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SosTech. Fenomeno ‘phubbing’: lo smartphone è come una droga?

di Giordano Rodda |

Oggi rimanere senza lo smartphone anche per un lasso di tempo limitato è davvero difficile: anche in vacanza, come rivela una recente indagine di McAfee.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

C’è persino una parola che è stata coniata apposta per indicare i “distratti dal cellulare”, quelli che snobbano il compagno/a e gli amici perché devono controllare i social network, fotografare il piatto che hanno davanti scegliendo tra dozzine di filtri o messaggiare via WhatsApp. Si chiama “phubbing”, un neologismo piuttosto significativo per la nostra epoca (e a voler pensar male, anche della nostra scarsa capacità di scegliere persone interessanti).

Secondo uno studio provocatoriamente intitolato “My life has become a major distraction from my cell phone: Partner phubbing and relationship satisfaction among romantic partners” e pubblicato su  Computers in Human Behavior, firmato dai ricercatori James Roberts e Meredith David, il 46,3% degli intervistati è stato snobbato in passato da atteggiamenti simili, il 36,3% ha dichiarato di aver provato tristezza per la scarsa considerazione del partner (essere snobbati per Candy Crush Saga non è mai piacevole) e per il 22,6% il phubbing ha creato problemi nella relazione.

Figuriamoci poi se la addiction riguarda i minori. In questo clima, non stupiscono nemmeno dichiarazioni un po’ sopra le righe come quella di Mandy Saligari, psicologa a capo della clinica di riabilitazione Harley Street Charter, che ha recentemente sostenuto come dare ai bambini lo smartphone sia equivalente a “dare un grammo di cocaina”. O la recentissima proposta di legge in Colorado, dove c’è addirittura un gruppo chiamato Parents Against Underage Smartphones, impegnato a raccogliere 300mila firme per far approvare una legge che vieti la vendita degli smartphone ai minori di 13 anni. Secondo il medico anestesista a capo della petizione, Tim Farmun, lo smartphone rende i bambini “solitari e non più estroversi, energici, interessanti al mondo e felici”.

Voglia di staccare

La situazione rischia di diventare ancora più esplosiva nei prossimi mesi, quando saremo in vacanza – con la nostra dolce metà, certo, ma anche con tutti i nostri amici virtuali che abbiamo trascurato nel corso dell’anno. E decine di episodi di serie tv abbandonati a loro stessi. E una lunga lista di articoli e longform segnati da leggere in tempi migliori.

McAfee ha da poco pubblicato i risultati di un’indagine che riguarda proprio le nostre abitudini con lo smartphone (e più in genere con i dispositivi digitali) in vacanza, basandosi su un campione di 2mila persone tra i 18 e i 55 anni e sulle loro passate esperienze.

Il 43% delle persone intervistate ha dichiarato di andare in vacanza con l’intenzione di “staccare”, e l’81% di questi ha ammesso di essersi divertito di più proprio per la mancanza di connessione. La maggioranza degli altri ha detto di non averlo fatto solo perché le necessità lavorative imponevano di avere sottomano cellulare, PC o computer.

Mai più senza controllare la posta

La connessione, del resto, è ormai a disposizione di tutti, anche in località turistiche che fino a poco tempo fa erano poco raggiunte dalle infrastrutture più moderne. Le offerte Internet mobile (su SosTariffe.it è possibile trovare le più convenienti sul mercato) hanno ormai costi davvero bassi per singolo gigabyte, e l’arrivo – previsto per l’anno prossimo – di nuovi operatori low cost come Free Mobile di Iliad renderanno sempre più facile collegarsi senza nemmeno più badare a quanto si consuma.

Ma quanto si sta al telefono in vacanza? Secondo il rapporto di McAfee, il 52% di quelli che hanno continuato a rimanere connessi ha utilizzato i propri dispositivi almeno un’ora al giorno, e il 38% ha ammesso di non riuscire a far passare più di una giornata senza controllare la posta, sia di lavoro che personale. Per i social media la percentuale è leggermente più bassa (il 37%) ma al texting non si riesce proprio a fare a meno: più di una persona su due (il 57%) non fa passare un giorno senza mandare almeno un messaggio.

Lo smartphone, il terzo incomodo

Proprio McAfee, qualche mese fa, aveva dedicato la sua attenzione al phubbing, con un’altra inchiesta su 13mila adulti impegnati in relazioni sentimentali e con un uso quotidiano dei dispositivi digitali. In media, il 38% delle persone trascorre lo stesso tempo online e nelle interazioni dal vivo. Il 40% degli intervistati ha addirittura ammesso che il partner presta più attenzione al proprio telefonino, anche quando la coppia è da sola. Il 33% ha dichiarato di aver dovuto competere con lo smartphone del partner al primo appuntamento, e solo il 45% non ha stabilito delle regole sull’uso dei dispositivi connessi quando si è insieme.

McAfee, naturalmente, è una società che si occupa da anni di sicurezza informatica, e anche questo aspetto tutto sommato rientra nella casistica delle “relazioni condivise”. Qualche tempo fa ha avuto molto successo in Italia Perfetti sconosciuti, il film di Paolo Genovese dove si decide, durante una cena tra amici, di mettere tutti gli smartphone sul tavolo e condividerne messaggi e chiamate. Pericolosissimo, visto che secondo molti ormai il telefonino è “l’altra donna” – o “l’altro uomo” – in una relazione, sia come mezzo per intrattenere relazioni extraconiugali sia come più innocente distrazione.

Oggi lo smartphone è uno degli spazi di privacy più duri a morire anche in un rapporto di coppia, tanto che solo il 30% degli intervistati dice di conoscere la password degli account di social network del partner.

La regola del 3

Non c’è via d’uscita, quindi? Ossessionati dai dispositivi digitali oppure luddisti che rifiutano anche soltanto la presenza di uno smartphone nei dintorni (si moltiplicano, ad esempio, i ristoranti dove il telefonino deve essere lasciato in un contenitore apposito per non disturbare il pranzo o la cena dei commensali)?

In realtà, come sempre, il senso della misura è d’aiuto. Sherry Turkle, l’autrice di ‘Alone, Together’, uno dei libri più significativi degli ultimi anni sui fenomeni assimilabili al phubbing, ha proposto in questi casi di applicare la cosiddetta “regola del tre”: se in una tavolata dove sono presenti 6 o 7 persone almeno tre sono impegnate in una conversazione, è ammesso dare una sbirciata al cellulare. Ammesso che, naturalmente, quel post appena condiviso su Facebook non vi faccia scoppiare a ridere: sarebbe ancora più imbarazzante.

Fonti:

Connected Vacations: Top Takeaways from Our Unplugging Survey

Connected Relationships: A Love Affair with Technology