Il dibattito

Smartphone in classe. Il decalogo del Miur insufficiente per una (vera) scuola digitale. Cosa fare invece

di Donato Limone, direttore della Scuola Nazionale dell’Amministrazione digitale – Unitelma Sapienza |

Il piano nazionale della Scuola Digitale ed il decalogo non hanno un fondamento ben strutturato di piani, di attività, di modelli di apprendimento e di docenza, di modelli di e-learning. Siamo ai preliminari: mancano le regole per transitare verso una nuova scuola digitale.

Sulla questione dei dispositivi “mobili” personali in classe (decalogo del MIUR e futuri interventi ministeriali) vorrei uscire dalla rigidità delle posizioni “smartphone sì/ smartphone no” per fare delle considerazioni a supporto di azioni per un reale e funzionale utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle scuole.

Intanto, il decalogo del MIUR: sono dieci punti di valenza generale che non possono non essere considerati funzionali alla costruzione di una scuola digitale nel senso di un sistema di docenza/apprendimento nativamente digitale. Il futuro della formazione dei nostri giovani passerà per una scuola digitale di questo tipo e quindi l’impegno per i decisori pubblici, per i docenti, per le famiglie, per il mondo della ricerca, per gli stessi studenti è quello di partecipare nella costruzione di una scuola nuova che opera nella Società dell’informazione. Ma che opera in questo tipo di società non perché si utilizzano tecnologie ict ma soprattutto perché sono stati chiariti ruoli e funzioni dei soggetti che operano nella e per la scuola e delle stesse tecnologie.

Gli smartphone (fuori da un nuovo e chiaro quadro culturale e formativo definito) sono delle semplici tecnologie da non adoperare perché l’utilizzo “anarchico” (senza regole) si risolverebbe quasi esclusivamente in un uso personale senza contribuire alla crescita didattica dei giovani. Il piano nazionale della Scuola Digitale ed il decalogo in questione non hanno un fondamento ben strutturato di piani, di attività, di modelli di apprendimento e di docenza, di modelli di e-learning. Siamo ai preliminari: mancano le regole per transitare verso una nuova scuola. Un nuovo paradigma che ancora non si radica nella società e nella scuola perché il vecchio paradigma ancora “blocca” il transito.

Il decalogo e cosa fare

Cerchiamo, brevemente, di considerare tutti i punti del decalogo (in corsivo) con alcuni interrogativi che richiedono delle risposte concrete.

  1. Ogni novità comporta cambiamenti. Ogni cambiamento deve servire per migliorare l’apprendimento e il benessere delle studentesse e degli studenti e più in generale dell’intera comunità scolastica. 

I cambiamenti possono presentarsi in termini evolutivi o involutivi. Chi e come si valutano i cambiamenti? Per garantire miglioramenti nell’apprendimento e nel benessere per la comunità scolastica oltre che per i singoli studenti è necessario che ci sia un piano reale di azioni con risorse, responsabili, tempi certi, sperimentazioni diffuse, diffusione di buone prassi e di metodologie. Non mi pare che ci siano condizioni di questo tipo.

  1. I cambiamenti non vanno rifiutati, ma compresi e utilizzati per il raggiungimento dei propri scopi. Bisogna insegnare a usare bene e integrare nella didattica quotidiana i dispositivi, anche attraverso una loro regolamentazione. Proibire l’uso dei dispositivi a scuola non è la soluzione. A questo proposito ogni scuola adotta una Politica di Uso Accettabile (PUA) delle tecnologie digitali. 

Esiste una regolamentazione? La sola regolamentazione non basta per introdurre i dispositivi nella didattica quotidiana: cosa si intende per didattica quotidiana? come si introducono i dispositivi? come ciascuna scuola dovrà calare le regole generali nella propria realtà? se mancano risorse, programmi di sviluppo, responsabili, sperimentazioni? Fino a quando non si creano le condizioni di base per un ragionevole e sostenibile uso dei dispositivi mobili nelle scuole ritengo che gli stessi non si debbano introdurre semplicemente perché l’uso prevalente sarebbe quello strettamente personale e non didattico.

  1. La scuola promuove le condizioni strutturali per l’uso delle tecnologie digitali. Fornisce, per quanto possibile, i necessari servizi e l’indispensabile connettività, favorendo un uso responsabile dei dispositivi personali (BYOD). Le tecnologie digitali sono uno dei modi per sostenere il rinnovamento della scuola. 

Le tecnologie da sole (fuori da un quadro didattico innovativo sia pure in progress) non permettono il “rinnovamento”: la scuola (ciascuna scuola) oggi permette condizioni non solo strutturali ma anche funzionali, metodologiche e di contenuto? La semplice connettività non favorisce un uso responsabile dei dispositivi personali.

  1. La scuola accoglie e promuove lo sviluppo del digitale nella didattica. La presenza delle tecnologie digitali costituisce una sfida e un’opportunità per la didattica e per la cultura scolastica. Dirigenti e insegnanti attivi in questi campi sono il motore dell’innovazione. Occorre coinvolgere l’intera comunità scolastica anche attraverso la formazione e lo sviluppo professionale. 

Non mi pare ci siano programmi, risorse adeguate per formare tutti all’innovazione. E senza formazione diventa critico il passaggio verso la scuola digitale.

  1. I dispositivi devono essere un mezzo, non un fine. È la didattica che guida l’uso competente e responsabile dei dispositivi. Non basta sviluppare le abilità tecniche, ma occorre sostenere lo sviluppo di una capacità critica e creativa. 

Concordiamo con le affermazioni di questo punto. Ma quale è oggi la didattica che può garantire un uso (non fine a se stesso) delle tecnologie personali? Le abilità tecnologiche sono già patrimonio degli studenti (forse meno dei docenti): ma come sviluppare capacità critica e creativa?

  1. L’uso dei dispositivi promuove l’autonomia delle studentesse e degli studenti. È in atto una graduale transizione verso situazioni di apprendimento che valorizzano lo spirito d’iniziativa e la responsabilità di studentesse e gli studenti. Bisogna sostenere un approccio consapevole al digitale nonché la capacità d’uso critico delle fonti di informazione, anche in vista di un apprendimento lungo tutto l’arco della vita. 

Quale autonomia? sicuramente quella tecnica: e la transizione (sia pure graduale) verso situazioni di apprendimento è in atto (dove, come, con quali risultati, con quali metodologie, con quali sperimentazioni?). Certamente è fondamentale l’uso critico delle fonti di informazione: ma anche è fondamentale tutto ciò che riguarda la “qualità” della informazione. La regolamentazione ministeriale considererà questi aspetti?

  1. Il digitale nella didattica è una scelta: sta ai docenti introdurla e condurla in classe. L’uso dei dispositivi in aula, siano essi analogici o digitali, è promosso dai docenti, nei modi e nei tempi che ritengono più opportuni. 

E qui si scopre che tutto viene “scaricato” sui docenti che si trovano essi stessi a vivere una transizione molto forte e non sono stati formati a questo passaggio.

  1. Il digitale trasforma gli ambienti di apprendimento. Le possibilità di apprendere sono ampliate, sia per la frequentazione di ambienti digitali e condivisi, sia per l’accesso alle informazioni, e grazie alla connessione continua con la classe. Occorre regolamentare le modalità e i tempi dell’uso e del non uso, anche per imparare a riconoscere e a mantenere separate le dimensioni del privato e del pubblico. 

E ritorniamo sui principi generali: ma come si trasformano gli ambienti di apprendimento? scaricandoli sui docenti e sugli studenti? Oggi è necessario un vero piano di supporto: il digitale da solo non trasforma gli ambienti di apprendimento.

  1. Rafforzare la comunità scolastica e l’alleanza educativa con le famiglie. È necessario che l’alleanza educativa tra scuola e famiglia si estenda alle questioni relative all’uso dei dispositivi personali. Le tecnologie digitali devono essere funzionali a questa collaborazione. Lo scopo condiviso è promuovere la crescita di cittadini autonomi e responsabili. 

Altro principio generale sul quale non possiamo non essere d’accordo. Ma cosa devono fare le scuole e cose devono fare le famiglie? Qualcuno sta lavorando su questo? Il Ministero ha una idea? Il dispositivo personale è dello studente (non lo dimentichiamo): come coinvolgo lo studente ad usarlo bene ora per fatti personali ora per la scuola ora per l’alleanza scuola/famiglia? Le tecnologie digitali (in quanto tali) sono neutre: la collaborazione scuola/famiglia deve essere costruita a prescindere. Ma nella collaborazione scuola/famiglia vogliamo considerare il ruolo dello studente? e l’uso del “suo” dispositivo?

  1. Educare alla cittadinanza digitale è un dovere per la scuola. Formare i futuri cittadini della società della conoscenza significa educare alla partecipazione responsabile, all’uso critico delle tecnologie, alla consapevolezza e alla costruzione delle proprie competenze in un mondo sempre più connesso.

E anche su questo principio come facciamo a non essere d’accordo. Ma se il Ministero conosce questi diritti è bene che metta a punto un piano di comunicazione, di informazione, di formazione per diffondere la cultura sulla cittadinanza digitale.  O si pensa di scaricare il tutto sull’autonomia della scuola, sui docenti e sugli studenti? Questa è una funzione deve svolgere il Ministero.

Per un uso attivo e ragionevole dei dispositivi personali nelle scuole. Cosa fare

In conclusione: il ruolo del Ministero in questa fase è particolarmente importante e fondamentale per “trainare” il processo di cambiamento. Gli interrogativi che abbiamo posto rispetto ai singoli punti del decalogo servono a pungolare il Ministero nel farsi carico di questo ruolo fino in fondo. Significa: inquadrare bene la vicenda dei dispositivi tecnologici personali sotto tutti i punti vista (istituzionale, educativo, didattico, economico, psicologico, sanitario, privacy, ecc.). Questa vicenda (che sembra legata solo alle tecnologie) esprime il travaglio della nostra scuola oggi, la necessità di cambiare, i vincoli al cambiamento. Agli interrogativi che ci siamo permessi di porre all’attenzione dei responsabili politici è necessario dare una risposta (anche graduale). Ma una risposta è necessaria oppure i dispositivi personali saranno vissuti o come una limitazione alle libertà individuali degli studenti o come una concessione (usateli con parsimonia). Lo studente non è così impreparato da non comprendere il valore delle tecnologie nella didattica: ma vuole toccare con mano programmi, sperimentazioni, metodi che funzionano.