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Scuola e sovranità digitale. Il ministro francese boccia Google e Microsoft. E in Italia?

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Il ministro dell'Istruzione francese boccia Google e Microsoft e invita le scuole ad non usare più le piattaforme. E in Italia? Un excursus sullo stato di sovranità digitale nelle scuole italiane e francesi.

Nel 2022 le autenticazioni SPID hanno raggiunto quota 1 miliardo, ha comunicato il governo. E, di recente, SPID può essere erogato anche ai minori, non più solo dai 18 anni in poi. L’utilità di SPID per gli under 18? Ad oggi non si comprende bene, perché non sono disponibili per loro tanti servizi accessibili con il Sistema Pubblico di Identità Digitale. 

Ma l’iniziativa di AgID è importante soprattutto per iniziare con SPID ad alimentare nei più giovani la cultura dell’identità digitale, della sicurezza informatica e della protezione dei dati personali. Secondo le indicazioni del Garante Privacy, dai 5 ai 14 anni SPID potrà essere utilizzato, in via sperimentale, fino a giugno 2023 e solo per i servizi online delle scuole, come per il registro elettronico. Quindi SPID per i minori come una seconda opzione per accedere al registro di classe.

Ma, secondo il nostro monitoraggio, questa funzione non è ancora attiva sui registri elettronici usati nelle scuole. La società Spiaggiari, che gestisce il registro elettronico “Classe Viva”, ci ha detto: “Non lo abbiamo attivato SPID per i minori. Devono essere gli Istituti scolastici a richiederci quest’altro accesso aggiuntivo”.

Attivarlo, invece, su tutti i registri di classe digitali sarebbe un passo importante per iniziare a far toccare con mano agli studenti uno strumento in grado di garantire loro più privacy e sicurezza informatica. 

Perché se gli studenti under 18 avessero la possibilità di accedere al registro elettronico con SPID farebbero a meno o userebbero meno le email di Google e Microsoft, che dall’inizio della pandemia Covid, le due Big Tech hanno fornito, “gentilmente” e gratuitamente a tutte le scuole italiane e di mezzo mondo.

I due giganti del web hanno poi associato agli indirizzi email altri servizi online, come Classroom, Meet, Teams, Drive, usati nella didattica ancora oggi e non solo nelle lezioni a distanza durante il lockdown.

Costarelli (Associazione Nazionale Presidi): “Se avessimo un registro elettronico di Stato con servizi come quelli di Google, non useremmo la piattaforma di Big G”

“Se i registri elettronici sviluppati dalle società italiane private avessero al suo interno servizi come quelli di Google e Microsoft noi non utilizzeremmo le piattaforme dei due giganti del web”, ci dice Cristina Costarelli, presidente Associazione Nazionale Presidi del Lazio.

“Ad oggi”, continua la preside del liceo scientifico Newton di Roma, “non abbiamo valide alternative. Con il registro elettronico è già possibile veicolare la maggior parte della comunicazione a genitori e studenti, tramite bacheca e sezioni delle comunicazioni. In teoria, si potrebbe già fare a meno di usare le email di Google, ma sarebbe più farraginoso”.

Ma se non si usasse più le email di Google e Microsoft non si potrebbe accedere a Classroom, Meet e Drive, servizi che, come detto, continuano ad essere utilizzati nella didattica.

  • Allora perché le società private italiane non implementano maggiormente nei registri elettronici servizi di videocall e cloud? Il precedente Garante Privacy, Antonello Soroaveva invitato il ministero dell’Istruzione a dare alle scuole l’indicazione di preferire il registro elettronico alle piattaforme americane e cinese. “È forse è più prudente utilizzare il registro elettronico, che pure non è privo di problemi: fra il registro elettronico e la piattaforma di una multinazionale di cui non si sa nulla”, raccomandava Soro, “è meglio nel presente dare indicazioni perché le scuole ricorrano tutte le volte che è possibile al primo”. 

L’ex Garante Privacy, infine, incoraggiava l’Italia a dotarsi di una “piattaforma pubblica gestione dati. Non possiamo continuare ad appoggiarci a strutture cinesi o americane”.

Ad oggi conosciamo la situazione. “I presidi, docenti e studenti sono lasciati dal ministero dell’Istruzione alla mercé di multinazionali gigantesche e occhiute, con le quali chi è povero, debole e solo difficilmente potrà concludere accordi che non siano capestri”, ha osservato su Key4biz la prof.ssa Maria Chiara Pievatolo.

Fine della “ricreazione” per Microsoft e Google nelle scuole francesi

“Anche dal nuovo ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, non c’è nessuna indicazione politica sul tema e se sviluppare in Italia i servizi digitali per la scuola”, ci dice Maria Laura Mantovani, nel direttivo del Movimento 5 Stelle e senatrice nella precedente legislatura.

E la distinzione è netta con il suo omologo del governo francese, che ha bocciato, pubblicamente, le piattaforme di Microsoft e Google nelle scuole. Secondo Pap NDiaye, il ministro dell’Istruzione nazionale, queste due soluzioni non sono compatibili con il GDPR, né con la strategia “cloud al centro” del governo francese e sono illegali dopo la sentenza Schrems II, con cui è stato invalidato il Privacy Shield.

“Fine della ricreazione per Microsoft e Google nelle scuole francesi”, è il senso dell’articolo della Tribune, in cui si legge che:

A seguito di una interrogazione parlamentare presentata dal deputato (ModemPhilippe Latombe, ardente sostenitore della sovranità digitale francese (ha chiesto “L’offerta gratuita di Microsoft nelle scuole non è simile a una forma di dumping e concorrenza sleale?”), il Ministero della Pubblica Istruzione si è pronunciato contro l’uso di Microsoft e Google nelle scuole, nei college e nelle scuole superiori. Invocando il rispetto del GDPR, ma anche della dottrina “cloud al centro” dello Stato o la cosiddetta sentenza Schrems 2 pronunciata nel 2020 dalla Corte di giustizia europea (CGUE), ‘il ministero ha chiesto di interrompere qualsiasi implementazione o estensione della soluzione di Microsoft e di Google’, ha risposto Pap NDiaye, il ministro dell’istruzione nazionale e della gioventù.

Quindi, ora in Francia nelle scuole non c’è, dall’oggi al domani, il divieto assoluto di usare le piattaforme gratuite di Google e Microsoft, ma c’è una forte e chiara indicazione politica del ministro dell’Istruzione, che stimola gli istituti scolastici ad usare le alternative sviluppate da società francesi. E, abbiamo scoperto, che i cosiddetti “Fab 8” francesi sono pronti a subentrare alle due Big Tech. 

In un comunicato stampa pubblicato il 22 ottobre, gli autoproclamati “Fab 8” – otto società di software francesi in grado di sostituire le suite di Microsoft 365 e Google Workplace, vale a dire AtoliaJaliosJamespotNetframeTalkspiritTwake
Whaller e Wimi, ricordano che le loro soluzioni “rispondono ai requisiti funzionali per sostituire gli attori in essere, ma anche ai requisiti in termini di sicurezza dei dati e sicurezza legale perché sovrane al 100%. E invitato l’Istruzione nazionale a implementare la dottrina del cloud dello Stato ‘molto rapidamente’ poiché le loro soluzioni sono già utilizzate da milioni di utenti”.

Tra le soluzioni alternative per la scuola francese c’è Framasoft, sviluppata da una associazione no-profit fondata nel 2004: offre gli stessi servizi di Google Classroom, ma è open source e non effettua nessun tracciamento degli studenti e dei docenti che la utilizzano. Il suo slogan è “DeGoogolizzare Internet” per evitare, tra gli altri problemi, di sorveglianza.

“Le email di Google”, osserva di nuovo Maria Laura Mantovani, “sono fuorilegge, dopo la sentenza Schrems II, perché le comunicazioni vanno in server negli Stati Uniti e sono prive di crittografia: sono contenuti in chiaro, che possono essere spiati, utilizzati per alimentare gli algoritmi di intelligenza artificiale e anche ceduti alle agenzie di Intelligence”.

Quest’ultimo grave aspetto è confermato da Google stessa in questo video ufficiale di Google for education“i contenuti o dati degli insegnanti, degli studenti o delle scuole al di fuori di Classroom non vengono mai utilizzati a scopi pubblicitari, ma possono essere ceduti se ce lo richiede la legge”.

Per approfondire:

La Francia ha il “WeTransfer” di Stato. Altre idee di sovranità tecnologica come ‘France transfert’ ne abbiamo?