La competizione

Satelliti stampati in 3D, il più piccolo l’ha realizzato a casa un ragazzino indiano

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Pesa 64 grammi e si tiene nel palmo di una mano: ecco KalamSat, il più piccolo satellite realizzato in casa e per la prima volta nella storia ottenuto grazie al 3D printing in fibra di carbonio.

Grazie ad un contest internazionale della NASA, denominato “Cubi nello spazio”, oggi sappiamo che è possibile costruire satelliti fatti in casa di piccolissime dimensioni. In India, un adolescente di nome Rifath Shaarook ha costruito con il suo team di otto compagni quello che oggi è considerato il più piccolo satellite al mondo.

Si tratta del primo stampato in 3D e del peso di 64 grammi, chiamato KalamSat. Praticamente pesa poco più di una palla da tennis e lo si tiene comodamente nel palmo di una mano.

L’adolescente originario del distretto di Karur, aiutato dalla Space Kidz India, ha partecipato con il suo ‘cubo’ in fibra di carbonio rinforzata alla competizione della Nasa, riservata a ragazzi tra gli 11 ed i 18 anni, che prevedeva la realizzazione di un piccolo dispositivo satellitare all’interno di un cubo di 10 cm2, un CubSat.

Alla fine della manifestazione, gli ingegneri dell’Agenzia spaziale americana hanno preso i migliori 80 nano satelliti e li hanno inviati nello spazio a bordo di un razzo, che è stato lanciato lo scorso 22 giugno.

Il progetto KalamSat prevedeva sensori barometrici e un contatore Nano Geiger-Muller per misurare le radiazioni nello spazio: “E’ stato progettato in casa da zero – ha spiegato il giovane ingegnere indiano – con a bordo un computer e otto sensori per la misurazione dell’accelerazione, della rotazione e della magnetosfera terrestre”.

I CubSat, finora utilizzati per sviluppare programmi di ricerca e didattici, avranno una crescente importanza nell’esplorazione dello spazio, ha dichiarato David Pierce, responsabile del programma della ricerca suborbitale della NASA. In questo caso, il primo risultato è stato quello di aver avvicinato dei ragazzini alla scienza e l’ingegneria spaziale, facendoli sognare ad cocchi aperti e chissà che uno di loro, un giorno, non dia il proprio nome a qualche nuovo pianeta.