Finestra sul mondo

Secondo referendum sulla Brexit, Indipendenza del Kosovo, Macron, La guerra tra Roma e l’Ue

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore.

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Regno Unito, guadagna terreno l’idea di un secondo referendum sulla Brexit

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – Appena un anno fa, l’idea che il Regno Unito potesse indire per un nuovo referendum sulla Brexit era considerata una causa persa, sostenuta solo da un manipolo di eccentrici e di irriducibili filo-europei senza speranza. Oggi, invece, vi sono concrete possibilita’ che alla fine i cittadini britannici vengano chiamati a votare sull’accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Lo sostiene il settimanale britannico “The Economist” analizzando la situazione politica che si e’ venuta a creare dopo che ieri, 14 novembre, il primo ministro del Regno Unito, Theresa May, e’ riuscita a ottenre il sofferto appoggio del suo governo all’accordo sulla Brexit raggiunto dopo molti mesi di difficili negoziati con Bruxelles. L’annuncio di May e’ giunto al termine di oltre cinque ore di feroce dibattito nella drammatica riunione del gabinetto svoltasi al numero 10 di Downing Street, durante la quale un terzo dei ministri e sottosegretari hanno espresso durissime critiche al primo ministro. “The Economist” ricorda che, alle elezioni parlamentari tenute nel Regno Unito a giugno 2017, sia il Partito conservatore sia il Partito laburista avevano promesso agli elettori di “realizzare la Brexit”. Gli unici favorevoli ad un nuovo referendum sul recesso del Regno Unito dall’Ue, il Partito liberal-democratico, avevano ottenuto appena l’8 per cento dei suffragi. Da allora, i promotori della campagna “People’s Vote” a favore di un nuovo referendum sulla Brexit hanno ottenuto una serie di notevoli vittorie: 670 mila persone hanno partecipato ad una loro manifestazione organizzata a Londra qualche settimana fa e l’idea di un secondo voto popolare ha raccolto il consenso trasversale degli ex primi ministri laburisti Tony Blair e Gordon Brown e dell’ex premier conservatore John Major. Come e’ stato possibile che una simile causa persa sia tornata tanto di attualita’? Molto e’ dipeso dagli errori commessi dalla premier May e pure dall’atteggiamento inflessibile di Bruxelles su questioni fondamentali come lo status della frontiera terrestre tra l’Ulster (l’Irlanda del Nord britannica) e la Repubblica d’Irlanda (che e’ e restera’ un paese membro dell’Ue,). Tuttavia, questo era nella logica delle cose, afferma “The Economist”. I cosiddetti “Brexiteers” hanno promesso l’impossibile, ossia che il Regno Unito avrebbe potuto continuare a godere di tutti i vantaggi del mercato unico europeo, senza dover pagare il dazio degli svantaggi di dover sottostare alle regole Ue. La realta’ si e’ incaricata di smentirli e la delusione era inevitabile. La questione e’ stata ben riassunta dal sottosegretario britannico ai Trasporti Jo Johnson, che la settimana scorsa si e’ dimesso dal governo. Se il Regno Unito deve scegliere tra il “vassallaggio” nei confronti dell’Ue, rimanendo legato alle regole europee senza aver voce in capitolo, e il caos di una “no-deal Brexit”, ossia un recesso senza la definizione dei rapporti futuri, allora l’unica opzione ragionevole e’ quella di tornare a votare. La maggioranza degli elettori ne e’ sempre piu’ convinta. Da oggi, con l’apertura della battaglia in parlamento sull’accordo con l’Ue sulla Brexit, il Regno Unito in un uragano politico come non si osservava da decenni ed in quale direzione il vento soffiera’ al momento e’ materia di scommesse. Per “The Economist”, e’ possibile che May riesca a portare in porto il suo piano. Come pure e’ possibile che invece l’iniziativa del primo ministro britannico fallisca e il Regno Unito piombi in un caos politico totale. Il fatto che il risultato di questa confusione possa essere un nuovo referendum sulla Brexit, conclude “The Economist”, sarebbe una delle piu’ straordinarie storie di questi tempi eccezionali.

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Stati Uniti, Camera dei rappresentanti blocca risoluzione che chiede ritiro del supporto alle operazioni militari in Yemen

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – I Repubblicani della Camera dei rappresentanti Usa hanno ufficialmente bloccato il voto su una risoluzione che avrebbe ritirato il supporto militare degli Stati Uniti alla coalizione, guidata dall’Arabia Saudita, impegnata nella guerra nello Yemen. I Repubblicani del Congresso hanno fatto ricorso a uno stratagemma procedurale per impedire il voto. L’opposizione del Congresso alla partecipazione degli Stati Uniti alla guerra in Yemen e’ cresciuta insieme al bilancio delle vittime civili della campagna di bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, che secondo alcune stime e’ di decine di migliaia di persone. L’omicidio del giornalista dissidente saudita Jamal Khashoggi, nel consolato saudita a Istanbul, ha aggravato il disagio avvertito tra Democratici e Repubblicani sul coinvolgimento degli Usa nella guerra in Yemen. Venerdi’ scorso, l’amministrazione Trump aveva annunciato che le Forze armate Usa non avrebbero piu’ effettuato rifornimenti aerei per l’aviazione della coalizione saudita, uno degli aspetti piu’ controversi del sostegno degli Stati Uniti alla coalizione. Il Pentagono e Riad hanno poi definito l’annuncio come una decisione saudita.

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Difesa, gli Stati Uniti hanno perso il primato militare nei confronti di Russia e Cina

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – Gli Stati Uniti hanno perso il primato militare militare, specie in un eventuale scenario bellico su piu’ fronti e potrebbero potenzialmente perdere una guerra contro la Cina o la Russia: e’ quanto afferma un rapporto pubblicato mercoledi’ dalla commissione bipartisan per la Strategia di difesa nazionale creata dal Congresso federale Usa. L’organo, composto da ex alti funzionari repubblicani e democratici selezionati dal Congresso, ha valutato la Strategia di difesa nazionale dell’amministrazione Trump del 2018, che ha voluto una importante riorganizzazione delle Forze armate statunitensi per competere con Pechino e Mosca. Pur approvando gli obiettivi della strategia, la Commissione ha avvertito che Washington non si muove abbastanza in fretta ne’ investe abbastanza, e rischia per questo di perdere il dominio militare. “Le forze armate statunitensi potrebbero subire perdite inaccettabilmente elevate e la perdita di importanti beni capitali in un prossimo conflitto. (Gli Stati Uniti) Potrebbero lottare per vincere, o forse perdere, una guerra contro la Cina o la Russia”, si legge nel rapporto. “Gli Stati Uniti sono particolarmente a rischio di essere sopraffatti nel caso in cui i militari siano costretti a combattere su due o piu’ fronti contemporaneamente”, conclude il rapporto.

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Spagna, primo passo verso il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – La Spagna fa retromarcia sul Kosovo. Dopo l’ammonimento del Comitato olimpico internazionale (Coi), che ha minacciato di tagliare fuori Madrid dall’organizzazione di ogni evento sportivo, il governo di Pedro Sanchez ha accettato di rivedere la sua posizione sul paese dei Balcani e permettere agli atleti kosovari di partecipare a eventuali competizioni sportive in Spagna con la loro bandiera e il loro inno nazionale. La notizia, rilanciata dal quotidiano “El Mundo”, e’ stata annunciata da un comunicato congiunto del Coi e del Comitato olimpico spagnolo (Coe), dopo una riunione tenuta mercoledi’ fra i rispettivi rappresentanti. La Spagna, insieme alla Grecia, e’ l’unico paese europeo a non aver riconosciuto l’indipendenza che il Kosovo ha proclamato nel 2008, temendo che la misura potesse essere sfruttata dagli indipendentisti catalani e baschi per rivendicare le proprie istanze separatiste. La scorsa estate, in occasione dei Giochi del Mediterraneo di Tarragona, gli atleti kosovari furono costretti a richiedere un visto speciale e non poterono marciare sotto la bandiera nazionale, accontentandosi di quella del Coi. L’apertura del governo socialista di Pedro Sanchez e’ stata letta come un primo passo verso il riconoscimento dello Stato.

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Spagna, Psoe in testa nel sondaggio Cis sulle elezioni in Andalusia ma e’ guerra per il secondo posto

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – Con 10 punti di vantaggio rispetto al secondo partito piu’ votato ma lontana dalla maggioranza assoluta di 55 seggi sui 109 totali, Susana Diaz riuscirebbe a conquistare un nuovo mandato alla presidenza dell’Andalusia. E’ quanto emerge dal sondaggio elaborato dal Centro di ricerca sociologica (Cis) a meno di un mese dalle elezioni del 2 dicembre che convocheranno alle urne gli andalusi per il rinnovo dell’amministrazione della Comunita’ autonoma. Secondo le analisi, pubblicate mercoledi’ e riprese da tutti i principali quotidiani spagnoli, la candidata socialista otterrebbe il 37,41 per cento dei voti che corrispondono a 45-47 seggi, ovvero lo stesso numero di deputati che il Psoe ha anche oggi. Per il secondo posto, si gioca invece una dura battaglia fra le tre formazioni principali: Pp, Adelante Andalusia (in cui confluiscono Podemos e Izquierda unida) e Ciudadanos. Le intenzioni di voto del Cis rilevano infatti che la coalizione di sinistra guidata da Teresa Rodri’guez otterrebbe il 19,34 per cento dei consensi e 20 seggi (di cui 15 a Podemos e 5 a Iu); il Pp, invece, conquisterebbe il 18,66 per cento e Ciudadanos il 18,55 per cento. Si tratta, dunque, di tre valori molto vicini che pongono le tre formazioni a un soffio l’una dall’altra. La principale novita’ che emerge dal sondaggio riguarda Vox. Il partito di estrema destra e’ dato infatti al 3,17 per cento dei voti, una percentuale che gli consentirebbe di ottenere, per la prima volta nella storia, una rappresentanza all’interno del parlamento andaluso.

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Francia, il governo cerca di calmare le proteste contro il caro carburante annunciando delle contro-misure

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – Per calmare le proteste in corso in Francia contro il rincaro del carburante, nella giornata di ieri, 14 novembre, il primo ministro francese, Edouard Philippe, ha promesso un piano da 500 milioni di euro supplementari che si inserisce all’interno del progetto di transizione ecologica. Lo riferisce il quotidiano francese “Les Echos”, spiegando che le opposizioni non sono rimaste convinte dagli annunci del governo. Tra le misure previste vi sono incentivi all’acquisto di vetture meno inquinanti, la conversione delle caldaie a gas e un “assegno energia” per aiutare le famiglie a piu’ basso reddito. Dal canto suo, in un’intervista andata in onda ieri sera, il presidente francese Emmanuel Macron ha assicurato di “ascoltare la collera” e ha parlato di “rispetto e considerazione” per quanti protestano contro il rincaro del carburante. Tuttavia, Philippe non vuole cedere dinnanzi alla protesta dei “gilet gialli”, soprannome dato alla mobilitazione prevista per il 17 novembre in tutta la Francia contro l’aumento del costo del carburante. Il capo del governo francese ha assicurato che le misure annunciate erano gia’ state previste. Con gli annunci di ieri, il governo francese vuole anche rispolverare la sua immagine ambientalista, adombrata dalle dimissioni del ministro della Transizione ecologica, Nicolas Hulot. Dura l’opposizione, con il leader dei Repubblicani, Laurent Wauquiez, che ha chiesto uno stop all’aumento delle tasse, mentre la presidente del Rassemblement National, Marine Le Pen, ha denunciato una “punizione ingiusta”.

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Francia, presidente Macron, “Non ho riconciliato i francesi con la classe politica”

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – “Non sono riuscito a riconciliare il popolo francese con i suoi dirigenti”. E’ quanto affermato dal presidente della Francia, Emmanuel Macron, durante un’intervista rilasciata ieri, 14 novembre, a bordo della portaerei della marina francese Charles de Gaulle, dove si trovava in visita. “I nostri concittadini oggi vogliono tre cose: che li si consideri, che li si protegga e che gli vengano date soluzioni, non dichiarazioni”, ha detto Macron. Il presidente francese ha poi commentato i recenti attacchi ricevuti dall’omologo statunitense, Donald Trump via Twitter, affermando che “tra alleati ci si deve rispetto”. In merito alla difesa, il capo dello Stato francese ha parlato del suo progetto europeo spiegando che in questo campo l’Europa e’ ancora troppo dipendente dagli Stati Uniti. “E’ l’alleato con il quale si prendono tutti i rischi, con il quale si fanno le operazioni piu’ complicate. Tuttavia, essere alleati non vuol dire essere vassalli e per non essere vassalli non bisogna dipendere da loro” ha spiegato il presidente francese. Macron ha inoltre commentato le proteste contro l’aumento del prezzo del carburante in corso in Francia dicendo di avere “rispetto e considerazione” nei confronti di coloro che il 17 novembre parteciperanno alla mobilitazione contro i rincari prevista in tutto il paese. Al contempo, Macron ha anche espresso “sospetto” verso chi vuole strumentalizzare il movimento di quanti protestano contro l’aumento del prezzo del carburante.

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Germania, vicepresidente Bundesbank Buch mette in guardia contro la vulnerabilita’ del sistema finanziario

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – La Bundesbank, la banca centrale della Germania, teme che “gli istituti di credito possano essere abbagliati dall’andamento positivo dell’economia, sottostimando i fattori di rischio”, come i prezzi delle attivita’ come i beni immobili. E’ quanto si legge sul quotidiano tedesco “Handelsblatt”, che commenta il discorso tenuto ieri, 14 novembre, dalla vicepresidente della Bundesbank, Claudia Buch, durante la presentazione dell’ultimo rapporto dell’istituto sulla stabilita’ del sistema finanziario. Per la Bundesbank, scrive “Handelsblatt”, “il fatto che, nonostante il rallentamento subito nella scorsa estate, l’economia della Germania si muova lungo la tendenza positiva piu’ lunga dalla riunificazione del paese non e’ motivo soltanto di gioia, ma anche di prudenza”. Specialmente durante le congiunture positive, ha affermato Buch, “la probabilita’ di peggioramenti in futuro viene sottovalutata e le ricette appropriate vengono trascurate”. Per il vicepresidente della Bundesbank e’ quindi “ora il momento di erigere solide difese e prepararsi a tempi peggiori”. La Bundesbank ritiene che “le vulnerabilita’ accumulate negli ultimi anni possano rendere il sistema finanziario vulnerabile a una recessione inaspettata, scenario che per “Handelsblatt” e’ “ora piu’ probabile”. Secondo la banca centrale tedesca, i maggiori fattori di rischio per il sistema finanziario sono “la sottovalutazione dei rischi di credito e la possibilita’ che attivita’ come il settore immobiliare possano essere sopravvalutate a causa dei tassi di interesse attualmente bassi”. Inoltre, la Bundesbank ritiene che i tassi di interesse possano “aumentare di gran lunga piu’ velocemente di quanto previsto, creando dei problemi per alcuni attori del settore finanziario”. Secondo “Handelsblatt”, negli ultimi anni le banche hanno migliorato i loro coefficienti patrimoniali, ma in una certa misura cio’ e’ dovuto al loro minore accantonamento per il rischio di credito”. In particolare, “nel calcolo delle loro riserve di credito, grandi banche di importanza sistemica si basano su modelli interni che tengono conto delle perdite sui prestiti degli ultimi anni”. Tuttavia, data la recente ripresa dell’economia, “i risultati piu’ recenti sono stati particolarmente bassi anche a causa del minor numero di imprese insolventi”. Nel 2003, gli accantonamenti per perdite sui crediti bancari rappresentavano ancora “circa il 2,5 per cento dei prestiti lordi, mentre nel 2017 il dato era ben al di sotto dell’1 per cento”, nota “Handelsblatt”. La domanda e’ quindi “queste cifre positive possano continuare o meno”. Una recessione “piu’ forte metterebbe sotto pressione gli equity buffer delle banche” che, per la Bundesbank, potrebbero reagire limitando i prestiti e cosi’ aggravando la recessione stessa”. Un ulteriore fattore di rischio e’ individuato dalla Bundesbank nei “prezzi attualmente elevati sul mercato finanziario, dovuti anche ai bassi tassi di interesse”. In caso di recessione, “i prezzi del settore immobiliare, dei titoli di Stato e delle azioni potrebbero subire forti pressioni”, avverte la banca centrale tedesca. A rafforzare il proprio avvertimento, la Bundesbank ricorda che i prezzi delle proprieta’ residenziali nelle citta’ tedesche “sono sopravvalutati tra il 15 e il 30 per cento”. Venendo di frequente utilizzati come collaterali per i prestiti, i beni immobili potrebbero causare “problemi a causa della loro sopravvalutazione”. A ogni modo, “la Bundesbank non vede ancora alcun motivo per intervenire sul mercato immobiliare, anche perche’ l’allocazione dei mutui e’ al di sotto dei valori storici”. Al contempo, la banca centrale tedesca non osserva “alcun segnale per cui gli istituti finanziari starebbero riducendo i loro standard di credito”. Tuttavia, nota “Handelsblatt”, vi e’ “un problema: i dati sugli standard di credito sono scarsi”. A ogni modo, oltre che dai rischi di credito e dai prezzi delle attivita’, la Bundesbank mette in guardia da un improvviso aumento dei tassi di interesse che potrebbe colpire specialmente le casse di risparmio e le banche cooperative. I consumatori “ricorrono sempre piu’ ai prestiti a lungo termine con tasso fisso sul mercato immobiliare”. Casse di risparmio e banche cooperative “vivono sull’assunzione di depositi a breve termine e sulla concessione di prestiti di lungo periodo”: cio’ potrebbe causare problemi in caso di incremento dei tassi di interesse che causerebbe un aumento dei costi di finanziamento.

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Italia-Ue, Roma mette alla prova le regole di bilancio europee

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – Il nuovo round del confronto tra l’Italia e l’Unione Europea e’ gia’ cominciato. Lo scrive il settimanale britannico “The Economist” dopo che il governo italiano ha ripresentato a Bruxelles la legge di stabilita’ per il 2019 senza nessuna delle modifiche richieste dalla Commissione europea. Cedere avrebbe significato “commettere un suicidio” ha commentato Luigi Di Maio, capo politico del Movimento 5 stelle (M5s) che insieme alla Lega di Matteo Salvini costituisce la coalizione populista al governo a Roma. La Commissione ha anticipato che gia’ nella prossima settimana avviera’ la procedura di infrazione per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia che potrebbe portare ad una pesante sanzione pecuniaria per il paese. Lo scontro, sottolinea “The Economist”, e’ il primo vero test del Fiscal compact, l’accordo europeo raggiunto all’apice della crisi del debito dell’Eurozona che diede a Bruxelles la responsabilita’ di sovrintendere ai bilanci dei paesi membri e la possibilita’ di imporre sanzioni ai trasgressori. Si tratta di sanzioni che in passato la Commissione ha sempre evitato di imporre, ma che ora potrebbero diventare per la prima volta una concreta possibilita’. Il problema, scrive “The Economist”, e’ che negli ultimi anni le autorita’ di Bruxelles hanno concesso cosi’ tante deroghe che le regole di bilancio europee sono diventate confuse e molto impopolari. Imporre sanzioni all’Italia ora potrebbe anche provocare una reazione negativa dell’elettorato in vista delle elezioni del Parlamento europeo del maggio 2019. Anche per questo, diversi governi dell’Ue sono contrari ad una cosi’ diretta intromissione della Commissione nella gestione del bilancio dei paesi membri, preferendo che a punire chi troppo spende siano i mercati finanziari. Tuttavia, avverte “The Economist”, il pericolo e’ che la reazione degli investitori diventi eccessiva, perche’ la risposta dei mercati puo’ essere tardiva e disordinata. Dunque, anche se l’eventuale apertura della procedura di infrazione contro l’Italia deve essere approvata dal vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue in programma alla meta’ di dicembre, il compito di considerare i possibili costi politici ed economici e’ tutto nelle mani della Commissione- La violazione italiana alle regole di bilancio europee e’ cosi’ sfacciata, scrive “The Economist”, che ne va della credibilita’ della Commissione. Questo potrebbe spingere Bruxelles a punire severamente l’Italia.

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Italia-Ue, le “quattro ragioni” della sfida di Lega e M5S alla Commissione europea

15 nov 11:09 – (Agenzia Nova) – Mobilitazione del consenso durante l’ultima campagna elettorale in Italia e in vista delle elezioni europee di maggio 2019, “nessuna idea dell’economia” e la convinzione che il prossimo voto per il rinnovo del Parlamento europeo causera’ un “terremoto” nell’Ue con l’affermazione dei partiti nazionalisti. Sono queste, per il quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, le “quattro ragioni” che hanno mosso Lega e Movimento 5 Stelle (M5S), i partiti populisti al governo in Italia dal primo giugno scorso, a sfidare la Commissione europea respingendo ieri, 13 novembre, la richiesta di modifiche alla legge di stabilita’ per il 2019 avanzata da Bruxelles. In primo luogo, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche di marzo scorso, Lega e M5S “hanno sfruttato l’insoddisfazione degli italiani per la loro situazione economica per ottenere voti con grandi promesse” che, confluite nella legge di stabilita’, provocheranno un ulteriore aumento del debito pubblico, gia’ al 130 per cento del prodotto interno lordo (Pil). In particolare, la Lega ha promesso un’aliquota unica o “flat tax” del 15 o 20 per cento sull’imposta sul reddito, “accolta con notevole favore soprattutto dalla prospera Italia settentrionale”, tradizionale bacino elettorale del partito. Al momento, nota la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, la “flat tax” dovrebbe tuttavia applicarsi “soltanto ai lavoratori autonomi a reddito medio o basso e senza collaboratori. Lega e M5S “hanno poi promesso il ritorno alla pensione anticipata e hanno annunciato che dal 2019 i lavoratori con 38 anni di contributi potranno andare in pensione a 62 anni”. A sua volta, il M5S ha guadagnato gran parte dei suoi voti in Italia meridionale con la promessa del reddito di cittadinanza: “780 euro al mese per gli italiani privi di reddito”. Soltanto per questa misura, il governo ha stanziato nella legge di bilancio per il 2019 “circa 18 miliardi di euro, pari a quasi l’1 per cento del Pil”. Con le promesse elettorali di Lega e M5S, vi e’ per la “Frankfurter Allgemeine Zeitung” una seconda ragione alla base della sfida lanciata dal governo italiano alla Commissione europea sulla legge di bilancio. Lega e M5S non avrebbero “alcuna idea dell’economia e dei meccanismi di funzionamento dell’amministrazione” in Italia. Pertanto, i due partiti “non si fanno scrupoli con i loro eroici annunci”. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i vicepresidenti del Consiglio che guidano rispettivamente Lega e M5S, “credono che con il loro programma di spesa pubblica l’Italia potrebbe crescere piu’ rapidamente e non si curano dei dubbi di noti economisti”. Tra questi, vi sono quanti affermano che “soltanto incrementando la spesa per gli investimenti l’economia italiana potrebbe sperimentare una lieve espansione”. Tuttavia, “il governo italiano non puo’ permettersi tali investimenti, perche’ diversi progetti sono bloccati dalla burocrazia o dallo stesso M5S”. In terzo luogo, la sfida di Lega e M5S alla Commissione europea e’ mossa dalla mobilitazione del consenso per i due partiti alle prossime elezioni europee di maggio 2019. A tale fine, i partiti al governo in Italia “danno la colpa del debole sviluppo dell’economia in Italia a una presunta politica di austerita’ imposta da Bruxelles o Berlino”. Tuttavia, sostiene la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, questo “non e’ vero, perche’ tra il 2014 e il 2017 i governi in Italia hanno aumentato il disavanzo di bilancio di circa 90 miliardi di euro rispetto a quanto avevano previsto nel solo 2014”. La causa della mancanza di crescita in Italia deve quindi essere individuata “nel declino della competitivita’ sui mercati globali” sperimentato dal paese. Tuttavia, in Italia sono “impopolari quanti vogliono rompere gli schemi vecchi di anni su cui si reggono la pubblica amministrazione, i sindacati, la magistratura e la distribuzione di competenze tra le istituzioni”. E’, infatti, “molto piu’ facile combattere contro i presunti nemici a Bruxelles e Berlino”. In quarto luogo, Lega e M5S sono “fermamente convinti che le prossime elezioni europee provocheranno in Europa un terremoto simile a quello avvenuto in Italia a marzo scorso”, portando all’affermazione dei partiti nazionalisti e populisti. Di Maio e Salvini, ritengono quindi che “verranno eliminate le politiche di austerita’” imputate al presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, e al cancelliere tedesco, Angela Merkel. Si potra’ quindi “tornare a spendere nel modo giusto, se possibile con il sostegno di una Banca centrale europea che, secondo il governo italiano dovrebbe finanziare in maniera illimitata la spesa pubblica con l’emissione di moneta”. Tuttavia, Lega e M5S Tuttavia “sottovalutano che altri paesi dell’Ue potrebbero non sostenere le politiche espansive dell’Italia”. Per esempio, il partito di destra tedesco Alternativa per la Germania (AfD), che raccoglie consensi anche tra gli ambienti estremisti, e’ considerato da Salvini un alleato. Tuttavia, ricorda la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, AfD ha ripetutamente dichiarato di “non voler spendere un euro per l’Italia”. Inoltre, per modificare le regole europee in materia di bilancio, e’ necessaria l’unanimita’ degli Stati membri dell’Ue. Un obiettivo da cui il governo italiano appare “al momento lontano perche’ si e’ creato nemici ovunque in Europa” proprio a causa della legge di stabilita’ che prevede un aumento del debito pubblico. La “Frankfurter Allgemeine Zeitung” si chiede quindi perche’ gli altri paesi europei dovrebbero stringere accordi con l’Italia, il cui governo ha appena violato l’impegno assunto dal precedente esecutivo con la Commissione europea di portare il rapporto tra deficit e Pil allo 0,8 per cento.

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