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Se il sito è lento, addio clienti. L’importanza delle strategie digitali

Closeup of Computer Screen With Address Bar of Web Browser

L’idea che “basti esserci”, riferita a Internet e alla presenza del proprio marchio o della propria attività con un sito dedicato, è una delle leggende più persistenti e deleterie tra chi non ha una grande esperienza di logiche della Rete, dal piccolo artigiano alla medio-grande azienda ancora condotta in modo tradizionale. Eppure sapere di avere qualche pagina creata qualche anno fa, magari mal indicizzata e con una grafica semiamatoriale, è sufficiente a tanti per sentirsi tranquilli e per eliminare il bisogno di un qualsiasi tipo di strategia digitale, soprattutto quando il livello successivo comporterebbe tutta una serie di nuovi problemi (ad esempio con l’integrazione dell’e-commerce).

Eppure, anche senza voler dotare il proprio sito di funzionalità più complesse, alcuni accorgimenti aiuterebbero i clienti a non scegliere la concorrenza: a rivelarlo è uno studio di Fullstory, che ha intervistato 7.000 consumatori in Australia, Germania, Indonesia, Paesi Bassi, Singapore, Regno Unito e Stati Uniti per evidenziarne le logiche di comportamento quando navigano per comprare qualcosa: e la conclusione è che che gli utenti sono leali non a un brand, ma a un’esperienza, che deve per forza essere il più “liscia” possibile.

Basta che funzioni: il marchio sul web vale meno

Se c’è una cosa che la Rete ci ha insegnato in questi ultimi anni è la velocità della sua evoluzione, che trascina come un vortice tutto ciò che è collegato ad essa. L’avvento di Internet ha provocato contemporaneamente una prodigiosa accelerazione e una perdita di valore della memoria: a differenza di quello che succedeva qualche decennio fa, ora facciamo fatica a ricordarci che cos’era di moda l’anno scorso – e se ci viene in mente, ci sembra siano passati secoli, non pochi mesi – e l’archiviazione onnipresente di qualsiasi informazione, dalle foto sulla galleria del nostro smartphone ai servizi cloud, ha in qualche modo affrancato il cervello degli utenti dalla necessità di mantenere un archivio mentale.

Così, dimentichiamo spesso, e ciò che arriva da un passato anche recente ci sembra alieno: succede anche con le interfacce dei siti web, che hanno attraversato varie mode e oggi sembrano privilegiare, più che gli effetti speciali, la pulizia, lo spazio bianco, la concretezza, l’intuitività. Un’altra cosa che dimentichiamo facilmente è da chi abbiamo acquistato l’ultima volta, a meno che non sia un dominatore del mercato come Amazon o simili; se per i (residui) negozi fisici i clienti fedeli sono disposti a fare qualche chilometro in più, sul web sanno essere brutali.

Lo studio di Fullstory ha evidenziato che il 44% dei consumatori non ha particolari preferenze per l’e-shop dove compra, basta che funzioni. “Brand-agnostic”, si dice in inglese: agnostici, quando si tratta di marchio. La lealtà su Internet non conta: conta il tempo risparmiato, il prezzo più basso che da altre parti, la rapidità della spedizione.

La prima frustrazione: i tempi di caricamento del sito

Inutile dire che la navigazione mobile è oggi uno dei primi fattori, se non il primo, indispensabili per garantire un’esperienza d’uso soddisfacente agli utenti. Come sappiamo, i canoni mensili per la telefonia mobile sono crollati negli ultimi anni, e l’inflazione non ha ancora portato variazioni significative nel costo delle offerte per smartphone (in ogni caso, per trovare la più conveniente attualmente sul mercato basta usare il comparatore di SOSTariffe.it). È quindi sempre più col telefonino in mano che facciamo i nostri acquisti, e sta diventando ormai un gesto familiare per milioni di persone, quando si rendono conto che a casa manca qualcosa, tirare fuori dalla tasca il dispositivo e comprare: il tutto in pochi secondi, perché il tempo è cruciale.

Così cruciale che il 72% degli utenti intervistati per lo studio dichiara che i tempi di caricamento lenti sono la principale causa di frustrazione per i consumatori impegnati in una transazione online; al secondo posto gli errori di caricamento (63%), i link o i bottoni “morti” che non conducono da nessuna parte  (46%), i moduli che non accettano l’input dell’utente (39%) e gli errori di visualizzazione nelle pagine, i cosiddetti glitch (38%). Chiudono la classifica la navigazione circolare (i link che portano sempre alle stesse pagine, senza apparente via d’uscita) e la navigazione poco intuitiva, magari perché si è voluto puntare su un impatto grafico molto elaborato ma poco efficace.

In Rete i consumatori non perdonano

La prima priorità quando si compra, per il 76% degli intervistati, è “fare velocemente quello che sono venuto a fare”. Registrazioni obbligatorie, carrelli che non si trovano, metodi di pagamento poco flessibili: tutte cose che fanno perdere la pazienza, perché se c’è un altro negozio online che offre lo stesso servizio in un tempo ragionevole, è inutile perdere minuti preziosi.

A decenni dall’ingresso di Internet nelle nostre vite (e a quasi sedici anni dall’introduzione dello smartphone), si potrebbe dare per scontato che le aziende abbiano imparato come fare, se si parla di mantenere i vecchi clienti e trovarne di nuovo: ma circa un terzo degli intervistati dichiara di avere esperienze digitali difficili o stressanti su qualche sito o app, quindi è evidente che ci sia molto da fare. Anche perché, come si è visto, i consumatori sul web hanno una propensione assai scarsa al perdono e alle seconde occasioni: il 65% dei consumatori globali, secondo il rapporto, è infatti pronto ad abbandonare la transazione senza completarla se incontrano un problema o una frustrazione online che non fa andare le cose come dovrebbero. Non solo: il 55% dichiara che non tornerà più una seconda volta su un sito dove ha avuto un’esperienza digitale non soddisfacente.

Naturalmente, una cosa è la dichiarazione per uno studio e un’altra il comportamento reale, visto che nessuno storce troppo il naso di fronte al risparmio, e chi riesce a offrire un prezzo più basso difficilmente assisterà a un esodo di compratori potenzialmente interessati. Ma da solo, è chiaro che un prezzo vantaggioso non possa essere sufficiente. E sì, certo, a volte competere è estremamente difficile, se non impossibile, contro chi può mobilitare miliardi di dollari per rendere il proprio marketplace il più veloce, il più economico e il più semplice da usare del mondo, ma la verità è una: “basta esserci” non basta più.

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