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Sciopero generale di protesta in Catalogna, La Brexit e il ‘punto di non ritorno’, Macron in visita a Dubai

Crisi catalana, sciopero generale di protesta blocca strade e ferrovie in tutta la Catalogna

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – La Catalogna sta vivendo una nuova giornata di mobilitazioni e scioperi per chiedere la scarcerazione degli attivisti indipendentisti e per protestare contro l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione da parte del governo spagnolo. Lo sciopero e’ stato organizzato dal sindacato Intersindical-Csc e ha interessato almeno una trentina di strade dalle 6.00 di questa mattina. I manifestanti protestano a gran voce contro la detenzione preventiva nei confronti dei presidenti delle due istituzioni autonome catalane e dell’ex presidente catalano Oriol Junqueras insieme ad altri otto ex consiglieri. La notizia e’ stata ripresa da tutti i principali quotidiani spagnoli che seguono lo svolgersi dello sciopero e le reazioni del primo ministro spagnolo Mariano Rajoy. Lo sciopero sta interessando le principali arterie viarie della citta’ di Barcellona e la stazione ferroviaria di Girona. I Mossos d’Esquadra, le forze di sicurezza catalane, hanno comunicato che stanno lavorando per riaprire le strade bloccate dai manifestanti in tutta la Catalogna.

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Brexit, le banche Usa avvertono che si avvicina il “punto di non ritorno”

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – Le banche statunitensi che operano a Londra sono molto preoccupate per la piega che ha preso il negoziato della Gran Bretagna sul suo divorzio dall’Unione Europea, hanno confidato i propri timori all’amministrazione del presidente Donald Trump e gli hanno anticipato che si stanno preparando a tagliare nella City migliaia di posti di lavoro: lo rivela il quotidiano britannico “The Financial Times”, che riferisce di una riunione privata svoltasi negli scorsi giorni tra i manager di alcune delle principali banche di Wall Street presenti sulla piazza londinese ed il segretario al Commercio degli Stati Uniti, Wilbur Ross, a margine della sua visita ufficiale in Gran Bretagna. L’incontro si e’ svolto a porte chiuse in un esclusivo ristorante londinese venerdi’ scorso 3 novembre: cosa i commensali si siano detti e’ emerso successivamente e soltanto ora e’ stato pubblicato dal “Financial Times”. A quanto sembra dunque i banchieri statunitensi, che sin dall’inizio erano contrari all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, sono assai allarmati per l’indecisione sul post Brexit provocata dallo stallo nei negoziati con l’Ue e per le divisioni in merito all’interno del governo britannico ed hanno detto al ministro di Trump che per loro si avvicina molto rapidamente il “punto di non ritorno”: il momento in cui, cioe’, in mancanza di un chiaro scenario normativo saranno costretti a fare scelte dolorose. Nell’incontro si e’ parlato del rischio che gli istituti di credito Usa siano costretti a spostare in altri paesi europei o a rimpatriare negli Stati Uniti uffici ed infrastrutture, con il conseguente taglio nella City di Londra di 10 mila posti di lavoro nell’immediato e di 75 mila sul medio-lungo periodo. Ad accrescere i timori dei banchieri Usa, secondo quanto scrive il “Financial Times”, oltre alla debolezza dell’esecutivo britannico guidato dalla premier Theresa May sarebbe anche lo spettro dell’ascesa del Partito laburista, il cui leader James Corbyn propone una tassa sulle transazioni finanziarie ed una riforma normativa dei mercati che sarebbe punitiva nei confronti del business. I prossimi tre mesi, conclude il quotidiano, saranno decisivi per il futuro della piazza finanziaria londinese e per l’economia britannica nel suo complesso.

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Messico, ministro Esteri presenta due ricorsi per evitare a cittadino condanna capitale in Texas

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – Il governo messicano ha presentato due ricorsi alla corte d’appello del Texas che potrebbero ritardare l’esecuzione della condanna a morte per Ruben Ramirez Cardenas, cittadino messicano accusato di sequestro, stupro e assassinio della cugina di 16 anni nel 1997. L’esecuzione e’ prevista per mercoledi’ 8 e la strategia difensiva e’ quella di cercare di portare il caso alla Corte suprema degli Stati Uniti, scrive “Milenio” citando un funzionario del ministero. Il primo dei due procedimenti insiste sul modo in cui l’imputato ha reso la confessione e su come e’ stato condotto l’interrogatorio. Con il secondo ricorso si cerca invece di azzerare il veto posto dalla corte distrettuale ad effettuare un nuovo test del dna. Il ministero degli Esteri ritiene pero’ di poter giocare altre carte nel caso in cui i ricorsi non dovessero andare a buon fine. Inoltre, tramite il consolato locale, le autorita’ messicane – compreso il ministro degli Esteri Luis Videgaray – hanno consegnato 23 lettere per chiedere, senza successo, un gesto di clemenza. E finora 17 paesi hanno appoggiato la richiesta del governo messicano perche’ il Texas rispetti le decisioni con cui la Corte interamericana dei diritti umani ha chiesto di riproporre la causa. Si tratta di Australia, Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, El Salvador, Spagna, Guatemala, Nicaragua, Peru’, Paraguay, Portogallo, Svizzera e la rappresentanza dell’Unione europea.

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“Wall Street Journal”, nel mirino della lotta alla corruzione saudita il recupero di beni per 800 miliardi di dollari

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – L’inasprimento della lotta alla corruzione del governo saudita, che ha portato recentemente ad una serie di arresti “eccellenti”, mira a confiscare contanti ed altri beni per un valore di 800 miliardi di dollari (689 miliardi di euro). Lo riferisce il quotidiano “Wall Street Journal”. Sono finiti agli arresti oltre 60 principi, autorita’ e personaggi di alto livello e la banca centrale dell’Arabia Saudita ha annunciato, il 7 novembre scorso, di aver congelato i conti bancari di “persone coinvolte”, dando seguito alla richiesta del procuratore generale che si occupa dell’inchiesta. E’ la piu’ ampia “epurazione” delle e’lite saudite della storia recente, un’operazione che consentira’ anche di rimpolpare le casse dello stato. Il governo ha infatti precisato che quanto verra’ recuperato sara’ nazionalizzato, anche se non sara’ un compito facile, poiche’ gran parte del denaro si trova all’estero. Tuttavia, persino il recupero di una piccola parte sara’ utile al risanamento del bilancio dello Stato che il prolungato periodo di prezzi bassi del petrolio ha costretto a contrarre prestiti sul mercato dei bond internazionali, attingendo alla riserve estere del paese che si sono dimezzate rispetto al culmine raggiunto di 487,6 miliardi di dollari (420,3 miliardi di euro) nel 2014.

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Usa, senatori del Partito repubblicano pensano di rinviare al 2019 i tagli fiscali alle imprese

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – I leader del Partito repubblicano (Gop) del Senato statunitense stanno considerando di ritardare di un anno l’annunciato taglio permanente delle tasse alle imprese, una decisione che, per adeguarsi al regolamento della Camera alta, potrebbe rinviare una “colonna portante” della riforma fiscale Gop. Lo stop rimanderebbe il taglio permanente delle tasse per le imprese dal 35 al 20 per cento al 2019, invece che, come previsto, al 2018, rivela il quotidiano statunitense “Washington Post”. I senatori repubblicani stanno pensando di consentire comunque di dedurre dal 2018 gli investimenti di capitale nel tentativo di evitare che le imprese optino per non investire fin quando non potranno beneficiare dei tassi piu’ bassi nel 2019. Il presidente Donald Trump potrebbe chiedere che i tagli entrino in vigore come gia’ stabilito dal 2018, ma intanto si attende le versione del disegno di legge che uscira’ dalla Commissione per le Finanze del Senato il prossimo 9 novembre. La Commissione Ways and Means della Camera dei rappresentanti, competente in tema di fiscalita’ e tariffe, dovrebbe approvare la sua versione del taglio delle tasse sempre giovedi’ prossimo e poi passare, la prossima settimana, alla discussione in Aula. I due provvedimenti differiscono in alcuni punti e sia sta lavorando alacremente ad un’armonizzazione tenendo anche conto del fatto che al Senato permane il problema di una maggioranza fragile: 52 senatori repubblicani contro 48 del Partito democratico.

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Francia, dietrofront sul nucleare

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – Il ministro dell’Ambiente, Nicolas Hulot, ha annunciato che “sara’ difficile” abbassare la produzione di energia elettrica dal 75 al 50 per cento entro il 2025. Ne parla la stampa francese, sottolineando che la dichiarazione arriva proprio durante lo svolgimento della Cop23 a Bonn, in Germania. L’obiettivo era stato fissato da governo di Hollande. Hulot ha affermato che non ci sono le situazioni adatta per mettere in atto il programma. Parole che, secondo “Les Echos” suonano come una “critica” diretta implicitamente a Se’gole’ne Royale. Secondo un bilancio provvisorio pubblicato martedi’ da Rte, filiale di Edf, realizzare questo obiettivo implicherebbe la chiusura di 24 reattori. Una misura che non verrebbe compensata dall’energia eolica e solare, ancora troppo poco sviluppate. Hulot ha fatto sapere che il calendario per finalizzare gli obiettivi previsti verra’ spostato per il 2030 o il 2035. Furiosi i socialisti e i verdi, con l’ecologista Yannick Jadot che dichiara senza mezzi termini la vittoria delle “lobby del nucleare”. Critiche anche le Ong, con Greenpeace che insiste sulla riduzione del nucleare per sviluppare le energie verdi e France Nature Environnement che attacca il “procrastinare” della transizione.

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Francia, Macron in visita ad Abu Dhabi

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – Il presidente Emmanuel Macron sceglie gli Emirati Arabi per il suo primo viaggio nei paesi del Golfo. Ne parla “Le Figaro”, spiegando che il capo dell’Eliseo comincia oggi una visita di due giorni ad Abu Dhabi, dove partecipera’ all’inaugurazione del museo del Louvre. Il quotidiano ricorda come Macron nel corso della sua campagna elettorale abbia criticato a piu’ riprese il Qatar e l’Arabia Saudita sul finanziamento ai gruppi terroristici, senza mai puntare il dito verso gli Emirati. “Sostentiamo gli Emirati Arabi perche’, come noi e l’Egitto, sono impegnati nella lotta anti jihadista” ha affermato il presidente francese davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. IL quotidiano sottolinea l’importanza del posizionamento di Parigi nei confronti dell’Iran, nemico numero uno dei paesi del Golfo. La Francia e’ orientata verso una ripresa dei dialoghi, anche se Riyad per il momento rifiuta ogni contatto. A questo si aggiunge a richiesta avanzata da Macron riguardante la sospensione delle sanzioni nei confronti del Qatar. Una proposta definita “molto grave” dagli Emirati.

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Nato, ritorno al futuro

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – Era il giugno del 2011 quando il Segretario generale della Nato, il danese Anders Fogh Rasmussen, annuncio’ una riforma dell’Alleanza atlantica in vista delle sfide del futuro. Dopo sei anni, questo mercoledi’ e domani ci sara’ un incontro dei ministri della Difesa dell’Alleanza. Nel frattempo ci sono state l’annessione della Crimea da parte della Russia e la guerra nell’Ucraina orientale. Proprio per questa ragione la Nato sta tornando a rafforzare la propria presenza nei Paesi del Baltico e in Polonia. Ma per far cio’, avvertono i generali, occorre mantenere aggiornate le strutture ed occorrono piani concreti. “Si tratta di tenere conto del cambiamento dell’ambiente della sicurezza”, ha dichiarato Jens Stoltenberg, il successore di Rasmussen. Le risorse attualmente disponibili sono di 7 mila in 7 centri di comando, mentre nel 2011 erano 22 mila in 33 sedi. Il Segretario ha annunciato la creazione di due nuove sedi operative: una a Mons in Belgio e una a Norfolk in Virginia. Attualmente ce ne sono tre: a Brunssum, nei Paesi Bassi e a Napoli. Una delle nuove sedi sara’ responsabile dei collegamenti marittimi tra il Nord America e l’Europa. E’ necessario “rafforzare la nostra capacita’ di proteggere i collegamenti marittimi”, ha detto Stoltenberg. Un altro obiettivo e’ quello di assumersi la responsabilita’ di ricostituire le truppe e le attrezzature in Europa. Anche alla difesa informatica deve essere data una priorita’ piu’ elevata nell’ambito della riforma. Finora non e’ chiaro dove sara’ il nuovo centro di comando europeo, che dovrebbe essere il piu’ centrale possibile per motivi logistici. Dovrebbe essere la Germania che, come ha osservato Stoltenberg, e’ “al centro dell’Europa”. Al fine di sostenere le forze di sicurezza afgane, la Nato intende rafforzare la propria missione di formazione “Resolute Support”. Il numero di soldati e’ aumentato da 13.000 a 16.000. La maggior parte dei rinforzi provengono dagli Stati Uniti. L’ambasciatore Usa Kay Bailey Hutchison, tuttavia, ha richiesto espressamente il sostegno degli alleati. La Germania finora ha inviato solo 980 soldati.

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Germania, colloqui per formazione governo con i Verdi disponibili al dialogo

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – I Verdi tedeschi si oppongono chiaramente all’Unione di centrodestra e all Fdp (i liberali), cn cui sta negoziando la formazione di una coalizione di governo, nella controversia sulle politiche climatiche. Tuttavia, poco prima dell’inizio della seconda fase esplorativa il leader del partito Cem Oezdemir ha chiaramente espresso una volonta’ di compromesso sulla politica dell’uscita della Germania dal carbone entro il 2030. “Mi rendo conto che non possiamo far rispettare la data di fine della combustione fossile entro il 2030”, ha dichiarato Oezdemir alla “Stuttgarter Zeitung” e alla “Stuttgarter Nachrichten” questo martedi’. A tal proposito i Verdi richiedono “un chiaro impegno che faremo tutto il possibile per veicoli futuri e per ottenere una rete automatizzata e senza emissioni”. Il leader ha inoltre parlato di possibili incentivi a favore delle auto elettriche in modo da ottenere citta’ pulite. I negoziati tra i partiti entrano ora in una fase cruciale, e si vuole arrivare ad un accordo entro il 25 di novembre prossimo. Lunedi’ sera si e’ tenuto un incontro di 4 ore e mezza fra il cancelliere cristiano-democratico (Cdu) Angela Merkel, il capo dei cristiano-sociali (Csu) Horst Seehofer, il duo dei Verdi Katrin Goering-Eckardt e Cem Oezdemir, il leader dei Liberali (Fdp) Christian Lindner e il suo vice Wolfagang Kubicki. Nulla e’ trapelato al riguardo. Kubicki ha messo in chiaro che il suo partito non si oppone agli obiettivi fissati entro il 2030-2050 inerenti la protezione del clima, ma non vede attualmente come possano essere conseguiti quelli del 2020: “Non si possono interrompere interi rami dell’industria, sarebbe inconcepibile per una nazione industriale come la Germania. Non siamo stati eletti per eliminare centinaia di migliaia di posti di lavoro”, ha dichiarato alla “Passauer Neue Presse”. Il leader dei Verdi Anton Hofreiter ha invitato gli altri partiti a ulteriori compromessi: “Ci dimostriamo disposti al compromesso, in modo che tutto funzioni, ma anche gli altri devono dimostrare la stessa volonta’”, ha dichiarato alla trasmissione Morgenmagazin della rete “Zdf”.

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Italia, dopo le prossime elezioni il centro-destra dovra’ trovare altri alleati per governare

08 nov 11:06 – (Agenzia Nova) – Le elezioni politiche che si terranno in Italia verosimilmente nel marzo prossimo sembrano orientate a confermare l’attuale trend politico all’opera in Europa: lo scrive sul quotidiano britannico “The Financial Times” l’autorevole commentatore Tony Barber alla luce del risultato delle elezioni regionali in Sicilia. Secondo Barber dunque, dal ciclo di 12 mesi di elezioni svoltesi in Olanda, Bulgaria, Francia, Regno Unito, Norvegia, Germania, Austria e Repubblica Ceca sono emersi quattro aspetti principali: la vittoria dei partiti di destra; la vera e propria rotta della sinistra tradizionale; l’esclusione dei movimenti populisti dai governi nazionali; e la difficolta’ di formare stabili coalizioni di governo dopo il voto. I primi tre aspetti dovrebbero essere confermati anche dal voto della primavera 2018 in Italia; a causa della frammentazione del quadro politico italiano, pero’, dalle prossime elezioni rischia di emergere l’esito piu’ problematico di tutti. Sulla base dei risultati del voto siciliano e dei sondaggi di opinione, secondo il “Financial Times” il centro-destra italiano, anche se vittorioso, non dovrebbe riuscire a conquistare una chiara maggioranza parlamentare: per formare un governo dovra’ quindi formare una coalizione con una parte della sinistra. Il Partito democratico di centrosinistra potrebbe percio’ partecipare ad un futuro governo guidato da un presidente del Consiglio di destra; ma a quel punto, nota Tony Barber, si riproporra’ la situazione gia’ tanto spesso sperimentata nella storia dell’Italia: per quanto tempo potrebbe durare una simile coalizione di governo?

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