Key4biz

Social TV, la convergenza tra televisione lineare e social media

I concetti di “Social TV” e “Second Screen”

Fin dalla loro nascita, i social network hanno intrattenuto un legame molto stretto con la televisione. Questo per una serie di motivazioni: in primis, perché i contenuti televisivi si prestano al commento, al confronto e al coinvolgimento partecipativo tipico dei social media; in secondo luogo, la diffusa presenza di televisori, o comunque schermi, nelle case consente un accesso gratuito ai programmi. Infine, perché la televisione accompagna costantemente la quotidianità e i momenti festivi, senza bisogno di specifici atti d’acquisto, avvicinandosi ai social più di qualsiasi altro media.

Da anni, il termine più noto che collega social e televisione è senz’altro ‘Social TV’, che nel dibattito sui digital media attuali non ha ancora trovato una definizione chiara e condivisa all’unanimità. Tuttavia, comunemente si riferisce all’insieme dei comportamenti che rafforzano l’aspetto sociale e relazionale della fruizione televisiva attraverso i media digitali, e comprendono: l’interazione a distanza con altri telespettatori, il live tweeting, la possibilità di interagire con i programmi tramite voti o commenti, la pubblicazione online di commenti, la possibilità di accedere a spezzoni della programmazione TV e la condivisione di materiali user generated content relativi ai contenuti televisivi.

Spesso, il termine “Social TV” è associato al concetto di “Second Screen”, che indica un tipo di consumo simultaneo di media su uno o più schermi, riferendosi soprattutto all’utilizzo di uno smartphone o altri dispositivi mobili per commentare in tempo reale ciò che si sta guardando dallo schermo della televisione. Questa pratica ha portato di fatto alla frammentazione dell’attenzione dello spettatore fra più schermi e ha facilitato l’interazione tra utenti con interessi simili.

In ogni caso, al giorno d’oggi, è sempre più diffusa la fruizione dei prodotti TV direttamente sul proprio smartphone tramite le piattaforme streaming ufficiali dei canali televisivi come RaiPlay, Discovery+ e Mediaset Infinity, o su piattaforme dedicate come Witty. La normalizzazione di questa dinamica ha cambiato radicalmente l’esperienza del consumo televisivo.

La convergenza tra televisione lineare e social media

I broadcaster nazionali, inizialmente scettici nei confronti dei social media, hanno successivamente compreso le potenzialità di questi strumenti e, col tempo, hanno iniziato a sfruttare appieno questa estensione digitale dei loro programmi. Ormai, lo storytelling di un programma televisivo è progettato considerando anche la potenziale risonanza che otterrà sulle piattaforme sociali, quali TikTok, Facebook, Twitter e Instagram.

I social media sono dalla loro nascita gli spazi perfetti per il commento in tempo reale di prodotti mediali come reality show, talent show, talk show, programmi di infotainment ed eventi di portata nazionale, come il Festival di Sanremo. Questo fenomeno dimostra che la televisione lineare continua ad esistere grazie alla diretta e alla possibilità di condividere l’esperienza con altri spettatori, dinamica che cerca di essere emulata non solo dai social, ma anche dalle piattaforme come Netflix, Prime e Disney+.

Per citare un caso, Netflix nel 2020 ha lanciato in alcuni paesi il canale Direct, offrendo un vero e proprio palinsesto settimanale, formato da film, serie, reality, animazioni e corti.
Il fatto che la televisione tradizionale abbia capito perfettamente che questa convergenza digitale sia una risorsa preziosa si nota dal fatto che il successo di un programma non si misura più unicamente attraverso i dati Auditel, ma anche in base ai contenuti pubblicati sui social media ad esso relativi. In particolare su Twitter, il numero di commenti immediati su quanto accade sul “primo schermo” e la condivisione di quei tweet vengono considerati a tutti gli effetti dati quantitativi e qualitativi del successo di un programma. 

Gli Stati Uniti sono stati precursori di questa tendenza, soprattutto nel contesto delle serie TV. Uno dei casi più eclatanti riguarda “Pretty Little Liars”, teen drama andato in onda sul canale “ABC Family” che nel 2013 ha battuto ogni record sul numero di tweet in relazione a un episodio della serie. Da quel momento, gli addetti ai lavori hanno cercato di sfruttare questa opportunità a loro vantaggio, incoraggiando il live tweeting degli utenti,spesso insieme ad attori e showrunner, per testare il sentiment del pubblico.

Oggi, con la presenza delle piattaforme di streaming come Netflix, Prime Video, Disney+, Paramount, la pratica del live tweeting condivisa è un po’ meno diffusa, poiché gli utenti seguono i programmi seguendo un palinsesto personalizzato, commentando in maniera più frammentata nel tempo.

La navigazione sui social media è sempre più simile all’esperienza televisiva

Il contorno tra social e televisione si è ulteriormente sfumato nel corso degli anni.

I social media oggi sono definibili come recommendation media: da semplici strumenti di testo e immagini, sono diventati piattaforme che supportano la trasmissione di video e dirette live. I social sono molto incentrati sul formato video e decidono per noi cosa mostrare grazie ai loro algoritmi. Questa evoluzione è evidente in piattaforme come YouTube, TikTok e Meta, che sono diventati simili al medium con cui più spesso vengono paragonati, la televisione.

In particolare, scrollando nei feed di Instagram e TikTok, sembra di sintonizzarsi su un canale televisivo: a dominare sono video e reel di persone che leggono l’oroscopo, di cantanti, imitatori, ballerini, personalità sopra le righe e sportivi, il tutto intervallato da brevi annunci pubblicitari o campagne di sponsorizzazione, nella stessa dinamica degli spot televisivi tra un programma e l’altro. La sovrapposizione tra piattaforma social e studio televisivo è pressoché perfetta con la trasmissione in diretta dei video.

Navigare su internet oggi è un’esperienza televisiva completa. Il cambiamento avvenuto negli ultimi anni per quanto riguarda la nostra vita online ha creato un contesto dove il principale lavoro delle audience è la produzione di dati, raccolti in massa dalle piattaforme per il loro profitto. Questa pratica ha portato a una competizione feroce sullo scrolling effettuato dagli utenti, che si ritrovano nel feed video di catastrofi naturali, conflitti o di altri avvenimenti di rilevanza sociale insieme a campagne sponsorizzate, video di animali che cantano e brand che monetizzano intorno alle questioni politiche del momento, esattamente come avviene in televisione.

A questo proposito, è pressoché impossibile non vedere nello scrolling che caratterizza oggi la fruizione dei contenuti sui social lo stesso modello dello zapping televisivo: un utente, nell’arco di pochi minuti, può passare da una storia all’altra, da una storia a una diretta, da un reel a una storia, o anche direttamente da un social all’altro.

Il passaggio a recommendation media ha innescato un cambiamento significativo nei tipi di contenuti che consumiamo sui social media, con le piattaforme online che si sono trasformate in vere e proprie collezioni di prodotti organizzati all’interno di profili personali. Questi account seguono un formato simile a un palinsesto televisivo, con rubriche regolari che seguono una programmazione strutturata.

Lo stesso ruolo del creator ha subito una notevole evoluzione negli ultimi anni. Se in passato si poteva pensare che fosse un lavoro che si potesse improvvisare, oggi è evidente che è necessario possedere una profonda comprensione del target di riferimento, dei formati e del linguaggio della piattaforma social su cui si vuole produrre contenuti.

Sempre più persone sono interessate a formarsi professionalmente per acquisire le competenze necessarie a navigare con successo nel mondo digitale. Scuole specializzate nel digital marketing e nei social media, come Digital Coach, sono sempre più un punto di riferimento per apprendere le strategie e le competenze chiave per sfruttare al massimo questi strumenti.

I tentativi dei social media nel diventare vere e proprie piattaforme streaming di contenuti televisivi

Un altro fenomeno avvenuto gli anni scorsi è rappresentato dagli sforzi dei social nel diventare in vere e proprie piattaforme di streaming di contenuti televisivi, producendo e diffondendo serie scripted, talk show e reality show. Facebook Watch, IGTV, Snapchat TV, Twitch, YouTube Premium e TikTok sono stati tutti i tentativi dei social di presentarsi al pubblico come competitor di piattaforme come Netflix e Prime Video.

Tuttavia, la maggior parte di questi tentativi ha incontrato criticità e difficoltà:IGTV, la piattaforma di Instagram dedicata ai video lunghi fino a 60 minuti, è stata cancellata dopo pochi anni; Facebook Watch, dopo un tiepido entusiasmo iniziale con la produzione di prodotti originali, tra cui serie scripted e talk show, sembra non sfornare più nulla in questo senso; YouTube Premium, il primo tentativo in assoluto di un social media di proporre contenuti originali e un modello di abbonamento SVOD (Subcription Video on Demand) come Netflix, sembra attirare commenti contrastanti, tra chi lo definisce un esperimento riuscito e un’effettiva concorrenza alle piattaforme di streaming, e chi invece lo ritiene troppo costoso e non una valide alternativa. Infine, Snapchat TV ha prodotto pochi brevi contenuti original in formato verticale, incontrando anche qui difficoltà nell’intercettare a pieno il gusto degli utenti.

Tuttavia, Twitch si è distinto dagli altri sfruttando completamente la diretta, che tutt’ora rimane la carta vincente della televisione lineare.

Nella classifica degli streamer di Twitch più visti nel 2020 è emerso che più della metà rientrasse nella categoria “Just Chatting”, che comprendono tutti quei prodotti che in televisione definiremmo “talk show”. La piattaforma si avvicina sempre di più a un pubblico generalista, attirando maggiori guadagni, creator ed investitori pubblicitari, esattamente con un broadcaster.

I social media continuano dunque a rappresentare uno spazio ideale per gli utenti che cercano reel e video brevi di intrattenimento, mentre quando si tratta di contenuti più lunghi e seriali, c’è ancora una preferenza per la televisione tradizionale e le piattaforme di streaming.

Tuttavia, vale la pena sottolineare che alcune case di produzione, come la Yellow Dot Studios di Adam McKay, il regista di “Don’t Look Up”, continuano a sperimentare in particolare su YouTube, TikTok e Instagram per la creazione di programmi originali.

Questa dinamica evidenzia allora la permanenza di una necessità per i social media di trovare modi innovativi per competere con il formato televisivo, sviluppando la capacità di offrire contenuti più strutturati e prolungati. Visti i cambiamenti affrontati finora, tutto però rimane in divenire e chissà quali altri canali o trasformazioni subiranno i social e la televisione, gli uni influenzati dall’altra e viceversa.

Exit mobile version