Lavoro

Social media recruiting: rischio discriminazione nella scelta dei candidati?

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I potenti tool di profilazione dei social media usati dai recruiter rischiano di escludere a priori ampie fette di potenziali candidati, secondo criteri illegittimi come l’etnia, il sesso e la religione.

I social media sono uno strumento ideale per chi cerca candidati mirati da assumere, in particolare le agenzie specializzate in recruiting. Resta però da capire se i potenti tool di profilazione utilizzati dai social non creino un rischio di discriminazione dei candidati su base etnica, di età, ma anche potenzialmente di religione, genere e volendo orientamento sessuale. Questi strumenti consentono alle aziende che cercano personale di scegliere una vasta gamma di criteri di ricerca, con il pericolo di escludere a priori, in maniera talvolta illegittima, ampie fette di potenziali candidati dal novero dei papabili.

Questo in sintesi il senso di un articolo della Bbc, che ha messo in luce in tutte le sue sfaccettature il fenomeno crescente del recruiting via social media a partire dal caso di una donna, madre di un figlio piccolo, che ha trovato lavoro part time (ideale per lei) rispondendo ad un annuncio comparso sul news feed del suo profilo.

Il fenomeno del recruiting via social network è sempre più diffuso non riguarda soltanto Facebook, che dal canto suo offre il servizio Facebook Ads per consentire alle aziende di pubblicare annunci pubblicitari nei feed delle persone. Quando si posiziona una pubblicità, l’azienda può scegliere il tipo esatto di persone che devono vederla in base a criteri di età, sesso, interessi, razza, religione e molto altro ancora, scrive la Bbc.

La pubblicità mirata è alla portata di tutti i social media che raccolgono dati sugli utenti. Anche Google+ e Instagram la fanno, mentre LinkedIn permette ai recruiter di creare messaggi pubblicitari mirati basati su età e genere, ma non su razza e orientamento sessuale.

Secondo i dati dell’agenzia di marketing londinese Link Humans, circa il 10% delle 20mila agenzie di recruiting nel Regno Unito usano Facebook per farsi pubblicità e hanno così a disposizione un bacino complessivo di più di un miliardo di candidati potenziali. E’ ovvio che per restringere il campo sia necessario sgrossare la ricerca ed è per questo che le agenzie di ricerca di lavoro devono affinare le loro inserzioni in modo da raggiungere che è davvero interessato all’annuncio senza disperdere il messaggio in una audience troppo ampia.

Certo, escludere a priori le donne o le donne incinte è possibile. Ma bisogna fare attenzione, perché così facendo, ad esempio negli Usa, le aziende rischiano di violare la legge federale sui diritti umani, che vieta di condurre ricerche di candidati discriminando in base all’età. Al genere, alla sessualità, al fatto se una donna è incinta o meno, alla religione e al fatto se si è sposati o meno.