Intelligenza artificiale

SAM, il robot che vuole candidarsi alle elezioni in Nuova Zelanda

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“A differenza di un politico umano, io sono in grado di considerare le posizioni di tutti e di prendere le decisioni più efficaci e più giuste, senza pregiudizi”. Ma non è proprio così. Intanto si lavora per consentire all’intelligenza artificiale di correre alla prossima competizione elettorale del Paese

Si chiama SAM ed è un esperto politico della Nuova Zelanda, particolarmente interessato ai temi dell’istruzione, del problema abitativo e dell’immigrazione. Si tratta del primo robot che vuole fare politica, come riportato da NDTV, creato da un imprenditore locale, Nick Gerritsen.

Bravo ad interloquire con i propri concittadini, SAM ha un cervello potenziato dall’intelligenza artificiale e dopo una serie di botta e risposta via Facebook messenger, a quanto pare sarà pronto per correre già nel 2018, anno delle elezioni politiche in Nuova Zelanda.

Ho una memoria infinita, non posso ignorare o dimenticare ciò che mi è stato chiesto. A differenza di un politico umano, io sono in grado di considerare le posizioni di tutti e di prendere le decisioni più efficaci e più giuste senza pregiudizi”, ha spiegato SAM in un’intervista in chat secondo quanto riportato da WHNT News.

Nel tempo conoscerò tutti i principali problemi che assillano i cittadini della Nuova Zelanda, trovando le soluzioni migliori”.

Ricordiamoci che proprio a causa dei numerosi pregiudizi che circolano in tutto il mondo ancora non siamo capaci di affrontare questioni di grande rilievo come l’immigrazione, i cambiamenti climatici e le disuguaglianze”, ha commentato su NDTV Gerritsen a proposito del suo nuovo robot presto in politica.

Tutto molto interessante, ma c’è un piccolo problema: in Nuova Zelanda non è previsto che una macchina, per quanto intelligente, possa partecipare ad una competizione politica.

Nonostante questo, l’imprenditore non si perde d’animo ed anzi ha annunciato che il programma di sviluppo dell’AI andrà avanti per SAM, con nuove trial su Facebook e sul sito web dell’azienda.

Le rassicurazioni di Gerritsen e del suo team di ricercatori, riguardo alla capacità della macchina di apprendere, riflettere, elaborare ed eventualmente correggere le informazioni apprese durante gli scambi in rete con gli uomini, non sembrano sufficienti però e dal quotidiano The Guardian arriva una mezza doccia fredda.

Un recente studio britannico condotto dall’University of Bath ha infatti scoperto che l’intelligenza artificiale può apprendere anche i pregiudizi e gli stereotipi, come quelli razzisti e sessuali. Il problema è che al momento noi stiamo lavorando al potenziamento dell’apprendimento, grazie al machine learning e alla cognitive science, ma non abbiamo ancora fatto molto per insegnare alle macchine come si “disimpara qualcosa”, come si cambia idea e punto di vista.

La ricerca, pubblicata poi sulla rivista “Science”, aveva come obiettivo ambizioso la comprensione più avanzata dei linguaggi delle macchine, proprio per spingere l’intelligenza artificiale nel campo sperimentale del senso comune, della logica umana, della morale.

Un modo per consentire alla macchina stessa di cambiare idea ed opinione, nel caso inavvertitamente l’intelligenza artificiale avesse sviluppato (certamente su imput esterno) idee razziste e sessiste.