quell’anno a causa della pandemia.

Spesa sociale in Italia, come è composta?

Quando parliamo di spesa sociale ci riferiamo alle prestazioni in denaro, fornitura diretta di beni e servizi in natura e agevolazioni fiscali a fini sociali. Tra i settori interessati dalla spesa sociale ci sono quindi la sanità, le pensioni di vecchiaia e invalidità, i sussidi per la famiglia, le politiche per il lavoro, abitative e di contrasto della disoccupazione e dell’esclusione sociale. Parliamo quindi di una spesa che viene destinata a famiglie a basso reddito, anziani, disabili, malati, disoccupati e giovani.

Oltre il 48,4% della spesa sociale in Italia è per le pensioni

Dei 615 miliardi di euro spesi nel 2022 in Italia per la spesa sociale, il grosso, cioè il 48,4%, riguarda le pensioni di vecchiaia, che spettano a chi ha maturato i requisiti di età e di contribuzione e ha terminato l’attività lavorativa. Il 21,7% si riferisce alla sanità, l’18,1% alle politiche sociali e l’11,8%all’istruzione. Scendendo nel dettaglio delle singole voci, particolarmente significativa è quella che riguarda la disoccupazione e l’esclusione sociale. Nel 2000 rappresentava appena il 2,2% del totale della spesa sociale; dal 2020 in avanti ne vale oltre un decimo. Inoltre, circa l’8,5% della spesa sociale riguarda le pensioni ai superstiti, il 5,3% è per le pensioni di invalidità e il 4% (stabile da anni) è la spesa per la famiglia, la maternità e l’infanzia.

La spesa sociale privata vale meno del 2% del Pil

Quella di cui abbiamo parlato finora è la spesa sociale di natura pubblica, ossia le prestazioni fornite dalle amministrazioni pubbliche. Ma esistono anche prestazioni sociali private, non derivanti dalla spesa pubblica. Nella spesa sociale privata rientrano, per esempio, le pensioni erogate dai fondi privati e la spesa privata per sanità e assistenza. In questo caso, l’Italia è molto più indietro. La spesa sociale privata in Italia vale meno del 2% del Pil (dato del 2019), mentre negli Stati Uniti (12,9% nel 2020) e Paesi Bassi (13,1% nel 2019) raggiunge livelli significativamente più alti.

Nel 2035 i pensionati potrebbero superare gli occupati

È lecito domandarsi quanto potrà reggere il sistema di welfare in Italia perché sono diversi i fattori che la metteranno a dura prova in futuro. In primis l’andamento demografico, con la crescita della popolazione ultrasessantacinquenne e il conseguente aumento dei pensionati. Nel 2035 gli anziani a riposo dal lavoro potrebbero superare per la prima volta il numero di occupati. Se ci si concentra sul breve termine, invece, un fattore che incide sul sistema di welfare è senza dubbio l’inflazione, che erode il potere d’acquisto e contribuisce ad accrescere il numero di famiglie in condizione di povertà e bisognose di sussidi sociali.

I dati si riferiscono al 2022
Fonte: OCSE, Istat, The European House Ambrosetti