il commento

Se il rischio regolatorio è un’opportunità per TIM: in ricordo di Franco Morganti 

di |

Se ci ritroviamo oggi a parlare di delayering della rete fissa con una certa disinvoltura, forse anche le varie Autorità dovrebbero chiedersi se il mercato terrà per davvero nei prossimi tre anni. TIM ad esempio ha qualche dubbio. 

Si è recentemente tenuto un convegno in ricordo di Franco Morganti, una delle menti più innovative della storia delle telecomunicazioni. Un evento da cui sono emerse le interessanti dichiarazioni che hanno ispirato questo lungo articolo dedicato alla sua memoria, convinto come sono che mai come adesso c’è bisogno di menti innovative per la tenuta del settore. 

Dove c’è un rischio, c’è anche un’opportunità (per qualcun altro). Veniamo da 20 anni di regole inutili che non hanno impedito abusi di posizione dominante. Lamentarsi di regole che arrivano con 5 anni di ritardo è semplicemente ridicolo, specie se a farlo è l’incumbent.  

“Guidiamo guardando lo specchietto retrovisore” si è detto. Eppure, il ritardo delle regole – intese come remedies – è un’opportunità per il soggetto passivo a cui si applicano. Perché significa sostanzialmente non avere regole. Quindi è chiaro che avere regole liquide, in ritardo, interpretate in maniera elastica, è più bello della vittoria di Samotracia.  

Lasciamo quindi che siano altri a dire che in alcuni casi è meglio il Regolamento della Direttiva, perché il procedimento è più veloce. E’ esattamente così che abbiamo depauperato il valore delle fonti europee del diritto. Le regole abborracciate hanno fatto il resto. Si procede ormai per “linee guida”, talmente elastiche che il Governo se ne impossessa per dimostrare quello che – di volta in volta – ha interesse a portare alla Commissione Europea.  

Ci sono linee guida per tutto, non è il caso che mi soffermi oltre. Cito solo quelle sugli aiuti di Stato e quelle sulla mappatura delle reti VHCN, perché le reputo centrali nel PNRR

La rete logora chi non ce l’ha: deny, delay, defend 

A sentire TIM, tutti gli operatori sono in perdita, la rete è diventata una commodity e non ci sono più margini sul fisso come sul mobile. “Se continua così il settore non ha più di tre anni”. Un disastro, insomma. Il principio per una rinascita è quello che ci ha portati dove siamo ora. Deny, Delay, Defend.  

TIM ha il dipartimento antitrust aziendale più forte del mercato e negli anni ha portato a casa successi davvero incredibili. La separazione legale volontaria della sola rete secondaria è veramente un unicum giuridico, per non parlare dell’accordo esclusivo con DAZN – un capolavoro anche questo, peccato per le condizioni economiche. Non era un gioco solitario, qualcuno ha avallato all’interno, ma anche all’esterno queste scelte. Deny, delay, defend.  

Il ritardo dei prezzi wholesale di cui anche si è parlato, forse è stato (perfino quello) un grandissimo vantaggio per TIM. La contabilità regolatoria certificata che arrivava alcuni esercizi dopo, insieme al contenzioso amministrativo che ha fatto seguito a molte delibere Agcom, ha permesso per anni di avere il retail minus tardando la cost orientation. Deny, Delay, Defend.  

Ma in conclusione vale la pena chiedersi: Qual è l’asset principale del business? La rete. La rete logora chi non ce l’ha. E’ sempre stato così. La prova? La segmentazione geografica dei remedies ha reso competitive decine di città. Tutto questo va in danno esclusivamente a chi una rete non ce l’ha e per l’accesso, deve adattarsi a condizioni commerciali. Poteva accadere già 15 anni fa? Si. E allora, Deny, delay, defend.  

Quindi se ci ritroviamo oggi a parlare di delayering della rete fissa con una certa disinvoltura – e non è la più semplice delle operazioni che si hanno in mente di fare in questo momento ma è certamente la prima – forse anche le varie Autorità dovrebbero chiedersi se il mercato terrà per davvero nei prossimi tre anni. TIM ad esempio ha qualche dubbio. 

La probabile dismorfofobia

Il problema è anche che TIM si guarda allo specchio e si vede brutta, o vede solo i difetti, non si riconosce come incumbent. E’ come un adulto che si infantilizza. “Sarei tentato di riconsegnare le frequenze 5G” significa non capire chi si è, vedersi brutti, amplificare i difetti. TIM deve interrompere questo sintomo di dismorfofobia ed avere maggiore contezza del suo potenziale che resta enorme. 

TIM deve fare scelte controintuitive: il valore è nel capitale umano 

La prima cura per interrompere il flusso negativo è smettere di andare al seguito degli altri operatori.  

I concorrenti dicono che si deve alzare il limite delle emissioni radio? TIM dovrebbe sostenere l’opposto, che il limite prudenziale è fin troppo elevato e che per sviluppare una rete 5G efficiente, è vantaggioso farlo con gli attuali limiti. Lasci che siano gli altri a chiederlo. 

Altrove si sostiene che si deve ridurre l’IVA? E’ una stupidata e TIM dovrebbe dire che non lo farà, che mai aumenterà l’imponibile se diminuisse l’IVA. E invece lo lascia dire a ILIAD. E’ come una favola sbagliata, dove c’è un lupo vestito da pastore che fa abbaiare le pecore. 

TIM potrebbe perfino pensare di uscire dalle associazioni in cui è rappresentata, come fece FIAT in Confindustria. Il diritto sindacale lo conosce meglio di tutti, lo può insegnare agli altri. Il punto è che i dipendenti devono tornare ad essere fieri di lavorare in TIM. Ripartire dalla fiducia nell’azienda, nella motivazione specifica. Quale lavoratore si sentirebbe motivato a sapere di lavorare in solidarietà, o di essere un esubero, oggetto di uno spezzatino e con un posto sempre a rischio?  

Il capitale umano di TIM è il vero punto di forza dell’azienda, non va disperso. TIM riparta da lì.