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Se vince Macron, quale politica per le telecomunicazioni?

Se Emmanuel Macron, candidato alle presidenziali di En Marche!, la spunterà al ballottaggio del 7 maggio su Marine Le Pen dovrà occuparsi di diversi dossier che riguardano il mercato delle Tlc in Francia. E non solo. La Tribune analizza lo scenario attuale delle Tlc in patria, individuando tre temi prioritari sul tavolo del nuovo presidente: primo, la privatizzazione di Orange; secondo, il piano di copertura a banda ultralarga del paese; terzo, il consolidamento del settore. Tre temi separati che sono però strettamente legati fra loro, senza contare i possibili risvolti in Italia, con Vincent Bollorè, che entro due mesi dovrà dire come intende sciogliere la posizione dominante certificata dall’Agcom per le quote detenute in Tim e Mediaset.

Orange va privatizzata?

Il dossier più scottante per Macron se sarà presidente, secondo La Tribune, riguarda la privatizzazione di Orange, di cui lo Stato è il primo azionista con il 23% del capitale. Il tema è caldo anche perché i soldi nelle casse statali sono pochi. Nei giorni scorsi Macron ha detto al sito specializzato Electron Libre che la partecipazione dello Stato nel capitale di Orange potrebbe “evolvere”.

“Orange non è un’azienda del settore nucleare o della difesa e nemmeno assicura un servizio pubblico in regime monopolio”, ha detto alla Reuters l’ex ministro dell’Economia del Governo Hollande, favorito per il ballottaggio del 7 maggio.

Macron ha poi precisato che lo Stato in Orange ha il ruolo di stabilizzatore dell’azionariato in un contesto che conosce delle evoluzioni importanti.

Secondo la Tribune, se lo Stato volesse disimpegnarsi da Orange, i concorrenti potrebbero aguzzare i denti e tentare di prendere il controllo della società.

Fra i grandi player due nomi tornano regolarmente di moda. In primo luogo Martin Bouygues, che potrebbe organizzare un matrimonio con Bouygues Telecom. In questo modo Bouygues potrebbe rilanciarsi nel settore della banda larga fissa.

L’altro potenziale interessato per un’operazione con Orange sarebbe certamente Vincent Bollorè.

Le sinergie potenziali di Orange con i media di Vivendi potrebbero così concretizzarsi, soprattutto in Francia con Canal+. Senza dimenticare che Vivendi controlla Tim ed è il secondo azionista di Mediaset, ma dovrà scendere in una delle due dopo il pronunciamento dell’Agcom sulla Legge Gasparri.

Bollorè ha ribadito non più tardi di due giorni fa che l’investimento in Tim è di lungo periodo, ma è pur vero che le voci (mai concretizzate) di uno scambio azionario fra Orange e Tim non sono una novità.

L’arrivo di Macron all’Eliseo potrebbe cambiare il quadro?

Troppo presto per dirlo, anche perché secondo Macron la strategia di Bollorè in Italia è personale e assolutamente non dettata dalla politica. Ma che l’Italia sia un mercato interessante per le telco francesi in cerca di nuovi ricavi lo dimostra da un lato Bollorè e dall’altro l’imminente sbarco nel nostro paese dell’operatore low cost Iliad.

 

Favorire la continuità del piano in fibra

Al momento, sempre secondo l’analisi de La Tribune, l’altro grosso tema delle tlc transalipine è la copertura del paese in fibra, nel quadro del piano ‘France très haut débit’, che prevede la posa in fibra di tutto il paese entro il 2022.

Di fatto, lo Stato, primo azionista di Orange, punta molto sul grande cantiere aperto del piano banda ultralarga, fondamentale per lo sviluppo economico del paese. Cedere ora la maggioranza di Orange ai privati potrebbe quindi sembrare un po’ contraddittorio.

E’ per questo che Emmanuel Macron, in un modo o nell’altro, dovrà comunque garantire la continuità del piano in fibra del paese. Un piano da una ventina di miliardi di euro, avviato nel 2011 da Nicolas Sarkozy e proseguito da Francois Hollande, su cui pesano ancora diverse incertezze per quanto riguarda le aree bianche del paese, quelle a fallimento di mercato, dove gli operatori privati non hanno interesse ad investire.

Il rischio di un digital divide della fibra in Francia c’è e su questo il prossimo inquilino dell’Eliseo si dovrà pronunciare anche perché gli investimenti da fare sono pesanti e tutti i player in gioco, privati e pubblici, sperano in primo luogo che il quadro regolatorio resti stabile.

Favorire o non favorire il consolidamento

E’ stata la telenovela del 2016. E ci sono forti indizi che riprenderà dopo le elezioni.

Agli occhi degli operatori, un ritorno a tre attori in gioco sarebbe ideale, con la possibilità di aumentare la torta dei ricavi e far crescere i fatturati e i margini.

E’ questo che sperano Orange e Bouygues Telecom, il cui matrimonio è fallito dopo due anni di tira e molla un anno fa. Entrambi gli operatori hanno detto chiaro e tondo che un ritorno di fiamma non è mai da escludersi a priori e che il tema potrebbe tornare attuale perché, ha precisato l’amministratore delegato di Orange Francois Richard, ci sono tanti investimenti da fare nelle reti del futuro, vale a dire fibra, 4G e 5G.

Se lo scenario di un possibile matrimonio fra Orange et Bouygues Telecom tornerà in auge lo Stato dovrà dire la sua. E in questo senso c’è da dire che all’epoca Macron, ministro dell’Economia di Hollande, contribuì non poco al fallimento della fusione fissando condizioni giudicate inaccettabili da Martin Bouygues.

C’è infine da dire che un’eventuale ritorno di fiamma fra Orange e Bouygues preoccupa non poco l’Arcep, il regolatore francese, secondo cui una fusione potrebbe nuocere agli investimenti in fibra necessari al paese.

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