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Sicurezza e terrorismo, Valter Giovannini: ‘In Italia reati diminuiti, ma la percezione di insicurezza è ancora alta’

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L'Intervista a Valter Giovannini, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bologna, considerato una delle massime figure conoscitive in fatto di sicurezza nel nostro Paese.

La rubrica AssetProtection, ovvero Riflessioni su sicurezza e terrorismo, a cura di Anthony Cecil Wright, presidente Anssaif (Associazione Nazionale Specialisti Sicurezza in Aziende di Intermediazione Finanziaria). Per consultare gli articoli precedenti clicca qui.

Oggi abbiamo il piacere di avere con noi il dott. Valter Giovannini (Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bologna dopo avere fatto parte per circa sette anni della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Bologna ed essere stato, per otto anni, Procuratore Aggiunto presso il medesimo ufficio) che, oltre ad essere un affezionato lettore fin dal primo numero della nostra newsletter, è un nostro graditissimo interlocutore.

Pietro Blengino: Dott. Giovannini, innanzitutto grazie per aver accettato la nostra richiesta di un’intervista. Lei fa il Pubblico Ministero da circa 35 anni e nella sua carriera si è occupato di molteplici fenomeni criminali. Dal 1994,  vive e lavora a Bologna dove il fenomeno del ’68 (su cui nei nostri numeri abbiamo soffermato la nostra attenzione) ha manifestato insieme a una fortissima carica innovativa delle derive violente sia a livello di massa (ricordo per tutti quanto accaduto nel ’77 a Bologna) sia a livello di gruppi terroristici organizzati. Per questo motivo vorremmo sapere come vede oggi la situazione italiana dal punto di vista della sicurezza.

Valter Giovannini. Le statistiche, che peraltro non sempre fotografano con assoluta precisione la realtà, ci dicono che il numero complessivo dei reati è in diminuzione. Tuttavia tra la gente è sempre alta la percezione di insicurezza e questo sentimento deve essere rispettato e mai criticato.

Pietro Blengino. E del terrorismo?

Valter Giovannini. Abbiamo i nostri servizi di intelligence e quelli di polizia giudiziaria che operano sul territorio impegnati al massimo nell’azione di prevenzione e contrasto di un fenomeno assai variegato. Oltre a possibili iniziative criminali riconducibili all’estremismo di matrice religiosa non dobbiamo mai dimenticare che nel nostro paese, da anni, l’anarcoinsurrezionalismo ha dichiarato una guerra per il momento di “bassa intensità” allo Stato; fatta di attentati incendiari a sedi di enti economici pubblici o privati e al sistema delle telecomunicazioni.

Poi è sempre in auge il criminale utilizzo delle buste contenenti esplosivo, inviate a mezzo posta a persone che costoro hanno individuato come avversari politici.

Pietro Blengino. In cosa si differenzia l’odierna minaccia rispetto a quella che abbiamo conosciuto in passato?

Valter Giovannini. Sicuramente nel nostro passato  l’originario ribellismo ha virato, nel corso degli anni, in forme violente di stampo terroristico. I fondatori delle Brigate Rosse agivano in nome del mito “della resistenza tradita”. L’estremismo di destra agiva perché vedeva un nemico non solo nell’avversario politico ma anche nei rappresentati di uno Stato percepito, da un certo momento in avanti, come un bieco repressore. Certo è che entrambe le parti hanno versato troppo sangue innocente intossicando la società per decenni. Oggi, al momento, la situazione non è paragonabile; è per così dire molto fluida. Penso però che non sia immaginabile quel consenso, sotto traccia che, purtroppo, in alcuni ambienti ci fu negli anni più violenti del terrorismo.

Pietro Blengino. Le pongo una domanda che spero non sia fonte di difficoltà. Quali sono le iniziative che potrebbero essere messe in atto per migliorare la prevenzione? Ricordo che parlammo alcuni mesi fa di una sua visita a Strasburgo in cui lei mi raccontò le diverse misure di prevenzione messe in atto dalle locali Forze dell’Ordine. Purtroppo, a dicembre abbiamo dovuto assistere a un grave fatto di sangue proprio a Strasburgo. Che indicazioni ha tratto anche dalla sua esperienza personale?

Valter Giovannini. Penso che sia giunto il momento, per noi europei, di porci, senza steccati ideologici, la domanda: è ancora possibile pretendere il massimo delle libertà individuali e collettive unitamente al massimo della sicurezza possibile? Se la risposta è che non siamo disposti a rinunciare neppure a controlli a campione di natura preventiva, ad esempio sulla rete web, allora, onestamente, dobbiamo ammettere che siamo disponibili a correre ulteriori rischi di utilizzo distorto della rete da parte di chi, pur richiamandosi a modelli sociali vecchi di millenni, utilizza i più moderni sistemi informatici per divulgare i propri proclami di guerra, tenere contatti tra gli accoliti e creare proseliti.

Pietro Blengino. Continuando il tema toccato dalla precedente domanda mi soffermo su un punto. Negli anni ’70 per il contrasto del terrorismo furono sicuramente importanti gli interventi messi in atto dalle Forze dell’Ordine e dalla Magistratura ma sicuramente fu importante il ruolo che la classe politica e la popolazione ebbero nel far mancare al terrorismo quell’humus favorevole di cui aveva inizialmente goduto. Cosa manca oggi?

Valter Giovannini. Personalmente credo che negli anni ottanta il terrorismo oltre ad essere stato contrastato con grande efficacia dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, che per questo hanno pagato grandi tributi di sangue, è imploso per cause interne. La spinta propulsiva è venuta meno quando il furore ideologico è stato prima affiancato e poi sostituito dalla consapevolezza di un totale fallimento umano e politico del progetto insurrezionale o eversivo.

Pietro Blengino. E dal punto di vista tecnico giudiziario?

Valter Giovannini. Abbiamo un tessuto normativo assolutamente adeguato a contrastare e reprimere qualsiasi fenomeno criminale. Rimane però fondamentale la collaborazione da parte di noi tutti nel segnalare fatti ed episodi che potrebbero essere sintomatici di attività criminali anche molto gravi. Penso, come esempio, alla possibilità astratta che un giovane, apparentemente inserito nel contesto sociale, inizi ad assumere atteggiamenti sintomatici di una qualche forma di radicalizzazione. Chi è vicino a lui, e non ne condivide le scelte, non può non accorgersi di quanto stia accadendo. Ecco, nell’interesse di tutti a cominciare dal giovane che forse è attirato da sirene estremistiche, sarebbe meglio trovare il modo di segnalare, anche in forma riservata, quanto sta accadendo. Il risultato positivo potrebbe essere duplice: impedire la commissione di reati e di conseguenza recuperare anche il potenziale estremista. Non sarebbe delazione ma sana collaborazione alla gestione corale di una società estremamente complessa quale quella in cui noi tutti viviamo.