Finestra sul mondo

Sea Watch 3 autorizzata a sbarcare i migranti, Processo a Salvini, Crescita in calo Francia

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore.

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Italia, premier Conte, Sea Watch 3 autorizzata a sbarcare migranti, distribuiti in sette paesi Ue

La nave Sea Watch 3, operata dall’organizzazione non governativa tedesca Sea Watch e isolata dalla Capitaneria di porto al largo di Siracusa, è stata autorizzata a far sbarcare i 47 migranti che ha a bordo a Catania. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nella giornata di ieri 30 gennaio. Secondo quanto riferito dall’emittente televisiva tedesca “n-tv”, il capo del governo ha aggiunto che i migranti sbarcati dalla Sea Watch 3 verranno distribuiti tra sette paesi dell’Ue: oltre all’Italia, Germania, Francia, Lussemburgo, Portogallo, Romania e Malta.

Italia, governo a rischio per posizione M5S su autorizzazione a procedere contro Salvini

Londra, 31 gen 10:59 – (Agenzia Nova) – Il governo potrebbe cadere perché alcuni esponenti del Movimento 5 stelle (M5S) vogliono che il vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, venga processato. Lo riferisce oggi il quotidiano britannico “The Times”, ricostruendo gli ultimi sviluppi dell’inchiesta giudiziaria sulla vicenda della nave della Guardia costiera “Diciotti” a cui l’estate scorsa il titolare del Viminale aveva negato l’autorizzazione a far sbarcare in un porto italiano i 177 immigrati a bordo. Per tale motivo, Salvini è ora accusato di “sequestro di persona”. Il leader della Lega ha detto di esser pronto ad essere processato ed aveva dichiarato di essere orgoglioso di “aver difeso l’Italia dall’immigrazione illegale”. Tuttavia, ora Salvini pare aver cambiato idea, chiedendo ai partiti di maggioranza, Lega e M5S, di votare contro in Senato alla richiesta di autorizzazione a procedere nei suoi confronti.

Germania, governo riduce previsioni crescita 2019 dall’1,8 all’1 per cento

Nel 2019, la crescita della Germania sarà pari all’1 per cento del prodotto interno lordo (Pil). Lo ha annunciato il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco, Peter Altmaier, durante una conferenza stampa tenuta ieri, 30 gennaio, a Berlino in cui ha illustrato il rapporto annuale sull’economia redatto dal governo federale. Il dato segna una flessione rispetto al tasso di crescita dell’1,8 per cento previsto dal governo tedesco per quest’anno nell’autunno scorso. Secondo Altmaier, riferisce il quotidiano tedesco “Die Welt”, la contrazione è causata dai “venti contrari” che spirano sullo scenario internazionale, in particolare “la Brexit incombente, le guerre commerciali in corso e il contesto tributario nel mondo”. Notando come nel 2018 l’economia della Germania sia cresciuta dell’1,5 per cento, Altmaier ha evidenziato che il rallentamento dell’espansione nel 2019 deve essere un incentivo a concentrarsi su “stimoli alla crescita e tecnologie del futuro”. A ogni modo, ha sottolineato il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco, il 2019 rappresenta il decimo anno consecutivo di crescita per la Germania. In particolare, “il mercato del lavoro continua a seguire un andamento positivo, con il tasso di disoccupazione che dovrebbe scendere dal 5,2 per cento del 2018 al 4,9 per cento di quest’anno”, ha Altmaier. Di conseguenza, ha aggiunto il ministro dell’Economia e dell’Energia tedesco, in Germania “aumenta anche il reddito privato, con le retribuzioni che dovrebbero crescere del 4,8 per cento nel 2019”.

Francia, crescita in calo all’1,5 per cento nel 2018

Nel 2018, il tasso di crescita della Francia è sceso all’1,5 per cento del Pil. È quanto afferma la stampa francese, ricordando che nel 2017 il Pil della Francia era cresciuto del 2,3 per cento. Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, nonostante le proteste dei gilet gialli, la crescita è stata dello 0,3 per cento, lo stesso dato registrato nei tre mesi precedenti. “La crescita del quarto trimestre è data soprattutto dal dinamismo delle esportazioni”, ha spiegato Julien Pouget, capo del dipartimento Congiuntura all’Istituto nazionale delle statistiche francse (Insee). “I consumi sono diminuiti, mentre il potere d’acquisto è progredito in modo globale negli ultimi tre mesi” del 2018, ha poi aggiunto Pouget. Gli osservatori sottolineano che i risultati dell’economia francese nel 2019 dipenderanno molto dall’atteggiamento dei consumatori. A sostenere la crescita al termine dell’anno da poco trascorso sono state soprattutto le esportazioni, in particolare quelle di materiale navale e aeronautico. Tuttavia, i consumi delle famiglie hanno dato segni di debolezza aumentando solamente dello 0,8 per cento sui dodici mesi.

Imprese, ex presidente Renault Ghosn, mi batterò per difendermi dalle false accuse

“Voglio battermi per restaurare la mia reputazione e difendermi contro delle false accuse”. È quanto affermato dall’ex presidente della Renault, Carlo Ghosn, in un’intervista rilasciata al quotidiano francese “Les Echos” nella prigione di Kosuge, in Giappone, dove è attualmente detenuto per sospetta frode fiscale. Ghosn non ha dubbi sul fatto di essere rimasto vittima di un “tradimento”. “Contro di me c’è un esercito. In Nissan ci sono diverse centinaia di persone impegnate nell’affare. Nell’ufficio del procuratore sono in settanta a lavorare sul caso”, ha detto il top manager. L’ormai ex presidente della Renault ha ricordato che c’era “opposizione” e “ansia” nei confronti del suo progetto di integrazione tra Nissan, Renault e Mitsubishi. “Avevo detto a Hiroto Saikawa (direttore generale di Nissan) che se avessi deciso per un altroo mandato alla guida dell’alleanza avremmo dovuto lavorare molto di più sull’integrazione”, ha affermato Ghosn. L’ex presidente della Renualt ha quindi spiegato che il suo progetto prevedeva la creazione di una holding “che avrebbe controllato le tre entità” e avrebbe posseduto tutte le azioni dei tre gruppi. Sull’intenzione di voler licenziare Saikawa, Ghosn ha affermato che “quando la performance di un’impresa cala nessun ceo è immune dal licenziamento”. “Mi accusano di non aver dichiarato delle entrate che non ho mai ricevuto!”, ha poi aggiunto Ghosn. In merito alla scelta di aver lasciato la guida della Renault, Ghosn ha dichiarato che non era possibile mantenere l’azienda in una situazione simile. “Sono fiero di aver condotto questa impresa dal 2005 al 20018 – ha inoltre sottolineato – e di averla aiutata a trasformarsi in un gruppo così forte”. “Del resto i risultati del 2018 saranno eccellenti”, ha anticipato il manager.

Regno Unito, premier May e leader laburista Corbyn discutono insieme della Brexit

Il primo ministro del Regno Unito, Theresa May, e il leader del Partito laburista, Jeremy Corbyn, si sono incontrati e hanno discusso della Brexit. Lo riferisce il quotidiano britannico “The Guardian”, commentando l’incontro tra May e Corbyn tenuto nella serata di ieri, 30 gennaio, a Londra e durato 45 minuti. L’incontro tra il premier e il leader laburista è stato definito “serio ed impegnato” da un portavoce di Corbyn, secondo cui May ha “mostrato interesse per i dettagli” delle proposte del Labour sulla Brexit, centrate sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione doganale europea. Un punto al quale May si era sempre opposto. Tuttavia, la posizione del primo ministro “non è cambiata”, ha dichiarato il suo portavoce, nonostante l’interesse mostrato per le proposte di Corbyn. A ogni modo, secondo il “Guardian” molti commentatori politici e deputati sono convinti che May possa ancora essere spinta a sostenere la permanenza del Regno Unito nell’Unione doganale europea. Diiversi esponenti dell’ala più anti-europeista del Partito conservatore, i cosiddetti “Brexiters”, hanno fatto capire che persino loro potrebbero appoggiare questa scelta, se all’attuale testo dell’accordo con l’Ue per il dopo-Brexit saranno apportato significative modifiche sul futuro status della frontiera terrestre tra l’Irlanda del Nord britannica e la Repubblica d’Irlanda, Stato membro dell’Ue. May e Corbyn, torneranno ad incontrarsi molto presto, forse già nei prossimi giorni.

Spagna, il governo esige dal Venezuela l’immediato rilascio dei giornalisti di “Efe”

Il governo della Spagna esige che le autorità del Venezuela “liberino immediatamente” i tre giornalisti dell’agenzia di stampa”Efe” detenuti a Caracas. E’ quanto si legge in una dichiarazione ufficiale, ripresa da tutti i quotidiani locali, in cui l’esecutivo respinge “con forza” gli arresti eseguiti ieri, 30 gennaio, dal Servizio di intelligence nazionale bolivariano (Sebin). “Da quando è venuto a conoscenza degli arresti, il governo, attraverso l’ambasciata a Caracas, sta mettendo in campo tutti gli sforzi necessari per ottenere il rilascio immediato”, si legge nel comunicato. Nel testo, l’esecutivo torna inoltre a chiedere alle autorità venezuelane di rispettare lo stato di diritto, i diritti umani e le libertà fondamentali, tra cui, la libertà di stampa che è un elemento centrale. A finire in manette, secondo le informazioni fornite da “Efe”, il giornalista spagnolo Gonzalo Domínguez Loeda, il giornalista colombiano Mauren Barriga Vargas, il fotografo colombiano Leonardo Muñoz e l’autista venezuelano José Salas. Secondo quanto si apprende, diversi membri del Sebin avrebbero fatto irruzione ieri nell’ufficio dell’agenzia e chiesto ai tre giornalisti di tornare nei rispettivi hotel per raccogliere le loro cose e seguirli. Il direttore di “Efe” a Caracas, Nélida Fernández, è intervenuto prontamente insieme a un legale dello studio Domínguez e Barriga per cercare di chiarire la situazione davanti alle autorità venezuelane e ottenere il rilascio immediato dei tre dipendenti. La squadra di “Efe” era stata inviata a Caracas dalla Colombia lo scorso 17 gennaio. Al loro arrivo all’aeroporto di Maiquetía, i tre si erano identificati come giornalisti, dopodiché l’intelligence, le autorità doganali e di immigrazione avevano concesso loro di entrare senza restrizioni.

Spagna, nel 2018 Pil cresciuto del 2,5 per cento, il tasso più basso dal 2014

L’economia della Spagna nel 2018 è cresciuta del 2,5 per cento, il tasso più basso dal 2014. La notizia è oggi su tutti i principali quotidiani locali, secondo cui il Pil è aumentato di mezzo punto in meno rispetto al 2017, nonostante l’accelerazione registrata nell’ultimo trimestre dell’anno dello 0,7 per cento. E’ quanto emerge dall’anticipazione dei dati trimestrali pubblicata questa mattina dall’Istituto nazionale di statistica (Ine). La percentuale del 2,5 per cento coincide con le stime avanzate dalla Banca di Spagna, dal Fondo monetario internazionale e dai principali istituti economici ma non con le previsioni ufficiali del governo, orientate invece sul 2,6 per cento. Ad ogni modo, con questo aumento trimestrale del Pil, si registrano 21 trimestri consecutivi di aumenti. Secondo l’Ine, la crescita del 2,5 per cento raggiunta nell’insieme dello scorso anno è dovuta ad un contributo della domanda nazionale di 2,9 punti, simile a quello segnato nel 2017, mentre la domanda esterna è diminuita di quattro decimi di punto.

Stati Uniti, al via a Capitol Hill colloqui su sicurezza delle frontiere

La commissione bipartisan inter-congressuale voluta dal presidente Usa, Donald Trump, terrà la sua prima, e forse unica, riunione pubblica oggi, dando il via ai colloqui per raggiungere un accordo sulla sicurezza del confine. La commissione è composta da parlamentari della Camera dei rappresentanti e del Senato, incaricati di redigere 12 provvedimenti per la spesa annuale per finanziare il governo degli Stati Uniti, ed elaborare così un accordo sulla sicurezza delle frontiere che impedirebbe un secondo arresto del governo federale. Sette dei 12 provvedimenti restano oggetto di contesa tra Repubblicani e Democratici, ma la potenziale chiusura parziale del governo dipende dalla legge di finanziamento del dipartimento per la Sicurezza nazionale, e in particolare dal progetto di Trump per la costruzione di un muro di confine, che i Democratici osteggiano. L’incontro di oggi è aperto al pubblico, ma i colloqui dovrebbero proseguire in privato. La commissione è nata dall’accordo raggiunto la scorsa settimana per porre fine al più lungo arresto parziale del governo (il cosiddetto “shutdown”) nella storia degli Stati Uniti. Il presidente Trump ha temporaneamente ceduto sui finanziamenti al muro per riaprire il governo, ma ha minacciato un nuovo “shutdown” se non otterrà i fondi per realizzare la struttura al confine con il Messico. “Se la commissione di Repubblicani e Democratici che si riunisce ora sulla sicurezza delle frontiere non sta discutendo o contemplando un muro o una barriera fisica, allora sta sprecando il suo tempo!”, ha scritto Trump su Twitter.

Afghanistan, presidente Ghani offre riduzione costi per mantenere truppe Usa nel paese

Il presidente dell’Afghanistan, Ashraf Ghani, ha inviato il 30 gennaio scorso una lettera all’omologo degli Stati Uniti, Donald Trump, nella quale offre una riduzione dei costi per il mantenimento delle truppe statunitensi nel paese. Secondo il quotidiano statunitense “New York Times”, la lettera, confermata da tre funzionari, è tra i segnali più chiari della preoccupazione di Ghani per un possibile ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan, dopo un conflitto durato quasi due decenni. Con un Trump sempre più impaziente di lasciare l’Afghanistan, Ghani – scrive il “Nyt” – teme che ciò possa far crollare il fragile Stato afgano e portare al potere i talebani. Un alto funzionario afgano che ha visionato la lettera di Ghani, ha riferito che la missiva chiede di discutere opzioni per ridurre i costi e per portare la presenza militare Usa dagli attuali 14 mila militari a “un livello più efficiente”. Il 29 gennaio scorso, gli Stati Uniti hanno annunciato di aver raggiunto con i talebani un’intesa di principio per un accordo di pace in Afghanistan. Dopo sei giorni di colloqui in Qatar la scorsa settimana, i talebani avrebbero garantito di combattere contro i terroristi in Afghanistan, in cambio di un ritiro completo delle truppe statunitensi e di maggiori concessioni agli Usa, ha detto l’inviato degli Stati Uniti per l’Afghanistan, Zalmay Khalilzad. L’accordo di massima – che metterebbe fine alla guerra in Afghanistan, iniziata 17 anni fa – in una seconda fase prevede che talebani e governo afghano si accordino per la gestione del potere statale.