Bollette

SosTech. 28 giorni di passione: come cambiano i rinnovi della telefonia

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Il ritorno alla bolletta mensile da parte degli operatori di telefonia mobile corrisponde a un aumento dell’8,6% praticato da tutti gli operatori sui rinnovi. E ora che succede?

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Alcuni scuotono la testa, dicendo “lo sapevo”. Altri sono più indignati che mai. Ormai, però, sembra che ci sia poco da fare: il ritorno annunciato alla bolletta mensile da parte degli operatori di telefonia mobile – divenuto obbligatorio in seguito all’approvazione della legge 172/17 dello scorso 4 dicembre – corrisponde a un aumento dell’8,6% praticato da tutti gli operatori sui rinnovi delle proprie tariffe. In altre parole, la spesa annuale rimane la stessa, e la famigerata tredicesima (ovvero il rinnovo annuale in più venutosi a creare con il precedente passaggio della fatturazione da 30 a 28 giorni) viene semplicemente spalmata sui rinnovi mensili.

Il tutto è, tecnicamente, legittimo: secondo l’art. 19 della suddetta legge, infatti, “i contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica prevedono una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi, ad esclusione di quelli promozionali a carattere temporaneo di durata inferiore a un mese e non rinnovabile, su base mensile o di multipli del mese”. E questo gli operatori l’hanno garantito. Non ci stanno però i parlamentari del Pd Alessia Morani, Simona Malpezzi, Stefano Esposito e Alessia Rotta, che hanno presentato un esposto all’Agcom e all’Antitrust: “Le compagnie stanno inviando agli utenti una comunicazione che punta a strumentalizzare la novità legislativa allo scopo di coprire, per la seconda volta, l’aumento delle tariffe. Non è vero che il ritorno alle 12 mensilità comporta un aumento dei costi, è invece vero che le compagnie hanno variato unilateralmente le tariffe passando alla modalità di pagamento a 4 settimane e che ora, non sapendo come fare, attribuiscono alla legge un costo che avevano maggiorato di nascosto e che era già esistente: è una doppia bugia”.

I rinnovi sempre lo stesso giorno del mese

Una soluzione gattopardesca, insomma, che in effetti non stupisce chi, ai primi segnali della campagna con alfiere l’Agcom per il passaggio alla fatturazione mensile, si era chiesto: ma anche in caso che si ottenga il risultato, non basterà semplicemente a tutti gli operatori aumentare il canone? Ed è andata proprio così, con l’unica (magra) consolazione di non doversi più regolare sui 28 giorni per il rinnovo ma avere l’addebito per la propria offerta lo stesso giorno ogni mese. Finché un’azienda offre il diritto di recesso gratuito, in buona sostanza, è padrona dei cambiamenti che può imporre al contratto; tanto più se c’è una situazione di sostanziale cartello, e nessuno o quasi ha intenzione di far valere come vantaggio competitivo una tariffazione “corretta” senza aumenti, ma tutti praticano tambour battant la stessa modifica. In ogni caso, se si vuole cambiare operatore approfittando del recesso basta visitare SosTariffe.it e cercare un’altra tariffa mobile adatta alle proprie esigenze.

 

La beffa delle soglie

Non solo: il rischio, concretizzatosi in queste ore, è di una doppia beffa. Già, perché con il passaggio da 30 a 28 giorni, se non altro, si pagava di più ogni anno ma perlomeno il rinnovo del traffico dati, dei minuti e degli SMS avveniva più di frequente: ipotizzando 10 GB di traffico, con la tariffazione a 30 giorni si avevano a disposizione circa 333 MB al giorno; a 28, invece, salivano a 351. Che cosa hanno fatto gli operatori italiani, costretti a passare, da marzo e aprile prossimi, nuovamente ai 30 giorni? Alcuni hanno aumentato le soglie includendo anche i due giorni in meno, come TIM; altri hanno lasciato invariato l’offerta.

E adesso che succede?

Le associazioni di consumatori non hanno gettato la spugna, anche se i margini di manovra, complici i poteri limitati dell’Agcom, sono molto ristretti. Nel frattempo pare che il garante voglia vederci chiaro anche su altri aspetti della questione, a partire dalla disdetta in negozio (“dimenticata” dagli operatori) alla necessità di due comunicazioni distinte (e non una sola, com’è avvenuto) per comunicare le modifiche contrattuali riguardo alla fatturazione e i nuovi prezzi. In più, il comportamento degli operatori non sembra corretto neanche per i tempi del recesso gratuito, visto che in teoria questo è un diritto del cliente per 30 giorni dall’arrivo della comunicazione, mentre è stata prevista la possibilità soltanto dal momento dell’entrata in vigore della variazione.

Gli operatori, dal canto loro, hanno tempo fino al 4 aprile 2018 per adeguarsi, in caso contrario è previsto un rimborso di 50 euro per il consumatore, un euro per ogni giorno successivo alla scadenza del termine assegnato dall’Autorità delle Comunicazioni.

Anche la televisione torna al mensile

L’altalena della fatturazione da 30 a 28 giorni e poi di nuovo a 30 (o meglio, alla fatturazione mensile, tenendo conto anche dei mesi di 28 e 31 giorni) non ha riguardato soltanto la telefonia mobile. Anche Sky ha modulato di recente la sua offerta di tv satellitare sui 28 giorni, salvo seguire l’esempio degli operatori mobili nel passare nuovamente alla tariffazione mensile. Anche qui con aumento dell’8,6% a rinnovo.

 

 

Prezzi Tlc

E’ pur vero che secondo i dati dell’Osservatorio AGCOM (pubblicato l’11 gennaio 2018) tra le diverse utilities considerate, i servizi di comunicazione nel loro complesso sono gli unici a presentare un livello dei prezzi inferiore a quello del 2010.

Cosa succede nel resto del mondo

Malgrado rimanga piuttosto raro (nessuna traccia né in USA né nel Regno Unito, per intenderci), il passaggio dai 30 ai 28 giorni non è stata un’esclusiva italiana. Nel 2016, i maggiori provider australiani di telefonia mobile – Vodafone, Virgin, Telstra, Optus, Amaysim – hanno cominciato a imporre la “tredicesima”, e anche in questo caso le associazioni dei consumatori (la Australian Communications Consumer Action Network) sono insorte, prendendosela per la verità non tanto con il prezzo superiore alla fine dell’anno ma con la scarsa praticità di una tariffazione ogni 4 settimane, che impone al cliente di tenere conto del giorno in cui scade l’offerta per assicurarsi di avere abbastanza denaro sul conto corrente per il rinnovo.

In molti casi, però, per indorare la pillola i provider australiani hanno provveduto ad aumentare contestualmente anche l’offerta di minuti di conversazione e soprattutto il traffico dati. Nel frattempo, anche molte compagnie in India (e Tre in Irlanda) hanno effettuato il passaggio ai 28 giorni.

Fonti: http://www.smh.com.au/digital-life/mobiles/confusing-people-prepaid-mobile-plans-that-move-from-30-days-to-28-days-20160308-gne49a.html

https://www.agcom.it/documents/10179/7141047/Comunicato+stampa+24-03-2017/08f57870-11ce-4017-9af8-9a76ce8c0416?version=1.0

https://www.agcom.it/osservatorio-sulle-comunicazioni