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SosTech. Telefonia: che cosa succede in Cina?

di Giordano Rodda |

Connessioni non troppo veloci e tanta censura, ma anche ecosistemi integrati come quello di WeChat che rappresentano un modello del nostro futuro: ecco il legame tra la Cina e i dispositivi mobili, ancora in gran parte inesplorato.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Con la complicità di un’assodata chiusura delle proprie frontiere agli sguardi indiscreti dell’Occidente, e di un altrettanto notoria vocazione all’autarchia, la Cina rimane per molti aspetti ancora un continente inesplorato anche nell’epoca in cui la globalizzazione è talmente un fatto acclarato da non essere nemmeno più una parola di moda. Anche sotto uno degli aspetti che più sembrano identificare gli abitanti di mezzo mondo – Internet e la telefonia mobile – le abitudini sono spesso completamente diverse dalle nostre, le applicazioni di riferimento hanno nomi che non abbiamo mai sentito e perfino i marketplace dove si effettuano i propri acquisti parlano una lingua diversa, al di là del semplice idioma.

La Cina, Google e Android

Considerando che non si tratta di uno staterello di scarsa importanza, ma di un colosso con un miliardo e mezzo di persone – più del 20% della popolazione mondiale – è facile comprendere come qualsiasi analisi che non conti la Cina sia fatalmente costretta a essere nel migliore dei casi molto imprecisa. Ad esempio, se per noi il Google Play Store è in molti casi lo standard per scaricare applicazioni sui nostri cellulari, in Cina non è disponibile, visto che praticamente qualsiasi prodotto targato Google è bandito dal Paese. Questo da una parte ha obbligato la Cina a dotarsi di strumenti in grado di rivaleggiare, in quanto a usabilità e funzionalità, con servizi che ormai solo lo standard nel panorama di Internet, e dall’altro dimostra quanto la censura ancora governi molte delle scelte che influenzano la vita digitale delle persone.

Tutto questo, però, potrebbe cambiare a breve: Google sta parlando da tempo con il governo cinese per porre fine a questa impasse, e si parla di una versione censurata del Play Store apposta per la Cina. Il problema è che forse è passato troppo tempo, e durante l’assenza di Google, altri store di applicazioni si sono affermati fino a diventare parte integrante della vita digitale degli utenti. In totale si calcola che ci siano più di 100 market di terze parti per l’acquisto delle app Android.

La situazione delle connessioni in Cina

Teoricamente il modo per accedere a siti occidentali come Facebook, Google o YouTube c’è, attraverso una VPN. Ma il problema è che trovare una connessione al livello di quelle occidentali in Cina è tutt’altro che facile, in parte proprio grazie ai filtri necessari per la censura che rallentano in modo a volte esasperante i siti localizzati fuori dal Paese. Per quanto riguarda le architetture, avere più di 10 Megabit in download è praticamente impossibile, al di là dei “100 MB” sbandierati da molti provider: valori ben lontani dai nostri, che ormai nelle città raggiunte da FTTH possiamo sperare in connessioni da 1000 Megabit (per conoscerle tutte basta cercare le migliori offerte fibra su SosTariffe.it). In compenso le tariffe sono piuttosto economiche per gli standard occidentali, tanto che le meno care si aggirano intorno ai 9-10 euro al mese (60 Yuan).

La crescita prevista per i prossimi anni

È di pochi giorni fa la notizia che App Annie, una delle principali società che si dedicano allo studio dei trend e delle novità nel mercato delle app per smartphone e tablet, ha cominciato a seguire la Cina. Si parla di circa un miliardo di dispositivi mobili, con una spesa annua (tutto compreso, quindi anche l’e-commerce effettuato sul telefonino, gli acquisti in-app e le pubblicità) di 800 miliardi di dollari, destinati a triplicare entro il 2012. Più di due miliardi e mezzo di dollari, il 41% della spesa globale su mobile.

Questi valori impressionanti ci ricordano anche un’altra cosa: se da un lato la penetrazione delle app occidentali incontra qualche difficoltà in Cina, dall’altro le classifiche dei programmi per dispositivi mobili più usati al mondo vedono un’alta frequenza proprio di app in arrivo dall’estremo Oriente.

L’intruso WeChat

Secondo i rilevamenti di agosto 2017, infatti, le prime cinque app per Android e iPhone, in quanto a numero mensile di utenti attivi mondiali, sono Facebook, WhatsApp – e fin qui poche sorprese – e poi, ancora prima di altri due pesi massimi come Facebook Messenger e Instagram, WeChat, la piattaforma cinese in assoluto più diffusa. WeChat è un caso interessante perché non si tratta di un semplice programma di messaggistica, ma di un ecosistema completo, che permette di preordinare cibo nei ristoranti, prenotare taxi, pagare un conto dividendolo con gli amici, prenotare la visione di un film pagando già il biglietto e, ovviamente, fare shopping online, senza dover uscire dalla singola applicazione. Proprio la modalità con cui WeChat è diventata parte integrante della vita di milioni (centinaia di milioni, in verità) di utenti in Cina rappresenta un case study di grande interesse, che sicuramente i grandi oligopolisti come Facebook o Amazon guardano con molto interesse. Inoltre, capire come questo approccio integrato abbia avuto successo nel Paese permette di creare delle strategie ad hoc per sbarcare in Oriente con buone probabilità di successo, ora che buona parte degli sforzi delle aziende hanno proprio questo obiettivo (basti pensare agli sforzi di Apple, negli ultimi anni, per conquistare questo specifico mercato).

Nel mercato del gaming, il vero dominio cinese

Ma è il gaming a mostrare il predominio della Cina: la lista dei giochi più utilizzati su dispositivo mobile, infatti, vede ben quattro giochi su cinque in arrivo da Pechino, con il solo Candy Crush (ora, insieme a King, di proprietà della Blizzard, quindi statunitense), al quarto posto, a guidare la pattuglia dei non-cinesi. Per il resto domina la cinese Tencent, anche attraverso Supercell, la società finlandese di sua proprietà: Honour of Kings, Clash of Clans e Clash Royale sono nomi stranoti a tutti i teenager, e non solo, del pianeta. Tencent, non a caso, è la stessa casa di software che produce WeChat. La classifica mostra il grande successo dei MOBA e simili, anche se i puzzle, forse il tipo di gioco più adatto ai dispositivi mobili, non si arrendono: al secondo posto in assoluto infatti c’è Anipop, una sorta di Candy Crush che in Cina ha battuto ogni record e che di recente è sbarcato anche da noi.

Fonti: https://www.appannie.com/en/insights/market-data/app-annie-launches-china-android-metrics-top-chinese-apps/