Finestra sul mondo

Russiagate e Trump Jr., Investimenti cinesi negli Usa, Gig economy, La nuova riforma del lavoro in Brasile, Migranti, We4Europe

di Agenzia Nova |

Poteri, economia, finanza e geopolitica nelle ultime 24 ore

Finestra sul mondo è una rubrica quotidiana con le notizie internazionali di Agenzia Nova pubblicate in collaborazione con Key4biz. Poteri, economia, finanza, lette in chiave di interdipendenza con un occhio alla geopolitica. Per consultare i numeri precedenti, clicca qui.

Usa, lo scandalo “Russiagate” riesplode con al centro il figlio del presidente Trump

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Torna a divampare lo scandalo “Russiagate”, che ipotizza una collusione tra la campagna elettorale dell’attuale presidente Usa, Donald Trump, e il governo russo per garantire al primo la vittoria alle elezioni dello scorso novembre. Il “New York Times” ha fatto tornare il caso al centro della polemica politica negli ultimi giorni, pubblicando una serie di indiscrezioni in merito a un breve incontro tenutosi lo scorso anno tra il figlio di Trump, Donald Trump Jr., e un avvocato russo che gli aveva promesso informazioni compromettenti in merito all’avversaria del padre nella corsa alla presidenza Usa, Hillary Clinton. L’incontro figurava gia’ tra quelli dichiarati dalla campagna di Trump, ma ufficialmente aveva riguardato questioni ordinarie della politica bilaterale Russia-Usa, come le adozioni di bambini russi e la lista nera statunitense dei cittadini russi colpevoli di violazioni dei diritti umani. Trmp Jr. ha risposto alle indiscrezioni del “New York Times” pubblicando il testo di tutte le sue email con Rob Goldstone, l’ex reporter di un tabloid britannico che lo aveva contattato per mediare l’incontro; in una mail al figlio del preside Usa, Goldstone lo sprona a incontrare l’avvocato russo affermando che le presunte informazioni sulla Clinton erano materiale raccolto dal governo russo nel tentativo di sostenere la candidatura di Trump. Trump Jr. ha reagito alle polemiche ieri pubblicando per intero il testo si tutte le sue email con Goldstone; il “New York Times” e la stampa usa in generale sottolineano in particolare un passaggio, in cui il giornalista britannico afferma che i documenti compromettenti sulla Clinton, poi rivelatisi inesistenti, “la comprometterebbero per i suoi affari con la Russia, e sarebbero molto utili a tuo padre. (…) Si tratta ovviamente di materiale altamente sensibile, ma e’ parte del sostegno della Russia e del suo governo al Signor Trump”, recita la Mail, cui il figlio del presidente Usa rispose: “Se quel che dici e’ vero sarebbe fantastico, specie dopo l’estate (nella seconda parte della campagna presidenziale, ndr)”. Dalle mail si evince che la campagna di Trump nutriva nei confronti di Clinton lo stesso sospetto di cui e’ oggetto oggi il presidente: contatti e affari indebiti con la Russia. L’incontro tra Trump Jr e l’avvocato russo Natalia Veselnitskaya, che nega ogni relazione con il governo di Mosca, si tenne il 3 giugno dello scorso anno, e duro’ appena 20 minuti, durante i quali Trump Jr. non ottenne alcuna informazione “compromettente” su Clinton, tanto che a suo dire non riferi’ nemmeno al questione a suo padre. Resta pero’ il fato – come sottolinea la stampa Usa – che Trump Jr. accetto’ senza problemi, stando alle mail da lui stesso pubblicate, l’idea di un “aiuto” da parte di un governo estero per influenzare la campagna elettorale statunitense. Secondo la stampa Usa, “Washington Post” in testa, le accuse di collusione tra la campagna di Trump e la Russia vengono cosi’ finalmente avvalorate da elementi concreti. E tra i Democratici, molti accusano addirittura il figlio del presidente di “tradimento”, un reato per cui il diritto Usa contempla la pena di morte. Anche i Democratici, pero’, sembrano essere ricorsi agli stessi metodi, scrive il “Wall Street Journal”, che ricorda i dossier ucraini pubblicati prima e dopo le elezioni in cui Paul Manafort, manager della campagna di Trump, veniva accusato di collusione con la Russia.

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Il fondo sovrano cinese da 800 miliardi cerca opportunita’ di investimento negli Usa

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – China Investment Corporation, il fondo sovrano cinese che vanta una disponibilita’ di capitale di 800 miliardi di dollari, ha lamentato ieri un ostacolo: il governo statunitense. Il fondo ha sollecitato le autorita’ Usa ad ampliare gli spazi di accesso al primo mercato mondiale, limitando i controlli e i limiti che gravano sugli investitori istituzionali cinesi. “Speriamo che il governo Usa ci conceda un ambiente di investimento piu’ liberale, equo e non discriminatorio”, ha dichiarato il direttore del fondo, Liu Fangyu. In un certo senso, scrive il “New York Times”, gli interessi del fondo cinese e quelli degli Stati Uniti sono allineati: China Investment Corporation ha una predilezione per gli investimenti nelle infrastrutture, un’area in cui l’amministrazione del presidente Usa Donald Trump sta tentando di far convogliare capitali privati. Il flusso di capitali cinesi in ingresso negli Usa, pero’, solleva preoccupazioni legate all’influenza esercitata dal governo di Pechino. Alcuni funzionari della Casa Bianca e parlamentari vogliono espandere i poteri della Commissione sugli investimenti esteri negli Stati Uniti, un organismo governativo multi-agenzia che di fatto dispone del potere di annullare accordi di investimento per ragioni di sicurezza nazionale. Questo genere di preoccupazioni riguardano anzitutto settori particolarmente sensibili come quelli tecnologico e della difesa, ma talvolta suscitano preoccupazione anche quelli immobiliare e dell’intrattenimento. La Commissione include funzionari dei dipartimenti di Stato, della Difesa, della Giustizia, del Tesoro e della Sicurezza interna, e supervisiona accordi di investimento che coinvolgono fondi sovrani e altri grandi investitori stranieri. I criteri e le modalita’ che dettano l’attivita’ della Commissione sono piuttosto opachi, scrive il “New York Times”, ma negli ultimi anni l’organismo governativo ha bloccato diversi accordi, specie nel campo dei semiconduttori. Ad oggi gli usa sono gia’ il primo recipienti degli investimenti operati da China Investment Corporation, che nel paese, e in particolare nel suo mercato finanziario, ha impegnato ad oggi circa 90 miliardi di dollari. Lo scorso gennaio l’allora presidente del fondo, Ding Xuedong, ha espresso l’intenzione di estendere il portafoglio degli investimenti negli Usa ai settori immobiliare, infrastrutturale e tecnologico. Li Weiwei, direttore delle relazioni pubbliche del fondo, ha riferito ieri al “New York Times” che recentemente il colosso cinese ha operato investimenti negli Usa in uffici e nel settore della logistica, senza pero’ quantificarli. Nel suo rapporto annuale relativo al 2016, pubblicato sempre ieri, China Investment Corporation dichiara un ritorno del 6,2 per cento sui suoi investimenti globali, che porta il volume complessivo dei suoi asset a 813,5 miliardi di dollari.

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Il Regno Unito cerca di affrontare il problema della gig economy

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – In evidenza sul “Financial Times” il rapporto della commissione presieduta da Matthew Taylor sulla cosiddetta gig economy, il modello economico basato sul lavoro a richiesta, non continuativo. Su incarico del governo del Regno Unito, la commissione ha proposto una serie di correttivi: se attuati, potrebbero significare malattia e ferie pagate per i lavoratori, pur mantenendo la flessibilita’ sul salario minimo. Taylor, gia’ consulente dell’ex primo ministro Tory Blair, ha formulato, in particolare, sette raccomandazioni. Innanzitutto occorre un intervento normativo per definire con chiarezza chi e’ un lavoratore: un occupato con uno status intermedio, con meno diritti di un dipendente ma piu’ di un lavoratore autonomo; questo status, che potrebbe essere chiamato di “collaboratore dipendente”, dovrebbe essere definito in base al controllo e alla supervisione esercitati dal datore di lavoro. In secondo luogo, a questi soggetti andrebbe garantito almeno il salario minimo, sulla base della tariffa a cottimo. Il terzo punto riguarda la fiscalita’: il governo dovrebbe risistemare la tassazione del lavoro, allineando le imposte secondo il tipo di occupazione: cio’ significa che le imprese dovrebbero versare contributi per i lavoratori classificati come “collaboratori dipendenti”. Per i lavoratori a zero ore, inoltre, dovrebbe essere valutata l’introduzione di un salario minimo piu’ alto e del diritto di richiedere un contratto a tempo determinato dopo un anno; l’obiettivo e’ scoraggiare l’impiego di persone senza ore garantite. Il documento, poi, suggerisce l’abolizione della scappatoia legale nota come “deroga svedese”, che permette ai datori di lavoro di pagare gli interinali meno dei dipendenti anche se svolgono le stesse mansioni. Un altro intervento legislativo raccomandato e’ quello volto a rafforzare l’informazione e la consultazione dei dipendenti da parte dei datori di lavoro: attualmente questi diritti scattano su richiesta del dieci per cento del personale, soglia che dovrebbe essere ridotta al due e comprendere anche i collaboratori. Infine, ma di particolare importanza, dovrebbero essere estesi i diritti alla retribuzione di ferie e malattia; inoltre, i lavoratori che intendono chiedere il riconoscimento di status in tribunale non dovrebbero pagare per l’avvio del procedimento e per questi casi dovrebbe essere prevista l’inversione dell’onere della prova.

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Brasile, dopo il black-out via libera alla riforma del lavoro

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Al termine di una sessione particolarmente convulsa, il Senato brasiliano ha approvato la delicata riforma del lavoro, un provvedimento che il governo considera centrale per le sorti economiche del paese. Un sospiro di sollievo per il presidente Michel Temer, in un periodo che lo vede protagonista – in negativo – per le richieste di rinvio a giudizio e per gli indici di popolarita’ ai minimi. La riforma, che cambia in profondita’ una normativa che risale agli anni 40, passa con 50 voti favorevoli, 26 contrari e una astensione. Il testo e’ quello approvato dalla Camera: sostanzialmente inviso ai sindacati e – riferiscono i media locali – guardato con un certo favore non solo dagli imprenditori, ma anche dagli operatori di mercato internazionali. L’approvazione, nonostante i numeri finali, e’ stata tutt’altro che pacifica. Al momento di discutere il progetto di legge, i senatori della minoranza hanno occupato la presidenza del Senato impedendo il proseguire dei lavori. Il presidente dell’Aula Eunicio Oliveira ha deciso di interrompere la seduta e immediatamente ha staccato la corrente: l’emiciclo e’ rimasto al buio e i microfoni hanno smesso di amplificare. Una manciata di parlamentari ha deciso comunque di non abbandonare l’aula finendo nelle fotografie di una protesta celebrata nella penombra che hanno occupato le colonne delle testate dei quotidiani nazionali. L’immagine del black-out finisce per essere “una metafora di cio’ che il paese sta vivendo”, osserva il quotidiano “Jornal do Brasil” compilando il parere di diversi analisti sulla situazione del Brasile, stretto tra la lenta uscita della crisi economica e la travolgente bufera giudiziaria che si e’ abbattuta sulla classe dirigente. Senza appello il verdetto: “tutto si sta sgretolando”. Il provvedimento introduce, tra gli altri punti, il lavoro intermittente e il lavoro da casa, concede agli accordi collettivi la possibilita’ di prevalere sulla legge, annulla l’obbligatorieta’ del contributo sindacale e permette che una serie di capitoli – salari, premi, incarichi – possa essere rimessa alle trattative tra le parti. La riforma attende ora la promulgazione del capo di Stato. Perche’ il Senato potesse accogliere il testo nella versione uscita dalla Camera, evitando una navetta che avrebbe ritardando l’entrata in vigore di un provvedimento che l’esecutivo ritiene cruciale, Temer ha promesso alla sua maggioranza che porra’ il veto ad alcuni punti ancora non graditi, introducendo modifiche sotto forma di misure provvisorie di accompagnamento alla legge.

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L’ad di Innology Peter Terium pubblicizza il suo progetto “We4Europe”

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – In una lunga intervista rilasciata al quotidiano economico “Handelsblatt” Peter Terium, amministratore delegato di Innogy, parla della sua iniziativa “We4Europe” a sostegno del processo di integrazione europea, a cui hanno aderito altre 11 aziende, tra cui Airbus, Lufthansa e Volkswagen. “L’iniziativa”, sostiene Terium, “non ha nulla a che fare con la politica di partito, ma con una responsabilita’ sociale”. Il manager afferma di aver concepito l’iniziativa dopo il voto dei cittadini britannici per l’uscita dall’Unione Europea e in risposta al crescente sentimento euroscettico nel Continente, come contributo alla solidita’ dell’Unione europea che “da molti decenni garantisce pace e prosperita’”. ‘iniziativa, puntualizza Terium, ha a che fare con Innogy e con le altre grandi aziende che vi aderiscono in quanto societa’ europee, che pongono proprio l’Europa e la dimensione comunitaria al centro del loro business. Di qui la decisione di uno sforzo comune teso a sostenere quelle basi politiche, sociali ed economiche su cui poggia il progetto comunitario: una missione cui hanno aderito Deutsche Bank, Bmw, Volkswagen, Airbus, Lufthansa, Lanxess, Thyssen-Krupp, Ibm, Axel Springer e Rwe. Ai dirigenti di queste compagnie e di altre ancora ha scritto direttamente lo stesso manager olandese, il quale ha specificato che non tutte le aziende contattate hanno aderito, o perche’ il loro orientamento e’ globale, piu’ che prettamente europeo, o perche’ restie ad una iniziativa di questo genere. “Nei prossimi mesi abbiamo in programma un evento congiunto a Berlino con diverse altre societa’”, precisa Terium, 53 anni, dal 2012 ad di Rwe, ora a capo di Innogy con 40 mila dipendenti e 43 miliardi di fatturato. “Sarei felice se in Europa ci fosse una politica energetica uniforme. Dobbiamo molto all’Europa. In essa i vantaggi superano gli svantaggi”, e continua, “Abbiamo bisogno di piu’ Europa e dobbiamo parlare con una sola voce, agendo in modo coordinato”. Il manager si definisce “figlio dell’Europa” perche’, a suo dire, deve la sua carriera proprio all’Unioen continentale All’interno di Innogy e’ stato lanciato un intenso dialogo sull’argomento e se ne discute anche fra i dipendenti, parlando anche di cio’ che nell’Unione andrebbe riformato. “Alla fine”, e’ convinto Terium, “la maggioranza silenziosa prevarra’”. Particolare attenzione e’ rivolta all’Europa dell’Est, dove lo scetticismo sull’Unione e’ maggiore, e al Regno Unito, dove Innogy e’ presente. Uno degli argomenti comuni e’ il costo della transizione energetica, oppure quello del libero commercio internazionale, ma anche la questione politica dei rifugiati. I manager, secondo l’ad di Innogy, si devono occupare dei temi socialmente rilevanti e farsi carico delle responsabilita’ che derivano dalla loro influenza economica.

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L’Europa e’ preoccupata per la stabilita’ dei Balcani

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Ancorare ancora di piu’ i Balcani occidentali all’Unione Europea e’ l’obbiettivo del processo di Berlino lanciato nel 2014: lo ricorda il quotidiano economico francese “Les Echos” presentando il quarto vertice di quel processo che si tiene oggi mercoledi’ 12 luglio a Trieste con la partecipazione dei sei paesi “facilitatori” (Germania, Austria, Croazia, Slovenia, Francia e Gran Bretagna) ed i sei paesi candidati all’adesione all’Ue (Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia); una riunione resa ancora piu’ delicata, riferisce il corrispondente dall’Italia di “Les Echos” Olivier Tosseri, dalle preoccupazioni espresse dall’Alta rappresentante europea per gli Affari esteri, Federica Mogherini, per l’instabilita’ della regione al termine della visita che vi ha compiuto nello scorso mese di marzo. Al vertice di Trieste la priorita’ saranno quindi le questioni geopolitiche, con l’Ue che accusa la Russia di fomentare le tensioni politiche nei Balcani allo scopo di ostacolarne e ritardarne l’adesione di quei paesi all’Ue ed alla Nato. Ma si parlera’ anche di questioni economiche, dei temi dello sviluppo delle infrastrutture che collegano i Balcani all’Europa, dell’energia e dell’innovazione; sara’ evocata anche l’idea di una “unione doganale regionale”. Parallelamente agli incontri piu’ propriamente politici, a Trieste si terra’ un “business forum” con la partecipazione della Banca europea per gli investimenti (Bei), la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Berd), il Fondo europeo di investimento e la Western Balkans Investment Framework: in dieci anni, la BEI ha finanziato 28 miliardi di euro di progetti, mentre la Berd ha investito 2 miliardi di euro per la modernizzazione delle infrastrutture. Stabilita’ economica e politica nei Balcani vanno di pari passo, commenta Tosseri su “Les Echos”.

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Regno Unito, per la Camera dei Lord l’Operazione Sophia non ha frenato il flusso di migranti e ha aggravato i rischi

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Un rapporto della commissione Affari esteri della Camera dei Lord del Regno Unito, riferisce il quotidiano britannico “The Times”, conclude che l’Operazione Sophia, la missione navale lanciata nel 2015 dall’Unione Europea, non e’ riuscita a contrastare il traffico di migranti nel Mar Mediterraneo e, al contrario, ha contribuito ad aggravare il bilancio delle vittime. Secondo la relazione dei Pari, la distruzione delle barche dei trafficanti, invece di essere un deterrente, ha fatto si’ che i migranti salpassero dalle coste libiche in condizioni piu’ rischiose. Almeno 4.851 persone sono morte l’anno scorso durante la traversata dalla Libia all’Italia, il 42 per cento in piu’ rispetto al precedente, a fronte di un incremento del 18 per cento dei partenti, 181.436. Dall’inizio di quest’anno altre 2.150 persone sono morte. Molto alto anche il numero delle vite salvate dalle forze navali dell’Ue: 33.830 dall’inizio della missione. La Gran Bretagna, coinvolta nell’operazione per decisione del governo di David Cameron, ha impegnato a rotazione diversi mezzi della Marina Militare e sostenuto un costo di sei milioni di sterline l’anno scorso. I membri della camera alta si esprimono contro il rinnovo del mandato anti-scafisti per l’anno prossimo, che probabilmente invece sara’ confermato il 27 luglio, mentre appoggiano la prosecuzione dell’attivita’ di ricerca e soccorso dei migranti; danno parere favorevole, inoltre, alla proposta europea di lanciare una missione di politica comune di sicurezza e difesa per la Libia.

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Mediterraneo, una nave contro l’immigrazione

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Un nave di 40 metri, la “C-Star” affittata da un gruppo militante di estrema destra, e’ in rotta per il Mar Mediterraneo con l’obbiettivo di lottare contro l’immigrazione clandestina al largo della Libia: lo riporta il quotidiano francese “Le Figaro” citando un comunicato pubblicato ieri martedi’ 11 luglio dalla rete europea Generazione identitaria (Gi). L’operazione, battezzata “Defend Europe” (“Difendiamo l’Europa”) e’ condotta dalle sezioni italiane, francese e tedesca di GI, che hanno raccolto 87 mila dollari (76 mila euro) grazie ad una colletta lanciata alla eta’ di maggio su internet nonostante una campagna contraria che ha spinto i servizio di pagamenti online Paypal a congelare il loro conto: i fondi raccolti da un migliaio di donatori hanno permesso di affittare la “C-Star” ed il suo equipaggio, che sono partiti alla fine della scorsa settimana da Gibuti, domani giovedi’ 13 luglio dovrebbero attraversare il Canale di Suez e la settimana prossima imbarcare dei militanti di Gi a Catania prima di raggiungere la zona dei soccorsi al largo della Libia. L’obbiettivo e’ di “mostrare il vero volto delle Ong sedicenti umanitarie, la loro collaborazione con le mafie dei trafficanti di uomini e le conseguenze mortali delle loro azioni in mare”, spiega Cle’ment Galant in un video diffuso da Gi sulle reti sociali: “nel corso della nostra missione, quando incroceremo i barconi carichi di clandestini chiameremo i guardiacoste libici perche’ possano venire a soccorrere i migranti mentre noi veglieremo sulla loro sicurezza”, ha aggiunto; l’obbiettivo di dell’operazione di Gi e’ che i migranti siano riportati in Libia. La Guardia Costiera italiana tuttavia considera che la Libia non offra alcun “porto sicuro” in base al diritto marittimo e continua ad organizzare il trasferimento verso l’Italia dei migranti soccorsi sotto il suo coordinamento. “Salvando delle persone e facendo ostacolo alla rete dei trafficanti, possiamo salvare l’Europa e salvare delle vite allo stesso tempo” sostiene un portavoce di Gi-Italia. Diverse Ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare hanno gia’ espresso la loro preoccupazione per l’arrivo di questa nave, che si aggiunge alla volonta’ del governo italiano di imporre loro un severo codice di condotta; in Francia un ente governativo ha d’altronde gia’ denunciato l’operazione di Gi alla magistratura, sostenendo che si tratterebbe di un “invito alla discriminazione” che comporta il rischio di commettere reato di ostacolo ai soccorsi in mare. Intanto l’Agenzia per le frontiere dell’Unione Europea (Frontex) ed i paesi membri dell’Ue che partecipano all’operazione “Triton” nel Mar Mediterraneo ieri martedi’ 11 luglio hanno accettato l’idea di modificarne le regole di ingaggio avanzata dall’Italia, senza tuttavia arrivare ad ammettere che i migranti raccolti in mare possano essere sbarcati in porti non italiani: lo scrive il quotidiano francese “Le Figaro”, riferendo che al termine di un incontro tecnico tenuto ieri a Varsavia Frontex ha annunciato che un gruppo di lavoro sara’ creato immediatamente per preparare un nuovo piano operativo di “Triton”; il piano, precisa un comunicato, sara’ successivamente sottoposto ai paesi europei partecipanti per l’approvazione finale.

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Argentina, esordisce l’indice di inflazione nazionale: per Macri parziali buone notizie

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Dopo anni di attesa, l’Argentina scopre finalmente i dati nazionali sull’andamento dei prezzi. E le notizie, per il governo di Mauricio Macri, sono parzialmente positive. L’istituto nazionale di statistica (indec) ha presentato ieri i dati dell’indice dei prezzi al consumo (ipc), il primo che compila informazioni dell’intero paese. Nel passato, prima che i governi Kirchner cancellassero il dato nazionale, le province tendevano a fotografare ognuna per conto suo l’andamento dei prezzi, denunciando grandi differenze socio economiche tra la regione di Buenos Aires, la piu’ popolosa del paese, e il resto dell’Argentina. Il nuovo indice diventa parametro cruciale per misurare le prestazione dell’economia argentina: sara’ quello che il governo adottera’ per adeguare i bilanci pubblici e sincronizzare i pagamenti, e che la Banca centrale osservera’ per capire se si stanno rispettando o meno gli obiettivi di settore. E servira’ a misurare il “Coeficiente de Estabilizacio’n de Referencia”, il parametro sul quale si calcolano molti degli interessi su prestiti e mutui bancari. A giugno i prezzi sono saliti dell’1,2 per cento su mese, un decimo in meno di quanto non avessero fatto a maggio, ma oltre la meta’ dell’incremento registrato ad aprile (2,6 per cento). Numeri che fanno dire all’esecutivo di essere nella direzione giusta per il controllo di un fenomeno che continua a gravare sul paese. Al tempo stesso pero’, sembra allontanarsi la possibilita’ che il 2017 si possa chiudere con un tasso di inflazione accumulata entro il 17 per cento, soglia minima fissata dal governo di una finestra che arriva al 20 per cento. Ad oggi l’indice accumulato arriva all’11,8 per cento e perche’ l’ambizioso obiettivo cui punta Macri si realizzai, da qui alla fine del mese i prezzi non dovranno salire, in media, oltre lo 0,76 per cento. Il tema e’ di assoluta priorita’ nell’agenda politica nazionale. basti pensare al braccio di ferro sostenuto per mesi da governo e sindacati della scuola per l’adeguamento degli stipendi alla quota dell’inflazione. L’esecutivo proponeva di rimboccare la busta paga del 18 per cento, i sindacati puntavano al 36 per cento, l’accordo e’ arrivato dopo estenuanti trattative al 27,4 per cento, comunque sopra la meta prevista a fine 2017. In vista delle legislative di ottobre, riferiscono i media locali, gli uomini della maggioranza non parlano piu’ del raggiungimento sicuro del risultato, ma del fatto che, intanto, l’inflazione e’ radicalmente scesa rispetto ai livelli del 2016.

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Germania, cresce l’attrazione per i fondi azionari “sostenibili”

12 lug 11:25 – (Agenzia Nova) – Molte persone in Germania hanno sviluppato una coscienza per tutto cio’ che e’ “verde” e per la sostenibilita’ ambientale, ma la percentuale degli investimenti in prodotti finanziari “sostenibili” per il momento e’ inferiore al tre per cento del totale. Mancano informazioni per i tedeschi che vogliono investire i propri risparmi o i fondi per la loro pensione secondo criteri ecologicamente e socialmente sostenibili, che stando a sondaggi citati dal settimanale “Spiegel” sono un terzo del totale. E’ anche difficile valutare l’effettiva sostenibilita’ dei prodotti finanziari sul mercato: nel settore finanziario e’ possibile utilizzare la dicitura “verde” o “eco compatibile”, o ancora “secondo i requisiti minimi di legge” su una gran quantita’ di prodotti. La “Non-Profit-Organisation Carbon Disclosure Project” (Cdp) ha quindi realizzato assieme a Iss-Ethix Climate Solutions” la prima classe climatica al mondo per fondi d’investimento, che consente per la prima volta di valutare i fondi azionari in base al loro impatto ambientale. Il fondo valuta se la sua corporate-governance tiene conto dei cambiamenti climatici o meno. Le aziende valutate dalle due organizzazioni sono certificate da “foglie verdi”, e tutte quelle incluse nella classifica ne hanno 4 o 5 (il massimo). “Per la prima volta gli investitori possono valutare gli impatti climatici dei loro fondi e valutare i loro investimenti”, ha dichiarato l’ad e fondatore della Cdp, Paul Dickinson. Nel complesso sono state esaminate centinaia di migliaia di azioni e la loro compatibilita’ ambientale. Aziende come Ryanair sono fra le peggiori per l’incidenza delle emissioni inquinanti, ma ancora peggiore, come prevedibile, e’ la valutazione riservata alle compagnie attive nel settore degli idrocarburi. I migliori risultati sono stati ottenuti da aziende come Microsoft per le basse emissioni di CO2 e per la riduzione della diffusione di gas serra. La convinzione che i sistemi ecocompatibili siano meno redditizi e’ molto diffusa tra gli investitori, ma secondo Susan Dreyer, direttrice del comparto Europa della Cdp, e’ esattamente il contrario. Tra i fondi peggiori ci sono quelli che investono in carbone e petrolio, ma societa’ come Rwe hanno poco peso sul mercato azionario tedesco, al contrario del comparto farmaceutico con aziende come Sap e Bayer che sono risultate invece piu’ rispettose del clima.

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