La crisi

Se i cinematografi piangono, le edicole muoiono: ogni giorno ne chiudono 3

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Nell’agenda del Governo Meloni non emerge attenzione nei confronti delle edicole, il sindacato degli edicolanti lancia un appello disperato. Perché il dossier non viene affrontato assieme da Alberto Barachini (Sottosegretario all’Editoria) e da Gennaro Sangiuliano (Ministro della Cultura)?!

Il Governo guidato da Giorgia Meloni non ci risulta abbia ancora assunto una posizione rispetto ad un problema drammatico che attanaglia il sistema culturale italiano, qual è la crisi acuta e grave delle edicole: ed è molto curioso che nemmeno i quotidiani ed i periodici (quelli ancora editi su carta) dedicano alla drammatica dinamica una qualche attenzione.

Si assiste a questa moria continua con rassegnazione, nel silenzio dei più.

Senza dubbio, il fattore primario della crisi è da identificare nell’evoluzione della fruizione di contenuti in forma digitale (ed il conseguente calo delle vendite dei giornali cartacei, che peraltro ormai da tempo hanno virato anche sull’offerta “on line”), ma si lamenta anche un sostanziale disinteresse da parte di Governo e Parlamento.

Riteniamo che le conseguenze di questa dinamica siano sottovalutate (al di là delle difficoltà delle migliaia di edicolanti e delle loro famiglie), anche perché le edicole rappresentano ancora un presidio di civiltà e di socialità, un luogo-simbolo di città, paesi e borghi, un punto di riferimento per quella parte della popolazione che non è utente del web: si ricordi che un terzo degli italiani non utilizza internet, e per lo più si tratta di persone anziane… Va segnalato (denunciato) che non tutti accedono all’informazione digitale con la stessa facilità.

Un esempio concreto e sintomatico della diffusa disattenzione: lunedì scorso 31 ottobre, il Sindacato Nazionale Giornalai d’Italia (da cui la l’acronimo Sinagi, sindacato affiliato a Slc-Cgil) ha promosso l’affissione a Roma, in decine e decine di edicole, un manifesto in 10 punti, che accusa il Governo di immobilismo.

L’unico quotidiano che ha rilanciato la notizia è stato “il Messaggero”, ma… nell’edizione locale di Viterbo!

Il Presidente provinciale del sindacato e membro del direttivo nazionale Nicola Becattini ha messo in evidenza alcuni segnali della crisi acuta in atto, definendola “cronaca di un disastro annunciato”.

In meno di vent’anni, la crisi del settore ha spazzato via la metà delle edicole della provincia: “a Civita Castellana, una città di quasi 15mila persone, da 11 sono rimaste 4… A Viterbo, la situazione non è migliore. E sempre peggio andrà. Siamo una specie in via d’estinzione; chi è riuscito a differenziarsi, resta a galla; chi non c’è riuscito affonda”.

Becattini ricorda che al settore è stato destinato un “tesoretto da 15 milioni di euro approvato dall’ultimo governo”, ma “sui tempi di distribuzione e modalità di accesso, per ora non c’è certezza”.

Eppure qualcosa con l’inizio della pandemia sembrava essersi mosso: le edicole erano state ricomprese nelle “attività essenziali” (che includevano farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, lavanderie e tintorie, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, librerie, e giustappunto edicole), e sostenute con misure straordinarie. Passati i “bonus”, però, si sono riproposti i soliti problemi, aggravati dalla ulteriore crisi delle vendite di quotidiani e periodici. Spiega ancora Becattini: “c’è una complessa situazione del mancato aggiornamento di un importante accordo nazionale, scaduto da 12 anni sul guadagno delle edicole sulle copie vendute. Una soglia di guadagno ormai irrisoria (su cui incide il drastico crollo delle vendite), che non permette più alle imprese di andare avanti: e che minaccia la stabilità non solo delle edicole ma di migliaia di famiglie”.

Il manifesto amaramente ironico del Sinagi: “Addio alle edicole”

Il “manifesto” promosso dal Sinagi affisso nelle edicole è amaramente ironico, intitolato “Addio alle edicole”.

Il Segretario Generale del Sinagi Giuseppe Marchia ha sostenuto: “il manifesto, in forma volutamente sarcastica, mette in evidenza il sostanziale silenzio che circonda la categoria. Il piccolo ma importante gesto di esporlo potrebbe essere un aiuto per aprire il confronto con governo, editori e distributori”.

Tra le richieste che il Sindacato rivolge al governo ci sono: il rinnovo dell’accordo nazionale a partire dal riconoscimento dei 10 centesimi chiesti in aggiunta agli aggi e dall’incremento di almeno 5 punti percentuali sull’aggio di tutti i prodotti per ragazzi; il mantenimento dei finanziamenti diretti e indiretti all’editoria, destinando almeno un terzo dei finanziamenti alle edicole; un piano straordinario di sostegno alle edicole, con contributi a fondo perduto oltre a stabilizzare il credito d’imposta portandolo a 6.000 euro, inserendo tra le voci da poter detrarre i costi sostenuti per l’Inps…

Il “j’e accuse” degli edicolanti

Il dito viene puntato verso una pluralità di… correi: “la Federazione editori, per non aver voluto rinnovare l’accordo nazionale, i singoli editori e i maggiori gruppi produttori di quotidiani; tutti quegli editori che spingono i cittadini ad utilizzare i siti web; gli editori di buste, bustine e giochi, card, figurine eccetera, che hanno registrato come periodico tutti questi prodotti pur di non riconoscere gli aggi migliori alle edicole”.

Il “j’accuse” continua contro “i distributori nazionali, che non hanno mai cercato di far rispettare le regole agli editori che distribuiscono, oltre a non aver mai risposto alle richieste di correzioni e chiarimenti che il Sinagi ha ripetutamente rivolto”.

Strali contro il Governo, che “ha deciso di dare ancora più soldi pubblici a chi edita on line, evitando di mantenere in vita poligrafici, cartai, trasportatori, giornalai. Ad un Governo che fino ad ora non ha voluto ascoltare la richiesta di non mettere obblighi al dover accettare pagamenti con moneta elettronica, perché per le edicole, che vendono prodotti e servizi con aggi fissi e troppo bassi, questo obbligo risulta un’attività antieconomica e perdita secca che porta alla chiusura inevitabile”.

Non esiste uno studio su questa fase della filiera editoriale: quante sono le edicole sopravvissute in Italia? Come sono distribuite sull’intero territorio nazionale? Quanti degli 8mila Comuni sono ormai senza edicole?!

Come abbiamo già segnalato in passato su queste colonne, non esiste nemmeno uno studio accurato sull’economia di questa fase della filiera: non esistono dati certi sull’andamento diacronico, e la stessa Istat non ha mai preso in considerazione questa attività, conseguentemente non risultano esistere statistiche attendibili. Incredibile, ma vero.

Un qualche dato è emerso da un’analisi Snag (Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai) –Confcommercio, basata su dati Infocamere: nel 2021, sarebbero state chiuse circa 850 edicole a livello nazionale (intendendosi per edicole le cosiddette “classiche”, quelle che sono tenute alla vendita generale di quotidiani e periodici, e non negozi di altro tipo che vendono anche giornali e riviste).

Si stima che in Italia chiudano da anni in media circa 1.000 edicole ogni 365 giorni: in sostanza, ogni giorno chiudono 3 edicole.

Se vent’anni fa se ne contavano oltre 35mila, oggi ne sopravvivono soltanto circa 10mila, molte delle quali convertite in “edicole-bazar”, sulla scia della crisi dei giornali cartacei, che negli ultimi 25 anni hanno perso oltre 5 milioni di copie vendute al giorno.

Nel 2020, è stata evitata la chiusura, grazie ad interventi emergenziali del Governo. Così commentava qualche mese fa il Presidente di Snag (il secondo sindacato, come rappresentatività nel settore) i dati di mortalità delle edicole così: “è un dato che preoccupa. Bisogna però mettere in chiaro un fatto: le misure di sostegno pubblico che sono state messe in campo dal governo hanno letteralmente “salvato” la rete di vendita. Nel 2020 non abbiamo praticamente registrato chiusure e nel 2021 (nonostante l’emergenza pandemica) sono cessate meno della metà delle edicole che avevano chiuso i battenti nel 2019. La strada è giusta. Per questo motivo, ho scritto al sottosegretario Moles chiedendo di conservare, rafforzare e implementare le misure di sostegno pubblico alle rivendite di giornali, nonché di sostenere l’apertura di nuove edicole, il turnover generazionale e l’imprenditoria femminile e giovanile nel settore. È fondamentale infatti sostenere anche la natalità di nuove edicole e avvicinare le donne e i giovani a questa attività che si sta evolvendo rapidamente in questi anni”.

Da segnalare che comunque il 28 settembre 2022 l’allora Sottosegretario all’Editoria Giuseppe Moles (Forza Italia) ha firmato un Dpcm per ripartire le risorse del “Fondo straordinario per l’Editoria” (che ha una dotazione di 90 milioni di euro), destinando 15 milioni al credito d’imposta per gli esercenti attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici. Si tratta del “bonus edicole”: iniziativa apprezzabile, ma ancora sganciata – riteniamo – da una vera politica culturale nazionale – dotata di respiro strategico – a favore delle edicole.

L’iniziativa del manifesto “Addio alle edicole” del Sinagi è stata promossa in tutta Italia, ma una ricerca sulla rassegna stampa (di fonti di monitoraggio come L’Eco della Stampa e DataStampa) evidenzia che, nell’ultima settimana, soltanto 3 testate (tre) hanno rilanciato l’iniziativa del Sinagi: incredibile, ma vero. Oltre al succitato “il Messaggero” (ma soltanto nell’edizione di Viterbo), il quotidiano locale “Il Tirreno” ed il non meno locale “Lametino.it” di Lamezia Terme.

Un potenziale socio-economico enorme, oltre che presidio di civiltà: “centro di erogazione multi-service locale”?

Il potenziale socio-economico delle edicole resta enorme, e si registrano alcune iniziative in controtendenza, promosse da alcuni Comuni (tra cui quello di Roma), che potrebbero consentire ai cittadini residenti e non residenti, senza doversi recare agli sportelli, di ottenere presso le edicole il rilascio delle stesse certificazioni anagrafiche e di stato civile attualmente comprese nella modalità di rilascio “online”. Si tratta però di iniziative non adeguatamente sostenute e non coordinate a livello nazionale.

Potenzialmente le edicole potrebbero divenire anche dei “centri servizi”, se venisse sviluppata a livello nazionale una rete di informatizzazione e di digitalizzazione dei possibili servizi: per esempio, per entrare in contatto con professionisti (un classico: l’idraulico) ed artigiani…

Alcune edicole si sono trasformate anche in una sorta di “portierati low-cost” dove si va per ritirare pacchi consegnati dalle multinazionali dell’e-commerce (ovvero Amazon), un servizio questo che garantisce un certo flusso di clienti. Altri teorizzano l’edicolante anche come “portiere di quartiere”…

Si ricordi che dal 2012, il mercato delle edicole è stato completamente liberalizzato, e – all’interno dell’edicola – può essere venduta qualsiasi categoria merceologica.

Si segnalano poi interessanti iniziative private che emergono in controtendenza, come scriveva Luigi Lupo nell’edizione del 23 gennaio 2022 di “Rolling Stones”: a Barcellona, nel dicembre 2019, tre imprenditori hanno rilevato un chiosco in Passeig Sant Joan, e lo hanno trasformato in uno spazio di incontro dove l’acquisto dei giornali è quasi solo un pretesto per incontrare gente, prendersi un caffè, degustare una bevanda…

Lo spagnolo “News & Coffee” è un modello di riferimento per la rinascita delle edicole, seguito a Milano dall’italiano Quotidiana. Il network Quotidiana ha “rivoluzionato” 15 edicole, facendole diventare un punto di incontro per tanta gente, perché è anche sportello di servizi, piccolo “market” di emergenza, e posto dove passare prima di tornare a casa. “Le edicole di Quotidiana soddisfano l’esigenza di fare la spesa sotto casa”, spiega Lupo, “non si va più dal fruttivendolo o dal macellaio o dai piccoli negozi di quartiere, pertanto i chioschi offrono la possibilità di acquistare cibo di qualità sotto casa”. “Inoltre”, spiegava Edoardo Filippo Scarpellini, Presidente del gruppo Milano Card, “i nostri edicolanti offrono servizi alla persona: in una città dove non ci sono più i portinai, gli operatori dei chioschi forniscono indicazioni per trovare personale che possa fare le pulizie, una badante, una tata o semplicemente un idraulico. L’edicola torna luogo centrale per i quartieri. Una visione che può portare ad aumentare la vendita dei giornali: chi si avvicina all’edicola per i servizi potrebbe essere più motivato a leggere i quotidiani”.

Esistono alcuni modelli di riferimento, per queste possibili “reti di prossimità”: non soltanto il succitato spagnolo “News & Coffee”, ma anche il francese “Lulu dans ma rue” e lo svizzero “Kiosk”.

Nel giugno scorso, lo stesso Scarpellini (Ceo di Quotidiana) ha annunciato un piano di rilancio per circa 40 di edicole situate a Milano e nell’hinterland. Le risorse investite sono circa 3 milioni di euro, ma l’obiettivo è arrivare a 3,5 milioni grazie alla campagna “Quotidiana. L’oasi di quartiere” lanciata su Mamacrouwd (la più importante piattaforma italiana per investimenti in “equity crowdfunding” in Italia).  

Oltre alla vendita dei giornali – dichiarava Scarpellini all’Agi – “abbiamo pensato di inserire nelle edicole anche prodotti della Gdo, dalla lasagna alle pastiglie per la lavastoviglie: 360 prodotti diversi”. Per fare questo, “abbiamo ristrutturato i chioschi, li abbiamo dotati di frigo, e ognuno con i prodotti più congeniali alla zona di ubicazione: ad esempio in Porta Genova si fa un certo tipo di assortimento, in una zona residenziale un altro”. Il Ceo di Quotidiana assicurava di aver “perfettamente rispettato la legge, che indica che il 51 % della superficie espositiva delle edicole deve essere riservata alla stampa. Ma oggi nelle edicole, c’è enorme spreco di spazio: con le nostre modifiche, rimangono tutte le testate, ma ottimizziamo gli spazi”. Un altro ramo per il rilancio è quello “della pubblicità: utilizziamo lo spazio fuori con affissioni esterne, oppure creiamo dei ‘temporary store’ dedicati”. 

L’edicola può trovare una nuova vita come “punto di servizi” o può reinventarsi mantenendo il suo aspetto fondante: la vendita di quotidiani e periodici.

A Perugia, i fondatori di Edicola 518 la concepiscono anche come luogo di attività artistiche e culturali: sulle spoglie di un giornalaio storico della città, gli attivisti di Emergenze hanno fondato un “bookshop”, che propone una scelta unica in Italia di magazine indipendenti, libri d’artista, carte anarchiche, “fanzine” e autoproduzioni…

Andrea Maggioli, sull’edizione del 1° giugno 2022 del quotidiano “Today”, si domandava se le edicole “faranno la fine delle cabine telefoniche, fantasmi metallici di un passato che più non ci appartiene?”.

E noi ci domandavamo su queste colonne, qualche mese fa, “perché nessuno sembra interessarsi della crisi delle librerie e delle edicole?” (vedi “Key4biz” del 25 febbraio 2022, “L’industria del libro esulta: +16% di valore di mercato e +19% di copie nel 2021. Cresce anche la musica”).

La domanda resta senza risposta.

Segnalavamo allora alcune punte del triste iceberg: alcuni esempi “locali”: solo a Firenze e provincia, secondo quanto risulta allo Snag (dati al gennaio 2022), nel 2015 si contavano 680 edicole, ed oggi ne sono rimaste 498: ciò significa che in sette anni ne sono scomparse quasi 200, circa un terzo… Sempre secondo lo Snag, in Basilicata negli ultimi 15 anni ha chiuso il 45 % delle edicole. È di pochi giorni fa una sintomatica notizia: i 15.000 abitanti di Roccanova, paesino in provincia di Potenza sono rimasti – incredibilmente – senza una rivendita di giornali: si è così perso un luogo di aggregazione ed un servizio di prossimità. In Provincia di Bergamo, quasi metà dei Comuni non ha più un’edicola…

Segnali veramente allarmanti.

Il dossier è nelle mani del Senatore forzista Alberto Barachini, neo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria e l’Informazione (già Presidente della Commissione bicamerale di Vigilanza sulla Rai), ma crediamo che la questione dovrebbe essere affrontata anche dal suo collega Gennaro Sangiuliano, neo Ministro della Cultura in quota Fratelli d’Italia.

A quanto ci risulta, dalla data di rispettiva nomina, né l’uno né l’altro hanno ancora speso una parola a favore delle edicole.

Eppure il tema “edicole” non rientra forse a pieno titolo nella politica culturale del Paese?!