L'indagine

Smart city e sicurezza informatica, un terzo degli esperti boccia gli amministratori locali

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L’Internet delle cose, la videosorveglianza, i sistemi elettronici per la gestione del traffico, sono tutte tecnologie smart city utilissime al funzionamento di una metropoli ma che devono essere protette costantemente. Mancanza di competenze in ambito cybersecurity e miopia politica i limiti più grandi.

Immaginiamo spesso megalopoli abitate da decine di milioni di persone spuntare qua e là in tutto il mondo, aree metropolitane iperconnesse, digitalizzate, attraversate da fiumi di dati, in cui i cittadini e la tecnologia convivono come simbionti l’uno dell’altro, ma in pochi si pongono alcuni problemi fondamentali, tra cui la sicurezza dei sistemi applicati.

Maggiore è la penetrazione delle tecnologie smart city, maggiore è il livello di insicurezza e vulnerabilità elettronica della città. Non è un paradosso, ma un’ovvia conseguenza. Per porre rimedio alla criticità basta promuovere cultura digitale e della sicurezza e provvedere a diffondere il più possibile le soluzioni di cybersecurity già disponibili sul mercato.

Anche se di smart city vere e proprie ancora non si può parlare, la trasformazione digitale è in atto un po’ ovunque e le aree urbane sono i luoghi principali in cui tale processo di innovazione a 360° si sta compiendo.

Un recente studio Trustwave-Tripwire ha coinvolto 203 esperti di IT security, sia in ambito pubblico, sia in quello privato, chiedendo loro quanto i progetti smart city di oggi siano o meno sicuri dal punto di vista elettronico ed informatico.

Per il 23% dei partecipanti, le città e le amministrazioni che le guidano non hanno minimamente coscienza della gravità della minaccia che il cyber crimine rappresenta per le infrastrutture e i cittadini. Un terzo di loro sostiene che gli amministratori dei centri abitati non hanno né le competenze, né le risorse necessarie per realizzare tali progetti integrati alla cybersecurity.

Lo stesso numero di intervistati sostiene che alla mancanza di competenze digitali si affianca anche la miopia politica e la debolezza culturale dei decisori pubblici.

Il 27% degli esperti intervistati punta invece poi il dito sulle reti WiFi pubbliche, non in quanto servizio pubblico fondamentale, ma perchè scarsamente protetto, mentre per il 19% anche le smart grid soffrono dello stesso problema di vulnerabilità.

Tra gli altr sistemi smart city che più di altri potrebbero cadere sotto il tiro dei cyber criminali e dei crackers di tutto il mondo ci sono i smart systems applicati ai trasporti (13%) e i sistemi di videosorveglianza in strada (11%), gli open data e le applicazioni per i servizi pubblici urbani (entrambi con circa il 10%), nonchè i sistemi per la gestione delle risorse idriche di una città (circa il 6,5%).

La protezione delle infrastrutture critiche non è una soluzione ‘una tantum’, ma continua, costante e soprattutto deve essere aggiornata. “Le amministrazioni pubbliche rimangono abbagliate e affascinate dalle opportunità dell’Internet delle cose, ma in pochi riflettono sul potenziale distruttivo di questa tecnologia se oggetto di azioni di pirateria informatica”, ha dichiarato il ricercatore Rekha Shenoy.

La velocità dell’innovazione tecnologica è pari solo a quella dei criminali informatici nel trovare sempre nuove crepe sulla mura difensive dei sistemi di sicurezza informatica. Gli studiosi, oltre che mostrarci le “falle” dei sistemi, ci ricordano che una città veramente intelligente, dove tutto è sempre connesso, è solo quella in grado di ascoltare i propri cittadini e nello stesso tempo difenderli, proteggerli e dare loro sicurezza fisica e digitale, dalla strada alle abitazioni.