cellulari e salute

SosTech. Campi elettromagnetici: cosa sono e perché hanno a che fare con i cellulari (Seconda Parte)

di Andrea Galassi |

La classificazione dei campi elettromagnetici tra gli agenti possibilmente cancerogeni. La potenza irradiata dalle stazioni radio base e dai telefoni cellulari. I livelli di esposizione.

Rubrica settimanale #SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe.

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Dopo aver spiegato cosa sono i campi elettromagnetici e perché hanno a che fare con i cellulari, è ora possibile affrontare gli studi pubblicati nel numero de I Quaderni di Telèma intitolato “Esposizione personale e uso del cellulare. Campi elettromagnetici. Le norme e la scienza”, curato da Doriana Guiducci, ricercatrice FUB (Fondazione Ugo Bordoni).

Prima di entrare nel dettaglio degli studi medesimi, si ricorda che il servizio di comparazione curato dagli esperti di SosTariffe.it consente di confrontare tutte le offerte di telefonia mobile indirizzate a chi già possiede un cellulare oppure a chi intende comprarne uno, magari abbinando l’acquisto del telefonino alla sottoscrizione di un piano tariffario.

Campi elettromagnetici a radiofrequenza e salute umana

Si dibatte da anni, nella comunità scientifica e al di fuori della stessa, sulla presunta nocività per la salute umana dell’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari.

Nel 2011, IARC (International Association for Research on Cancer) ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza (30 kHz – 300 GHz) tra gli agenti possibilmente cancerogeni (gruppo 2B), scrivono gli esperti di ARPA Piemonte (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Piemonte) nel suddetto numero de I Quaderni di Telèma.

La classificazione attuata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro si basa su una limitata evidenza di incrementi di rischio di glioma e di neuroma del nervo acustico tra gli utilizzatori di telefoni cellulari.

Le evidenze di cui sopra sono limitate e non conclusive, perché “non permettono di escludere la presenza di fattori casuali che inficino l’attendibilità di un’associazione tra esposizione e induzione di tumore”, proseguono gli esperti di ARPA Piemonte.

Tuttavia, le stesse evidenze “pongono l’attenzione sulla necessità di una valutazione accurata delle reali esposizioni alla radiazione elettromagnetica subite nell’utilizzo del telefonino”.

Power Control e Discontinuos Transmission

 

La potenza irradiata dalle stazioni radio base per la telefonia mobile e dai telefoni cellulari – spiegano gli esperti – varia a seguito di alcune specifiche modalità di funzionamento delle tecnologie in oggetto: il controllo di potenza PC (Power Control) e la trasmissione discontinua DTX (Discontinuos Transmission).

La funzionalità Power Control è deputata a dare luogo a maggiori o minori livelli di esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, perché consente di calibrare i livelli di potenza da e a ciascun canale di traffico entro un intervallo predefinito.

Il sistema regola una potenza del canale minima per gli utenti mobili vicini alla stazione radio base e una potenza massima per gli utenti posti ai margini della cella. Sulla base della stessa funzionalità, la potenza del segnale trasmesso dal telefonino aumenta in presenza di più bassi livelli del segnale ricevuto e diminuisce in presenza di livelli maggiori di segnale.

Attraverso la funzionalità DTX, invece, il sistema riconosce quale dei due interlocutori della conversazione in corso sta parlando, in ogni istante di tempo, e attiva il canale di trasmissione solo negli istanti in cui l’utente, che è raggiunto dalla stazione radio, è nella posizione di ascolto.

Con la funzionalità DTX, quindi, il telefonino trasmette il segnale solo nel momento in cui si parla e non quando si ascolta.

Stazioni radio base per la telefonia mobile e livelli di esposizione

Gli impianti di telecomunicazioni, quali le stazioni radio base per la telefonia mobile, sono progettati per ottenere una copertura mirata di una parte del territorio, perché si vogliono evitare inutili dispersioni di energia e limitare le interferenze.

Per capire in che modo tale aspetto influisca sui livelli di esposizione, gli esperti di ARPA Piemonte suggeriscono di paragonare la radiazione emessa dall’antenna della stazione radio base con il fascio di luce emesso da un faro che illumina una parte del territorio.

Il livello del campo elettromagnetico nella zona “illuminata” dal fascio è maggiore di quello nella zona posta in “ombra”.

L’intensità dell’esposizione al campo elettromagnetico in prossimità di un impianto per telecomunicazioni non è, pertanto, determinata solo dalla distanza dall’impianto e dalla potenza a radiofrequenza con cui esso viene alimentato, ma anche dalla sua altezza da terra, dall’inclinazione verso il basso del fascio di radiazione (denominato tecnicamente tilt) e dalle sue modalità di irraggiamento (diagramma di radiazione)”, scrivono gli esperti.

E ancora: “Quest’ultima caratteristica, che abbiamo associato al termine tecnico “diagramma di radiazione”, è strettamente correlata alla direttività del fascio di radiazione ovvero alla sua ampiezza: in funzione del tipo di antenna utilizzata si possono infatti ottenere, a parità di potenza a radiofrequenza al connettore dell’antenna, fasci stretti e molto direttivi o più ampi in modo da distribuire la radiazione elettromagnetica in diverse direzioni”.

campi elettromagnetici

Gli esperti di ARPA Piemonte hanno anche elaborato una figura (figura 1) che esemplifica quanto spiegato sopra. L’abitazione più lontana dall’impianto (abitazione A) è quella ove si rilevano i livelli maggiori di emissioni elettromagnetiche, perché si trova nella direzione di puntamento (massimo irraggiamento) dell’antenna.

L’abitazione B, invece, si trova in una zona d’ombra, con un irraggiamento notevolmente inferiore. L’abitazione C non è esposta al campo elettromagnetico, perché si trova in un’area dove non si ha alcuna irradiazione da parte dell’antenna (nota: l’antenna non emette radiazione elettromagnetica nella sua parte posteriore).

A influenzare l’esposizione alle radiazioni a radiofrequenza è anche la schermatura dovuta ai materiali impiegati per la costruzione degli edifici, aggiungono gli esperti. L’entità della riduzione dei livelli di campo elettromagnetico dipende dal tipo di materiale utilizzato.

[continua]