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S&P abbassa il rating dell’Argentina, Macron vuole regolamentare internet, Caos conferenza su Libia a Palermo

Argentina, S&P abbassa rating da B+ a B ma migliora l’outlook

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – L’agenzia di rating Standard & Poor’s ha abbassato da “B+” a “B” la valutazione sovrana dell’Argentina, parlando di una “erosione” del sistema finanziario nazionale. Un giudizio pero’ completato dal miglioramento delle prospettive sul debito con l’outlook che passa a “stabile” e con il ritiro della “revisione speciale negativa” che gravava su Buenos Aires. La decisione dell’agenzia, rileva il quotidiano economico specializzato “Ambito”, segue il forte deprezzamento del peso sul dollaro, con ricadute negative sull’approvazione del governo di Mauricio Macri e delle possibilita’ di portare a casa il severo piano economico disegnato per ridurre il deficit. Risultano deboli tanto il contesto esterno quanto il panorama fiscale, e preoccupano la limitata flessibilita’ sui cambi e il crescente peso del debito. Nella nota si segnala “che c’e’ stata una erosione del profilo del debito argentina, della traiettoria di crescita economica e della dinamica di inflazione, dopo i contrattempi nello sviluppo dell’impegnativo programma di assestamento economico”. D’altro canto, il recupero del settore agricolo, colpito a inizio anno da una forte siccita’, puo’ garantire un freno alla recessione economica grazie anche all’incremento dell’export, in parte favorito anche dal cambio. Il passaggio all’outlook stabile e’ al tempo stesso riflesso dell’attesa sull’applicazione delle misure fiscali e monetarie, cosi’ come dei tagli ai finanziamenti del governo. S&P e’ comunque pronta a una nuova parziale bocciatura se, nei prossimi 12 mesi, “si verificano fatti politici inattesi o una non corretta applicazione del programma di austerita’ del governo”.

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Stati Uniti-Afghanistan, Washington potrebbe chiedere al governo afgano di sospendere le elezioni

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – L’amministrazione Trump potrebbe spingere il governo afgano a sospendere le elezioni presidenziali fissate per il prossimo aprile. Lo scrive il quotidiano statunitense “Wall Street Journal” che cita persone informate sulla questione. Si tratta di una delle varie opzioni prese in considerazione dall’amministrazione Usa, che sta cercando di coinvolgere i talebani nelle trattative per porre fine ad una guerra che dura oramai 17 anni. Il conflitto in Afghanistan ha tormentato tre presidenti statunitensi e la mossa sarebbe il segno dell’urgenza dell’amministrazione Trump di una svolta politica concreta. Alcuni funzionari temono infatti che le irregolarita’ e le turbolenze politiche che accompagnano abitualmente il voto afgano possano paralizzare o distruggere qualsiasi processo di pace che l’inviato speciale Usa per l’Afghanistan, Zalmay Khalilzad, sta cercando di lanciare. Sollecitare pero’ una sospensione delle elezioni di aprile, scrive il “Wsj”, sarebbe una mossa controversa dopo che gli Stati Uniti hanno a lungo promosso la democrazia nel paese e dal momento che si scontrerebbe con un attore chiave: il presidente afgano Ashraf Ghani, che dal voto cerca un secondo mandato di cinque anni. “La continuita’ in un processo democratico e’ un dovere, e qualsiasi altra proposta rispetto alla volonta’ degli afgani, che e’ delineata nella nostra costituzione, e’ semplicemente inaccettabile”, ha detto il portavoce del Ghani, Haroon Chakhansoori.

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Stati Uniti, la Camera dei rappresentanti a maggioranza democratica potrebbe rivedere il nuovo accordo Usmca

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – La promessa del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di approvare rapidamente l’Usmca (United States-Mexico-Canada Agreement), il nuovo accordo commerciale frutto della revisione del Nafta, potrebbe scontrarsi con l’esito delle elezioni di medio termine che hanno portato i democratici a controllare la Camera dei rappresentanti. I funzionari dell’amministrazione Usa rimangono comunque fiduciosi sul fatto che otterranno i voti per approvare l’accordo, che Trump ha negoziato a settembre per ottenere un’importante vittoria prima delle elezioni di novembre. Ma secondo quanto riferito dal quotidiano “New York Times”, i Democratici, forti dalla vittoria elettorale e desiderosi di eclissare la figura di Trump, difficilmente potranno firmare un accordo che non piace a molti leader sindacali e che non soddisfa a pieno i progressisti neo-eletti. Cio’ potrebbe potrebbe dunque comportare la riapertura dei negoziati con il Messico, anche se i negoziatori statunitensi e messicani hanno entrambi escluso pubblicamente questa possibilita’. I democratici della Camera sono contrari in particolare a una clausola dell’Usmca che prevede che almeno il 30 per cento della manodopera utilizzata per costruire le auto in Messico sia composta da lavoratori che guadagnano almeno 16 dollari l’ora. Tale quota salira’ al 40 per cento entro il 2023, ma il salario di 16 dollari non e’ indicizzato all’inflazione, il che significa che l’aumento sara’ diluito nel tempo con l’aumento dei prezzi.

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Spagna, polemiche sulla candidatura di Marchena alla persidenza del Consiglio superiore della magistratura

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – Le associazioni dei magistrati spagnoli hanno espresso rispetto per Manuel Marchena, attuale presidente della sezione penale della Corte suprema e candidato a sostituire Carlos Lesmes al vertice del Consiglio superiore della magistratura (Cgpj). Tuttavia, secondo quanto riferisce “El Pais”, hanno respinto in termini molto duri la decisione del Partito popolare (Pp) e del Partito socialista operaio (Psoe) di annunciare la sua nomina senza aver chiuso prima la lista dei futuri 20 membri del Cgpj, chiamati a rinnovare l’organo di governo dei giudici e, come previsto dalla legge, a eleggere il presidente nella sessione costitutiva. Tale decisione, a loro avviso, e’ la dimostrazione della politicizzazione dell’istituzione che, secondo i dettami della Costituzione, ha il compito di difendere l’indipendenza delle 5.500 toghe spagnole. “E’ una brutta partenza, che non contribuisce in alcun modo a migliorare l’immagine della giustizia”, ha commentato Ignacio Gonza’lez Vega, presidente di Juezas y Jueces para la Democracia (Jjpd), un’associazione progressista. “Il presidente del Consiglio e’ nominato dai membri, non dai leader politici”, ha detto il portavoce. “Pur riconoscendo le innegabili qualita’ professionali di Marchena, noi avremmo invece scelto una donna” ha aggiunto. La nomina di Marchena, nel caso in cui venisse confermata, avrebbe anche una conseguenza immediata nel processo ai politici catalani che, con ogni probabilita’, sara’ celebrato il prossimo anno. Marchena infatti e’ un aperto sostenitore dell’attribuzione del reato di ribellione ai leader indipendentisti e, se passera’ al Cgpj, dovra’ lasciare il posto presso il tribunale che si occupa del caso al membro piu’ anziano, Andre’s Marti’nez Arrieta, di moderato profilo progressista.

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Shell ed Anadarko in lotta per il gas del Mozambico

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – E’ guerra aperta tra le grandi compagnie petrolifere mondiali intorno al gas del Mozambico: lo scrive il quotidiano economico britannico “Financial Times”, riferendo che la societa’ statunitense Anadarko Petroleum e’ accusata di tenere in ostaggio i rivali della anglo-olandese Royal Dutch Shell e lo stesso governo mozambicano, rifiutando di fornire abbastanza carburante per i progetti locali di industrializzazione. Anadarko e la societa’ italiana Eni, ricorda il giornale della City di Londra, negli anni scorsi hanno scoperto immense riserve di gas al largo delle coste del Mozambico ed hanno iniziato a finanziare progetti separati che in totale ammonteranno ad oltre 40 miliardi di dollari Usa: Gran parte del gas che sara’ estratto nel paese che ormai viene soprannominato il “Qatar dell’Africa” sara’ pompato verso due impianti di liquefazione a terra il cui prodotto sara’ esportato in Asia ed Europa. Parallelamente, allo scopo di sviluppare l’economia locale Shell progetta di costruire un impianto per la trasformazione del gas per produrre cherosene, diesel e nafta: ma il suo direttore Moon Hussain ora appunto accusa Anadarko di frapporre ostacoli pretestuosi e di rifiutare di fornire il gas necessario al progetto fino a dopo il 2031. Il vice presidente di Anadarko e country manager per il Mozambico, Steve Wilson, gli ha risposto citando ragioni commerciali e finanziarie; ma Shell ribatte che il suo progetto e’ essenziale per lo sviluppo dell’economia del paese africano. Il governo mozambicano infatti non vorrebbe accontentarsi delle royalties ricavate dalle esportazioni di gas, ma vorrebbe sviluppare una sua industria e fornire elettricita’ ai tre quarti dei 30 milioni di suoi concittadini che al momento ne sono privi; e inoltre vorrebbe dotarsi di una fabbrica di fertilizzanti la cui costruzione verrebbe affidata alla societa’ norvegese Yara e che darebbe grande impulso all’agricoltura del paese. Il Mozambico infatti, annota il “Financial Times”, desidera evitare il destino di altri paesi africani produttori di idrocarburi, come l’Angola e la Nigeria, dove l’industria petrolifera ha distrutto diversi settori dell’economia locale, invece di aiutarli a svilupparsi; ed il governo di Maputo ha gia’ compiuto un passo falso, prendendo a prestito 2 miliardi di dollari in anticipazione dei proventi del gas che ora non e’ in grado di rimborsare. La disputa, scrive il giornale della City di Londra, potrebbe risolversi nella prima meta’ dell’anno prossimo, quando il consorzio guidato da Anadarko dovra’ dare la sua approvazione finale all’investimento per l’impianto di liquefazione.

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Francia, i contorni opachi della protesta contro l’aumento del prezzo del carburante

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – In Francia il movimento di protesta nato ultimamente contro i rincari del carburante assume “contorni opachi”. Lo scrive “Libe’ration”, spiegando che il gilet giallo e’ diventato il simbolo della mobilitazione. “Risveglio sociale o rivolta contadina recuperata dall’estrema destra?” si chiede il quotidiano. Tutto sembra essere partito da una petizione su Internet lanciata a meta’ ottobre da Priscillia Ludosky, 32enne abitante del dipartimento della Seine-et-Marne. In parallelo e’ stata lanciata una mobilitazione per il prossimo 17 novembre su una pagina Facebook creata da Eric Drouet, un camionista. Il Rassemblement National ha immediatamente appoggiato l’iniziativa, anche se Marine Le Pen ha fatto sapere che non marcera’ al fianco dei manifestanti. A suo posto ci saranno altri rappresentanti del suo partito. Intanto, i partiti di sinistra all’opposizione non sembrano essere interessati all’appuntamento, lasciando ampio margine di manovra all’estrema destra. Il leader della France Insoumise, Jean-Luc Me’lenchon, ha augurato il “successo” all’iniziativa, dichiarando pero’ che non scendera’ in strada insieme al Rassemblement National. Laurent Wauquiez, invece, manifestera’ nel dipartimento della Haute-Loire insieme ad atri dirigenti del suo partito.

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Francia, il presidente Macron a favore di una regolamentazione di Internet

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – Ieri il presidente francese, Emmanuel Macron, ha inaugurato i 13imo Forum sulla governance di Internet (IGF) nella sede dell’Unesco a Parigi. Ne parla la stampa francese, spiegando che durante il suo intervento il capo dello Stato ha evocato il bisogno di creare un sistema di regolamentazione del web. “Oggi Internet e’ un’evidenza minacciata nella sua stessa struttura” ha detto Macron. “Utilizzando il termine regolamentazione vedo gia’ salire sguardi di disapprovazione – ha poi aggiunto il presidente – ma bisogna regolare, e a condizione che Internet resti ibero”. “Le Figaro” sottolinea che il capo dello Stato francese La Francia sta spingendo all’interno dell’Unione europea affinche’ venga applicata la web tax alle aziende attive nel settore del digitale. Macron ha approfittato dell’occasione per rilanciare “L’Appello di Parigi per la fiducia e la sicurezza nel cyberspazio”, un documento di tre pagine volto a mettere in sicurezza il cyberpazio da eventuali minacce. Il testo per il momento e’ stato firmato da 370 paesi, ma ancora mancano le firme di attori come la Russia e la Cina. L’Eliseo ha inoltre annunciato un partenariato con Facebook per combattere contro contenuti violenti nel web.

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Germania-Cina, ministro Esteri Maas chiede a Pechino “piu’ trasparenza” su questione uiguri

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, in visita Pechino nelle giornate di ieri e oggi, ha chiesto al governo cinese “piu’ trasparenza” sulla questione degli uiguri, minoranza musulmana che popola lo Xinjiang, regione della Cina occidentale. Secondo quanto riferisce il quotidiano tedesco “Der Tagesspiegel”, Maas ha dichiarato: “Non possiamo rassegnarci ai campi di rieducazione”. Secondo fonti non ufficiali, fino a un milioni di uiguri sarebbero stati infatti internati in campi di rieducazione dalle autorita’ cinesi con la motivazione del contrasto al terrorismo di matrice musulmana. La questione degli uiguri e’ stata oggetto di un’accesa polemica tra Pechino e Berlino. Poco prima della visita di Maas nella capitale della Cina, alcuni deputati al parlamento federale tedesco hanno denunciato le presunte violazioni dei diritti umani degli uiguri da parte delle autorita’ cinesi. L’ambasciata cinese in Germania ha quindi protestato per quella che ritiene “una palese ingerenza negli affari interni e una grave violazione della sovranita’ della Cina”. Al termine dell’incontro con il vice primo ministro cinese Liu Ue, responsabile per il Commercio, Maas ha dichiarato che “i colloqui non hanno risentito della polemica”. Tuttavia, quando gli e’ stato domandato se avesse chiesto che organizzazioni per i diritti umani visitino i campi per gli uiguri, il ministro degli Esteri tedesco e’ apparso “esitante”, nota “Der Tagesspiegel”. Maas ha quindi risposto di ritenere che “maggiore trasparenza sulla questione” da parte del governo cinese “avrebbe senso”. Inoltre, per il capo della diplomazia tedesca andrebbe istituita “una procedura ragionevole e oggettiva” per far luce sul tema. “E’ del tutto secondario chi fornisce la trasparenza”, ha poi evidenziato Maas. Con riguardo alla disputa commerciale tra Stati Uniti e Cina, il ministro degli Esteri tedesco ha dichiarato che Berlino e Pechino “condividono l’interesse a porre fine alla controversia. Durante la sua visita in Cina, rende noto “Der Tagesspiegel”. Maas si concentrera’ anche su quel che il paese potrebbe fare “con una maggior apertura di mercato o una migliore protezione della proprieta’ intellettuale”. Secondo Frank Pieke, direttore dell’Istituto Mercator per gli studi sulla Cina di Berlino (Merics), “la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti da’ alla Germania una maggiore influenza” su Pechino. Pertanto, secondo Pieke, Maas dovrebbe “spingere la Cina verso una maggiore apertura dei mercati” in quanto Pechino e’ “piu’ propensa a fare concessioni in quanto ha improvvisamente bisogno del sistema commerciale internazionale e dell’Europa, piu’ di sei mesi fa”. L’interesse per l’economia cinese della Germania e’ evidente nella delegazione economica che ha accompagnato Maas in Cina. Inoltre, nel pomeriggio, Maas ha partecipato a Pechino a un incontro sullo stato dello sviluppo della mobilita’ elettrica in Cina tra imprenditori cinesi e tedeschi. A tal riguardo, “Der Tagesspiegel” ricorda che, con un volume di scambi pari a piu’ di 186 miliardi di euro, nel 2017 la Cina e’ stato “il primo partner commerciale della Germania per il secondo anno consecutivo, davanti a Paesi Bassi (177 miliardi di euro) e Stati Uniti (173 miliardi di euro). L’asse tra Berlino e Pechino potrebbe saldarsi anche in politica estera. A seguito dell’annuncio del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sull’uscita degli Usa dal trattato sulle armi nucleari a medio raggio, Maas ha infatti avviato un’iniziativa per il mantenimento dell’intesa che coinvolga anche la Cina. Questa come altre questioni politiche potrebbero essere discusse dal ministro degli Esteri tedesco durante un incontro con Yang Jechi, “il piu’ importante funzionario per la politica estera nel Politburo cinese”, scrive “Der Tagesspiegel”. Nella giornata di domani, il ministro degli Esteri tedesco dovrebbe poi incontrare il vicepresidente cinese Wang Qishan, anch’egli responsabile per la politica estera.

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Germania, segretario generale Cdu afferma sostegno a Ue e multilateralismo

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – Germania e Unione europea “non devono ritrarsi in se stesse da oggi al 2030, lasciando il mondo ad altri che difendano il multilateralismo, anche dagli Stati Uniti”. E’ quanto dichiarato in un’intervista rilasciata ieri, 12 novembre, al sito informativo tedesco “t-online.de” dal segretario generale dell’Unione cristiano-democratica (Cdu) Annegret Kramp-Karrenbauer, candidata alla presidenza del partito al congresso che la formazione conservatrice terra’ il 7 e 8 dicembre prossimo ad Amburgo. Per Kramp-Karrenbauer, “non esportiamo soltanto beni e servizi, ma anche diritti umani ed emancipazione femminile”. Per continuare a farlo, ha evidenziato la segretario generale della Cdu, “abbiamo bisogno di guidare l’Europa verso una nuova forza”. Tale obiettivo comprende “il completamento dell’area di Schengen e dell’Eurozona”, oltre a “una politica estera e di difesa comune” per l’Ue. “Credo che un’esercito europeo abbia senso”, ha affermato Kramp-Karrenbauer, per poi aggiungere che in Germania “si devono ridurre un poco le riserve del parlamento federale sulle misioni all’estero delle Forze armate tedesche”. Inoltre, secondo il segretario generale della Cdu, “dobbiamo trovare un modo per commerciare con l’Africa in modo da non danneggiare il continente”. In Europa, invece, “dipende tutto dalla coesione interna, culturle: i giovani tedeschi e polacchi, per esempio, devono sentirsi europei, devono imparare le lingue per capirsi”. A ribadire il proprio sostegno all’integrazione europea, Kramp-Karrenbauer ha affermato che “non possiamo separare gli interessi nazionali dall’Europa e dalle questioni internazionali, non possono andare divisi”. L’interesse nazionale “si attua nel mondo”, ha proseguito Kramp-Karrenbauer, secondo cui “se la globalizzazione smarrisce le sue regole”, la Germania come “nazion esportatrice ne verra’ svantaggiata”. Un esito simile si avra’ se il paese “non tiene il passo con la digitalizzazione”. Inoltre, per il segretario generale della Cdu, “se Schengen non verra’ completato, se la discussione sull’immigrazione continuera’ a paralizzarci e dividerci, saremo incapaci di agire e non potremo risolvere alcuna questione sociale”. Secondo Kramp-Karrenbauer, il completamento dell’area di Schengen prevede anche “il coordinamento europeo di misure efficaci per la prevenzione del crimine”. In particolare, “abbiamo bisogno di un sistema coerente di protezione esterna e gestione dell’asilo”. A tal riguardo, ha evidenziato Kramp-Karrenbauer, “oggi un rifugiato che sia condannato in Germania ed espulso per aver commesso dei reati raramente riceve un divieto di ingresso perpetuo nel paese”. Tale situazione “si puo’ cambiare per crimini terribili come l’omicidio e lo strupro” e “si deve assicurare che le barriere contro il reingresso si applicano in tutta l’area di Schengen, in tutto l’Europa”. A rimarcare la propria determinazione per la sicurezza della Germania e dell’Ue, Kramp-Karrenbauer sarebbe favorevole a deportare i rifugiati condannati anche in Siria, “se la situazione nel paese, che cambia di giorno in giorno, lo consente”. A ogni modo, ha aggiunto il segretario generale della Cdu, la conferenza sulla Siria tenuta a Istanbul il 27 ottobre scorso tra Germania, Russia, Francia e Turchia “da’ motivo di sperare che almeno parti della Siria siano tornate piu’ sicure: qui potrebbero essere deportati i condannati e non ovunque, come funziona adesso con l’Afghanistan”.

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Libia, caos a conferenza di Palermo dopo mancata partecipazione Trump e Putin

13 nov 11:00 – (Agenzia Nova) – I diplomatici italiani stanno lavorando freneticamente per immettere fiducia nella conferenza per la Libia in corso da ieri a Palermo, che versa in “clima di totale confusione”. Lo scrive il quotidiano britannico “The Guardian” descrivendo l’apertura del vertice avvenuta nella serata di ieri, 12 novembre. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte intendeva sfruttare la conferenza di Palermo per confermare il ruolo dell’Italia alla guida della soluzione della crisi in Libia. Per tale motivo, Conte aveva programmato l’incontro subito dopo le cerimonie tenute a Parigi l’11 novembre scorso per il 100esimo anniversario della fine della Prima guerra mondiale, nella speranza di veder arrivare a Palermo i presidente di Stati Uniti e Russia, rispettivamente Donald Trump e Vladimir Putin. Tuttavia, sei ore dopo l’apertura della conferenza di Palermo, la lista dei partecipanti era ancora molto fluida. Conte stesso non e’ arrivato che nel tardo pomeriggio, mentre il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha sorpreso gli osservatori recandosi a Bruxelles. Inoltre, il generale Khalifa Haftar, comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna), e’ giunto a Palermo, ma non e’ ancora chiaro se prendera’ parte alla conferenza per la Libia. Palazzo Chigi ha fatto sapere che Conte vedra’ separatamente Haftar e il primo ministro del governo di accordo nazionale libico Fayez al Sarraj in incontri bilaterali. Intanto, il generale Haftar non si e’ seduto al tavolo della cena di lavoro insieme alle altre delegazioni giunte a Palermo, molte delle quali sono guidate da capi di Stato o di governo. Nei giorni scorsi, il comandante dell’Lna aveva detto di essere contrario alla presenza della delegazione del Qatar alla conferenza per la Libia. A ogni modo, la diplomazia italiana punta molto sulla partecipazione del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, del presidente dell’Egitto Abdel Fatah al Sisi e del primo ministro russo Dimitri Medvedev. Conte ha offerto ad Haftar una riunione dedicata sulle questioni di sicurezza in Libia a margine della conferenza di Palermo nel tentativo di superare le obiezioni del generale a quello che ritiene un vertice viziato da “una presenza eccessiva di islamisti e rappresentanti occidentali”. A convincere Haftar a venire a Palermo e’ stata probabilmente la presenza del presidente egiziano Al Sisi, uno dei suoi principali sostenitori. Intanto, gli incontri di ieri sono stati dedicati alle materie tecnico-economiche, ai contrasti religiosi tra le fazioni libiche ed alle questioni della sicurezza sul terreno, con la partecipazione delle principali istituzioni locali e dei rappresentanti delle potenze straniere, del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale.

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