La storia

Songdo, utopia high-tech da 40 miliardi di dollari che assomiglia alla città fantasma di Chernobyl

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Come una smart city si trasforma in un deserto urbano: grattacieli ipertecnologici ancora in vendita si alternano a spazi disabitati, piste ciclabili si snodano per chilometri ma non c’è nessuno a percorrerle. Una città del futuro pensata per ricchi stranieri, ma abitata da pochi sfortunati.

Nato nel 2002, il progetto Songdo Smart City prefigurava la nascita di una città ipertecnologica sulla costa nord orientale della Corea del Sud, ad un passo dal confine con il regime di Pyongyang. Ai futuri abitanti del centro urbano era stato promesso tanto verde, piste ciclabili con scambi intermodali diffusi per salire su altri mezzi di trasporto pubblici rigorosamente green che in poco tempo li avrebbero portati ovunque, anche a Seoul. Mobilità a impatto ambientale zero, spazi commerciali e per il tempo libero, uffici e biblioteche, sistemi avanzati per la gestione intelligente del traffico, il trattamento dei rifiuti e l’efficienza energetica, fino alle abitazioni dotate dei più innovativi sistemi per il controllo degli apparecchi elettrici ed elettronici (anche la porta di casa si apriva col cellulare).

Il classico progetto smart city di cui si parla in ogni occasione, che avrebbe dato una casa a più di 300 mila nuovi residenti, che per il 40% sarebbe stato dotato di aree verdi attrezzate e accessibili a tutti e che avrebbe ovviamente dato lavoro, scuole, cinema, ristoranti, senza inquinamento e senza stress.

Insomma, Songdo Smart City prometteva una migliore qualità della vita.

Ad oggi, però, si legge in un articolo del quotidiano britannico Daily Mail di ieri, la realtà che si ha davanti agli occhi è ben lontana dall’utopia annunciata: a 15 anni dal lancio, il progetto non è stato realizzato neanche per la metà e chi ha scelto di viverci denuncia che “è come abitare in una grande prigione deserta”.

Lo sviluppo di Songdo Smart City è stato sottoscritto da una joint venture internazionale guidata dalla Gale International e dalla POSCO. Il progetto è stato studiato dall’ufficio newyorkese di Kohn Pedersen Fox (KPF), mentre le infrastrutture di sviluppo e la mano d’opera sono state fornite dalla Città metropolitana di Incheon.

Qualcun altro però l’ha anche definita una vera e propria “città fantasma”, più simile a quel che resta oggi di Chernobyl in Ucraina che alla smart city immaginata dagli investitori.

E proprio gli investitori sono gli attori in fuga di questo dramma. In realtà, il progetto è fermo per mancanza di fondi. Le date di chiusura dei lavori e di inaugurazione della smart city si sono nel tempo succedute senza che la città iniziasse a vivere davvero.

La prima data di consegna era prevista per il 2015, poi posticipata al 2018 e ora al 2022.

Il piano urbanistico prevedeva la realizzazione di 80 mila appartamenti, con 5 milioni di metri quadrati di spazi per uffici e circa 1 milione per spazi commerciali.

Ad oggi Songdo è abitata da circa 70 mila persone e vi hanno preso ufficio non più di 50 aziende, ma per due terzi il territorio urbano è vuoto e quel che era stato costruito comincia a degradarsi, dando vita ad una città fantasma tipo Chernobyl.

Come fare per riportarla in vita?

Gli investitori hanno pensato di cambiare modello di smart city, puntando su quartieri copia dei migliori americani e britannici, con vie alberate e massima pulizia, attenzione al decoro urbano ed utilizzo di nuove tecnologie nell’edilizia per realizzare grattacieli super tecnologici e belli a vedersi.

Al suo interno, attualmente, si sta costruendo il quartiere “American Town”, con tre grandi torri di 50 piani e altre due più contenute, con 900 appartamenti complessivi e uffici per 1000 imprese. La speranza è quella di attirare la domanda di abitazioni di un certo livello di prezzi da Regno Unito, Stati Uniti, Australia, Canada, Germania e Nuova Zelanda.

Al momento, sembra che oltre 1.200 unità abitative siano state già prenotate da compratori stranieri.

Il problema principale, sollevato da chi oggi abita Songdo, oltre il vuoto urbano che regna incontrastato, è quello del costo della vita. Molti lamentano prezzi dei beni, delle merci, dei servizi e delle abitazioni troppo elevati: “Ci sono molte scuole, ospedali e servizi, ma sono per stranieri, per chi ha denaro da spendere. Tutto qui è costoso”.

Molti tra quelli che hanno deciso di vivere qui – si legge nelle interviste riportate dal quotidiano – stanno lasciando la città per andare a vivere in posti meno costosi. La verità è che Songdo è stata pensata per i ricchi e gli stranieri facoltosi”.

Tutto da buttare?

Non proprio, perché sono gli stessi residenti a salvare il progetto: “Se solo riuscissero a contenere il costo della vita e riportarlo a livelli accettabili, Songdo sarebbe non solo il posto migliore dove vivere in Corea, ma di tutto il mondo”.

Immagini e fotografie IMP Features/Chris White