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Salvare Roma? Si può, ma solo con una vera rivoluzione digitale contro la burocrazia

Donato A. Limone

In questi ultimi mesi sulla più bella Capitale del mondo si è abbattuto uno tsunami: corruzione, trasporti in tilt, città sporca, qualità inesistente dei servizi ai cittadini, ecc. (con una stampa internazionale che ha amplificato, a ragione, ancor di più il tutto).

E abbiamo assistito al rimpallo delle responsabilità tra partiti, tra politici.

Qualcuno ha fievolmente fatto riferimento al problema “burocrazia” (i politici “passano”, la burocrazia resta ed in particolare la dirigenza).

Vorrei infatti spostare la “questione romana” proprio sulla burocrazia.

 

La burocrazia, un drago invincibile?

La burocrazia romana è l’elemento costante che “attraversa” tutte le giunte e tutti i programmi capitolini, con una caratteristica fondamentale: una burocrazia chiusa, inaccessibile (basta dare uno sguardo al sito web), non controllabile da parte dei cittadini (applicazione scarsa del d.lgs. 33/2013 sulla trasparenza ed accessibilità totale), scarsamente semplificata (povera legge 241/1990!?), non in rete (i cittadini non possono presentare istanze digitali con valore legale).

Una burocrazia quindi che opera sulla base di un “modello burocratico” che ha almeno 30 anni.

Una burocrazia con scarsa comunicazione tra gli uffici e con scarsa comunicazione con i cittadini.

Un modello amministrativo che opera per “dipartimenti” ma dove il concetto di dipartimento ricorda di più il vecchio concetto di “ripartizione” (anni Settanta/Ottanta) dove si operava in modalità verticale e gerarchica, con un tasso elevato di esecutività senza “consapevolezza“ e nella logica del formalismo giuridico e della operatività “per pratiche”.

 

Le radici della corruzione

La corruzione e i disservizi si sviluppano proprio in contesti non semplificati e non trasparenti: i livelli di burocrazia operano a reparti stagni, mentre si procede verso i centri decisionali; si restringono sempre più le aree informative, i dati per decidere diventano “rarefatti”.

Non basta cambiare (solo) i Sindaci e le Giunte, è necessario oggi mettere mano ad una radicale riforma del modello organizzativo di Roma Capitale.

Se il Sindaco Ignazio Marino e la nuova Giunta (ed aggiungo i sindacati) non decidono di operare in questa direzione, ci troveremo presto di fronte ad altre criticità molto forti e ancor più dannose di quelle in cui versano i cittadini romani.

Verso quale modello?

Il nuovo modello deve creare le condizioni per mettere la dirigenza e i dipendenti capitolini nella situazione di potere operare in una logica di amministrazione sostenibile e per i cittadini.

In particolare, il modello organizzativo (al di là di denominarsi “dipartimento” o altro) deve essere costruito nel rispetto di alcuni requisiti necessari:

Il rispetto di questi requisiti permetterà la costruzione di una amministrazione “nuova” e “moderna” per Roma Capitale.

Il resto è già visto ed inutile.

Il nuovo modello si chiama “amministrazione digitale” e va adottato senza esitazioni.

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