Illuminazione pubblica e mobilità intelligente guidano ancora la spesa tecnologica dei comuni italiani. Nel 2024 il mercato Smart City ha raggiunto 1,05 miliardi di euro, in crescita del 5% rispetto all’anno precedente. Non male, ma meno della media europea (+9%), e soprattutto segno che qualcosa si è inceppato nel meccanismo di spinta all’innovazione urbana.
La fetta più ampia del budget è finita nei lampioni: 240 milioni di euro, pari al 23% del totale. Altri 215 milioni sono andati alla mobilità intelligente, tra sensori, semafori smart e app per il trasporto pubblico. Progetti più avanzati, come piattaforme integrate, digital twin o IA, restano invece marginali.
E questo è un problema, sottolinea Giulio Salvadori, direttore dell’Osservatorio Smart City del Politecnico di Milano.
«Nell’ultimo anno il mercato della Smart City è aumentato, ma a ritmi più contenuti rispetto agli anni precedenti, confermando un trend di crescita solido, nonostante un contesto incerto», spiega Salvadori. «Tuttavia, la frammentazione amministrativa, la carenza di competenze e la dipendenza da finanziamenti straordinari continuano a ostacolare l’efficacia delle strategie integrate». Un freno che si riflette anche nei numeri: solo il 42% dei comuni ha attivato progetti concreti nel 2024.
Le intenzioni, però, non mancano. Il 91% delle amministrazioni ha dichiarato di voler avviare iniziative smart entro i prossimi due anni. Ma la distanza tra progettazione e realtà resta ampia.
«Le città italiane sono chiamate a rafforzare le proprie capacità organizzative», conclude Salvadori, «sviluppando strumenti operativi e una visione strategica a lungo termine. In particolare, è fondamentale coinvolgere attivamente i cittadini, promuovendo fiducia, trasparenza e partecipazione».
AI, tutti ne parlano, pochi la usano: le città italiane ancora in panchina
Il 92% degli italiani conosce l’intelligenza artificiale e la considera utile, soprattutto per sicurezza pubblica, gestione delle emergenze e manutenzione predittiva delle infrastrutture. Ma se si guarda all’effettivo impiego nei comuni, la fotografia cambia: solo il 4% delle amministrazioni locali ha avviato progetti che integrano l’AI nei servizi urbani. La prospettiva di diffusione c’è (il 35% dei comuni dichiara di volerla adottare entro due anni) ma la strada resta lunga.
Secondo Matteo Risi, direttore dell’Osservatorio Smart City, il problema non è la mancanza di visione, ma la difficoltà di passare alla pratica: «Nel 2024 è cresciuta la consapevolezza sull’importanza della gestione e valorizzazione dei dati per lo sviluppo delle città intelligenti, spinta dall’adozione dell’Intelligenza Artificiale e da un contesto normativo in evoluzione. Le amministrazioni stanno sperimentando piattaforme avanzate come Digital Twin e Smart Control Room, e valutando le potenzialità dell’AI per migliorare i servizi urbani». Non mancano i casi concreti: a Messina un sistema AI ottimizza la raccolta dei rifiuti, a Bari l’Acquedotto Pugliese usa algoritmi predittivi nella Control Room, a Roma Julia — un chatbot sviluppato con AI generativa — dialoga con i cittadini. Ma sono ancora esperienze isolate, senza un’infrastruttura solida o un vero coordinamento nazionale.
Solo 2 comuni su 10 hanno un team interno dedicato, appena 1 su 10 ha attivato percorsi informativi per la cittadinanza. E le criticità sono note: privacy, sicurezza dei dati, governance debole, carenza di competenze tecniche. Se l’AI è pronta, le città italiane lo sono molto meno.
Una Smart City che deve ancora dimostrare di esserlo
A metà 2024, un italiano su due ritiene “insufficiente” l’accessibilità ai servizi pubblici offerti dal proprio comune. Non va meglio se si guarda a inclusività (voto medio 5,2 su 10) e dinamismo economico-sociale. Il giudizio sull’innovazione urbana, poi, precipita: appena 4,4 su 10. Non stupisce che l’85% dei cittadini segnali criticità legate alla mobilità urbana, in termini di sicurezza, accessibilità e alternative all’auto privata.
Una parte del problema è strutturale. Le città faticano a costruire progetti in grado di generare benefici misurabili sul piano economico e sociale. Le partnership pubblico-privato sono considerate “molto utili” dal 37% dei comuni, ma solo il 16% è riuscito finora ad attivarle. Il motivo? Spesso manca una regia strategica che sappia valorizzare strumenti, dati e tecnologie già disponibili.
Eppure, soluzioni digitali semplici e trasparenti possono aiutare le amministrazioni a ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini. Anche in ambiti come energia, connettività o mobilità, l’adozione di piattaforme di confronto può favorire scelte consapevoli e sostenibili. I comparatori online come SOSTariffe.it, in questo senso, si confermano alleati efficaci per orientarsi tra le offerte di luce, gas e internet casa, con risparmi concreti per le famiglie e uno stimolo all’efficienza anche per gli operatori.
La tecnologia, insomma, non manca. Ma servono progetti integrati, continuità amministrativa e competenze specifiche per trasformarla in qualità della vita — e non in una promessa disattesa.
Neutralità climatica cercasi
Oltre il 70% delle emissioni globali di CO₂ proviene dalle città. E in Italia, nove grandi centri urbani, da Milano a Bologna, da Roma a Padova, sono in prima linea per abbattere le proprie emissioni dell’80% entro il 2030, nell’ambito della Missione europea “Climate Neutral and Smart Cities”. Il traguardo è ambizioso, ma la partenza non è brillante: le emissioni medie pro capite restano alte, circa 3,6 tonnellate di CO₂ equivalente, e i settori più critici restano edifici e trasporti.
In questo scenario, le Smart City diventano un banco di prova della transizione ecologica urbana. Gli investimenti vanno verso sistemi digitali di monitoraggio, efficientamento energetico adattivo, immagini satellitari per analizzare le isole di calore e Digital Twin per mappare il potenziale fotovoltaico dei tetti. La tecnologia c’è, ma servono progetti strutturati, capaci di fare sistema e di misurare gli impatti reali su aria, energia e territorio.
E non basta sostituire qualche lampione o incentivare il bike sharing: le politiche locali devono affrontare scelte complesse e intersettoriali, dalla riqualificazione edilizia al governo della mobilità urbana. Senza regole condivise e indicatori chiari, però, l’efficacia degli interventi resta difficile da valutare — e quindi da replicare.
Per ora, le iniziative ambientali sono spesso episodiche e legate a finanziamenti straordinari. Ma se la neutralità climatica è un obiettivo serio, va inserita in una visione urbana integrata. E qui la sfida, ancora una volta, è soprattutto politica.
I cittadini ci credono (più dei comuni), ma ora serve concretezza
Sul piano dell’impegno personale, gli italiani sono più avanti delle loro città. Secondo la ricerca realizzata con BVA Doxa, solo il 4% dei cittadini dichiara di non aver fatto nulla per migliorare il proprio ambiente urbano. Le azioni più diffuse sono la riduzione dei consumi energetici e la raccolta differenziata (entrambe al 56%), mentre le scelte più complesse – come la mobilità sostenibile – restano ancora marginali (23%).
Il digital divide generazionale, invece, continua a pesare. I Millennial usano app per pagamenti e navigazione urbana molto più dei Boomers, e la distanza si fa ancora più netta con le applicazioni legate a mobilità smart o servizi sociali digitali. Intanto, l’intelligenza artificiale suscita grande interesse: il 92% degli italiani la conosce e il 46% la vorrebbe per la sicurezza pubblica o la gestione delle emergenze. Ma restano anche timori forti: eccessiva dipendenza dalla tecnologia, esclusione digitale e perdita di posti di lavoro.
Sul fronte delle buone pratiche, il convegno 2024 ha premiato due esempi concreti. Pitigliano, vincitore nella categoria “piccoli comuni”, ha avviato con ENEA e Open Fiber un progetto di borgo digitale attento alla geografia del territorio e alla prevenzione degli smottamenti, grazie a una rete in fibra ottica usata come sensore del sottosuolo. Padova, tra i grandi comuni, ha invece sviluppato con Municipia la piattaforma “Social Welfare District”, che aggrega dati sociali e promuove una governance equa tra PA e Terzo Settore.
Esperienze virtuose, ma ancora isolate. Perché la cittadinanza c’è, e in molti casi è già attiva. È la macchina amministrativa che deve dimostrare di essere all’altezza, dotandosi di competenze, strumenti e visione per non perdere un’occasione che è già realtà, altrove.
Fonti: https://www.osservatori.net/comunicato/smart-city/smart-city-in-italia-mercato/