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Smart city e protezione dei dati, il documento del “Gruppo di Berlino”

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Tutti a vivere in città

Il 55% della popolazione mondiale, oggi, vive in centri urbani di varie dimensioni. Entro il 2030 molte più persone migreranno in città e, secondo le Nazioni Unite, più del 70% degli abitanti del pianeta avranno deciso di stabilirsi in aree urbane.

Tokyo potrebbe raggiungere e superare i 37 milioni di abitanti, Dehli i 36 milioni, Shanghai i 30 milioni, Pechino i 28 milioni, Il Cairo 25 milioni, Citta del Messico i 24 milioni. Le prime 10 città al mondo più popolose vedranno aumentare i propri abitanti del 35% entro la fine del decennio.

Un processo demografico impressionante per dimensioni e conseguenze, soprattutto in termini sociali ed economici, che ha aperto la strada a nuove soluzioni infrastrutturali e tecnologiche.

Le città di oggi, ma soprattutto quelle di domani, saranno sempre più orientate all’innovazione tecnologica, dal digitale all’ICT, passando per i progetti smart city più avanzati.

Una transizione che è non solo tecnologica, ma che come detto riguarda diversi ambiti della nostra quotidianità e del nostro stare assieme in una comunità urbana sempre più grande, che necessita sempre più di frame regolatori più complessi.

Smart city, il documento del Gruppo di Berlino

Dove ci sono le persone, ci sono i dati personali, ad esempio e il problema della tutela della privacy è da tempo sul tavolo delle principali autorità regolatorie e della politica istituzionale.

Il nostro Garante per la protezione dei dati personali ha partecipato alla stesura del documento di lavoro sulle “Smart Cities” adottato dal Gruppo di Berlino, Gruppo di lavoro internazionale sulla protezione dei dati nella tecnologia (IWGDPT), che riunisce rappresentanti delle Autorità europee ed extra-europee, di organismi internazionali ed esperti di tutto il mondo.

Il documento di lavoro in questione, secondo quanto riportato da un comunicato del Garante Privacy italiano, attraverso analisi dei rischi, case studies e raccomandazioni, ha come obiettivo quello di “fornire un pratico strumento di supporto rivolto ad amministrazioni locali, fornitori di servizi ed autorità di regolamentazione per definire soluzioni rispettose della protezione dei dati personali”.

Ampio risalto è stato assicurato alle raccomandazioni del Gruppo di Berlino: “affinché i dati siano trattati secondo il principio di limitazione delle finalità, nel caso di dispositivi “smart home” che monitorano le abitazioni di edilizia pubblica, e di integrità e riservatezza, relativamente agli standard di sicurezza degli strumenti IoT (Internet of Things)”.

I dati sono oggi fondamentali per prendere decisioni relative allo sviluppo di servizi di pubblica utilità, ma anche per realizzare nuove infrastrutture e immaginare la crescita urbana in chiave sostenibile.

Uno dei principali problemi, però, quando si tratta di dati personali è che questi rimangano grezzi ed anonimi.

I casi esaminati dal Working Paper on “Smart Cities”

Tra i diversi casi esaminati dal Gruppo c’è l’analisi degli spostamenti dei passeggeri connessi al wi-fi dell’azienda dei trasporti di Londra. Il progetto, realizzato attraverso l’immediata pseudonimizzazione dei dati personali degli utenti e secondo il principio di minimizzazione, aveva come obiettivo il monitoraggio dell’affollamento delle stazioni della metro e migliorare gli spostamenti dei pendolari.

In questo modo, l’azienda aveva potuto immediatamente individuare i dati aggregati da utilizzare per la finalità, senza aver bisogno di incrociarli con altri in suo possesso, come ad esempio quelli presenti negli abbonamenti. Interessanti anche le esperienze dell’Amsterdam Algorithm Register, un sito che illustra tutti gli algoritmi utilizzati dall’amministrazione nell’erogazione dei servizi comunali, e della città di Helsinki, che ha annunciato la creazione di un cruscotto in cui i cittadini possano gestire i consensi rilascia

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