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Russiagate, Mattarella in Argentina, Crisi politica Venezuela, Brexit, Interferenze e spionaggio

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Usa, generale Flynn pronto a testimoniare su presunti legami con la Russia in cambio dell’immunita’

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – Il generale Michael Flynn, ex consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione presidenziale Trump costretto alle dimissioni dopo poche settimane, a causa delle conversazioni telefoniche non dichiarate con l’ambasciatore russo a Washington, Sergej Kisliak, e’ pronto a testimoniare di fronte alla commissione d’Intelligence del Senato Usa, che ha assunto l’iniziativa delle indagini sui presunti legami tra la campagna di Trump e la Russia. Lo ha confermato il legale dell’ufficiale, Robert Kelner, dopo le indiscrezioni diffuse dal “Wall Street Journal”. Flynn, ha spiegato il suo legale in un comunicato, “ha certamente una versione da raccontare, ed e’ deciso a farlo, a patto che le circostanze lo permettano”. Stando a fonti anonime del congresso citate dal “Wall Street Journal”, i legali del generale e la commissione d’Intelligence stanno negoziando una “immunita’” da “ingiusti processi”. Nelle ultime settimane quattro altri collaboratori della campagna di Trump, oggetto delle indiscrezioni di stampa in merito ai presunti legami con la Russia, si sono detti disponibili a testimoniare di fronte alle commissioni di Camera e Senato per chiarire la loro posizione. Nel suo comunicato, Kelner afferma che le accuse non sostanziate e le allusioni di stampa ed esponenti politici, secondo cui Flynn sarebbe responsabile di “tradimento”, costringono il suo assistito a negoziare forme di tutela. “Nessuna persona ragionevole che goda di consulenza legale”, ha scritto Kelner, “accetterebbe di sottoporsi a un interrogatorio in un clima di caccia alle streghe cosi’ esasperato senza adeguate garanzie contro un ingiusto processo”. Dopo le sue dimissioni da consigliere per la sicurezza nazionale, Flynn era stato contestato per alcune partecipazioni retribuite a dibattiti ed eventi pubblici organizzati da soggetti russi come “RT”, precedenti alle sue attivita’ nel contesto della campagna elettorale del presidente Trump.

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Argentina, un presidente italiano in visita dopo 16 anni

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – Sergio Mattarella sara’ a Buenos Aires il prossimo 7 maggio. Si tratta della prima visita di un capo di Stato italiano dal marzo 2001, quando sul suolo argentino sbarco’ Carlo Azeglio Ciampi. La missione, scrive il quotidiano “La Nacion”, segna un nuova passo in avanti nelle relazioni tra i due paesi dopo una fase “turbolenta”, dovuta soprattutto alle conseguenze del default subite dai possessori del cosiddetti “tango bond”. Mattarella era atteso in Argentina gia’ lo scorso luglio, nell’ambito di un tour nei paesi latinoamericani interrotto pero’ dagli attentati a Dacca, in Bangladesh, che costarono la vita a nove italiani. Nell’agenda del capo di Stato, che proseguira’ poi il viaggio alla volta dell’Uruguay, visite a centri di interesse culturale e scientifico legati all’Italia e una serie di incontri istituzionali tra cui quello con il presidente argentino Mauricio Macri, il cui padre – noto imprenditore – e’ nato a Roma e sbarcato oltreoceano all’eta’ di diciotto anni. Prima della missione, il 21 aprile, il ministro degli Esteri argentino Susanna Malcorra sara’ in Italia per un incontro con il Papa e con il suo omologo Angelino Alfano con cui celebrera’ la conclusione dei lavori della commissione bilaterali che da ottobre lavora per “fotografare” lo stato delle relazioni tra Roma e Buenos Aires.

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Venezuela, “autogolpe” di Stato: sospeso il potere legislativo del parlamento

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – Luis Almagro, segretario dell’Organizzazione degli stati Americani e ultimo di una lunga serie di nemici giurati di Nicolas Maduro, lo ha definito un “autogolpe” di Stato. Il Tribunale supremo di giustizia (TsJ), organo controllato dal governo venezuelano, ha sospeso le funzioni legislative dell’Assemblea nazionale assegnandole temporaneamente alla propria Sezione costituzionale o a un organo da questa indicato. Il presidente del parlamento Julio Borges ha chiesto all’esercito “di reagire” contro la sentenza e di infrangere il silenzio dinanzi alla “rottura dell’ordine costituzionale”. Raccomandazione che molte capitali delle due Americhe hanno gia’ raccolto con manifestazioni piu’ o meno esplicite di protesta. Per la verita’ l’Assemblea, controllata dalle opposizioni, e’ da tempo privata di un suo riconoscimento: a gennaio del 2016 il Tsj, e il governo, avevano infatti censurato la decisione di insediare tre deputati la cui elezione sarebbe stata viziata da brogli. Il fatto nuovo, ratificato nella sentenza che ridistribuisce il potere di legiferare “per garantire lo Stato di diritto”, e’ la presa di posizione del parlamento a favore delle denunce internazionali sulla mancanza di democrazia nel paese. Un organo istituzionale non puo’ schierarsi contro lo Stato, ricorda Caracas che nei giorni scorsi aveva gia’ rivisto il sistema delle immunita’ parlamentari. Con un gesto teatrale ripreso in video e diffuso sulla rete il presidente del Parlamento Borges ha impugnato i fogli della sentenza del Tsj e li ha strappati: per noi “e’ spazzatura”. Lunga la lista delle reazioni internazionali. Solo per citarne alcune, il Peru’ ha deciso il ritiro definitivo del proprio ambasciatore, il Cile ha chiamato a consultazione il proprio diplomatico e il presidente argentino Mauricio Macri, incontrando Lilian Tintori, moglie del prigioniero politico Leopoldo Lopez, ha lanciato un appello al Venezuela per “ricomporre l’ordine democratico”. Quanto visto a Caracas “e’ un autentico colpo di Stato” e il passo indietro del Venezuela “verso la dittatura costituisce una tristissima notizia”, si legge in un editoriale del quotidiano spagnolo “El Pais”.

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Brexit, l’Ue elabora una dura presa di posizione sull’accordo di transizione

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – I leader dell’Unione Europea, riferisce il “Financial Times”, si preparano ad assumere una posizione dura nei negoziati per la Brexit: la bozza delle linee guida del Consiglio europeo, che dovranno essere adottate dai 27 in un vertice il mese prossimo, insiste per un “approccio graduale” nelle trattative, respingendo la richiesta della premier del Regno Unito, Theresa May, di negoziati paralleli sulle condizioni di uscita e sull’accordo commerciale. Il documento richiede un “sufficiente progresso” sulla questione del “ritiro ordinato” prima di parlare delle relazioni future. Cosa piu’ preoccupante per Londra, vengono indicate in modo inequivocabile le condizioni per la fase di transizione: nel caso di prolungamento dei negoziati, l’insieme di diritti e obblighi, del mercato unico, dovranno essere applicati “gli strumenti regolamentari, di bilancio, di vigilanza e di attuazione esistenti”. I dettagli saranno oggetto di discussione tra i diplomatici europei nelle prossime settimane, ma i principi sono sostenuti dalla Germania, dalla Francia e da altri importanti Stati membri. Secondo fonti diplomatiche, semmai e’ piu’ probabile un inasprimento che un ammorbidimento. Dovra’ essere chiarito, per esempio, che cosa si intende per “sufficiente progresso”, riguardo agli oneri finanziari o ai diritti dei cittadini. Una volta approvato il testo, la Commissione proporra’ un mandato negoziale, un documento di lavoro piu’ dettagliato con le priorita’ e gli obiettivi per il capo negoziatore, Michel Barnier. Dopo la fase relativa al ritiro, probabilmente le linee guida e il mandato negoziale saranno aggiornati. La bozza stabilisce sei principi: “equilibrio” tra diritti e obblighi; “autonomia” della regolamentazione e dell'”ordine giuridico” dell’Ue; indivisibilita’ delle quattro liberta’ di circolazione, compresa quella dei lavoratori; integrita’ del mercato unico. In sintesi “un paese non membro dell’Unione, che non rispetta gli stessi obblighi di appartenenza, non puo’ avere gli stessi diritti e godere degli stessi vantaggi di un membro”. Vengono anche menzionati controlli sulla concorrenza e i sussidi e misure contro il dumping fiscale, in risposta alla minacce britanniche sulle tasse. Una breve sezione e’ dedicata al rispetto degli impegni finanziari: legali, di bilancio e passivita’. Si auspica, comunque, il raggiungimento di un’intesa, senza la quale si aprirebbe uno scenario dannoso per entrambe le parti. Infine, un’apertura a un accordo-ponte, ma “le disposizioni transitorie devono essere chiaramente definite, limitate nel tempo e soggette a efficaci meccanismi di attuazione”.

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Regno Unito, il brutale incontro con la realta’

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – E’ dedicata alla Brexit la copertina dell’ultimo numero del settimanale britannico “The Economist”, con un’illustrazione di Theresa May, premier del Regno Unito, in guantoni da pugilato su un ring sotto il titolo “La negoziatrice”. A nove mesi dal voto referendario per lasciare l’Unione Europea, l’iter e’ cominciato. Per meta’ della popolazione il giorno della notifica di uscita e’ da celebrare, per l’altra meta’, compreso l’autorevole periodico, e’ desolante. Ora il futuro di entrambe le parti, Ue e Gran Bretagna, e’ nelle mani della leader di Downing Street. Le trattative saranno sicuramente difficili. Il periodo negoziale e’ breve. Il compito di revocare l’appartenenza e’ spaventosamente complesso. Ne’ una parte ne’ l’altra e’ ben preparata. Negli elettori britannici sono state alimentate aspettative non realistiche. Il primo contatto con la realta’, la perdita dell’accesso al principale mercato del paese, sara’ traumatico. Il negoziato potrebbe finire senza un accordo, a meno che May non convinca i Brexiter a fare concessioni. Il tempo e’ ancora piu’ stretto di quanto possa apparire: ci vorranno settimane solo per discutere delle modalita’ del processo. L’Ue vuole prima definire le condizioni di uscita, comprendenti punti cruciali come i diritti dei cittadini e il bilancio, e poi l’intesa commerciale. Il Regno Unito vuole che si proceda parallelamente. Nulla sara’ concordato prima delle elezioni politiche in Germania, a settembre. La ratifica richiedera’ sei mesi. Alla fine resta un anno. La priorita’ di May e’ rispettare la promessa della campagna “Leave” di “riprendere il controllo” mettendo fine alla liberta’ di circolazione delle persone e alla giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Ha riconosciuto che cio’ significa lasciare il mercato unico, “un errore” secondo la testata. Anche controllando l’immigrazione, la Gran Bretagna non sara’ in grado di ridurre significativamente gli ingressi senza danneggiare l’economia, come alcuni esponenti del governo iniziano ad ammettere. Inoltre, e’ sbagliato pensare che possa esistere una relazione col mercato unico che comporti tutti i vantaggi dell’appartenenza e nessuno dei costi. E’ vero che i britannici hanno votato per frenare l’immigrazione e riconquistare sovranita’, ma non hanno votato per diventare piu’ poveri, come accadrebbe con una Brexit “dura”. Benche’ l’esecutivo abbia fatto marcia indietro su alcune politiche, e’ improbabile che ora cambi corso, essendo “alla merce’ dei Brexiter e della stampa euroscettica”. Piu’ May insistera’ sul controllo dell’immigrazione e sull’uscita dalla giurisdizione della Cgue, meno l’accesso al mercato europeo sara’ libero da barriere. Su un accesso senza tariffe al mercato delle merci le parti possono trovare un accordo, ma i principali ostacoli non sono ne’ i dazi ne’ i controlli doganali: sono le barriere non tariffarie, gli standard, i regolamenti e le norme sugli aiuti di Stato; accettare tutto cio’ significa anche accettare un arbitro, la Corte europea di giustizia. La piu’ pericolosa delle illusioni di May e’ l’idea che nessun accordo sia meglio di un cattivo accordo. Operare secondo il regime dell’Organizzazione mondiale del commercio danneggerebbe gravemente l’economia britannica: significherebbe tariffe e barriere non tariffarie su quasi meta’ delle esportazioni. Una rottura aspra renderebbe piu’ difficile cooperare negli affari esteri e nella difesa e accrescerebbe il rischio dell’indipendenza della Scozia. May deve non solo abbassare i toni, come ha cominciato a fare questa settimana, ma abbassare le aspettative. Invece di minacciare i partner di creare “una Singapore sul Tamigi” o accennare a un indebolimento nella cooperazione per la sicurezza o sostenere che l’Ue ha bisogno del Regno Unito ora piu’ che mai, dovrebbe accettare che in questa partita ha la mano piu’ debole e dovrebbe essere piu’ flessibile sul saldo dei conti, argomento schivato nella lettera di invocazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Poiche’ nessun paese ha mai concluso con l’Ue un accordo commerciale in meno di due anni, dovrebbe accettare anche un’altra conseguenza: che occorre un assetto di transizione per evitare un precipizio nel marzo del 2019, un prezzo che varrebbe la pena pagare per ottenere una Brexit migliore. Il tono conciliante della notifica potrebbe indurre gli interlocutori a essere piu’ accomodanti. Purtroppo, in un negoziato contro il tempo e con le parti cosi’ distanti, c’e’ il rischio di massimizzare il danno invece di ridurlo al minimo.

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Gli Usa preoccupati per possibili interferenze russe nelle elezioni francesi

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – Il quotidiano “Le Figaro” fa il punto sulle preoccupazioni negli Stati Uniti per una ripetizione in paesi alleati come la Francia e la Germania di interferenze russe come quelle che sarebbero avvenute nel corso delle elezioni presidenziali: un articolo a firma del corrispondente da Washington del “Figaro”, Philippe Ge’lie, cita in particolare il senatore repubblicano della Carolina del Nord che presiede la commissione Intelligence del Senato Usa, Richard Burr, secondo cui “si puo’ ragionevolmete pensare che i russi siano attivamente implicati nelle elezioni presidenziali e parlamentari francesi”. Burr tuttavia non ha fornito particolari sulla natura esatta dei suoi sospetti, limitandosi a parlare di una generica minaccia di “campagne di disinformazione e di pirataggio di informazioni da utilizzare successivamente per la loro loro propaganda” e non ha voluto rispondere a quanti gli hanno chiesto se avesse inviato alla Francia una messa in guardia specifica. Tuttavia a Washington ha fatto molta impressione il recente incontro al Cremlino tra il presidente russo Vladimir Putin e la leader francese di estrema destra Marine Le Pen: “Siamo potenzialmente sul punto di avere due importanti paesi europei in cui la Russia perturba la scelta dei massimi dirigenti; uno sforzo che e’ insieme assai visibile ed tuttavia dissimulato in Francia ed in Germania, come del resto e’ gia’ accaduto in Montenegro ed in Olanda”, ha dichiarato il senatore Burr. Lo stesso allarme e’ stato lanciato dallo speaker della Camera dei Rappresentanti, il repubblicano Paul Ryan: “In maniera manifesta la Russia e’ sul punto di immischiarsi nelle elezioni dei nostri alleati”, ha detto; “Noi dobbiamo andare in fondo alla questione ed aiutare i nostri alleati a fronteggiare questa invasione di campo”, ha ammonito.

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Germania, monta la polemica per lo spionaggio dei servizi segreti turchi

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – Proseguono le polemiche in Germania in merito alle vaste attivita’ di spionaggio effettuate dai servizi segreti turchi sul territorio nazionale. Il capo gruppo parlamentare dell’Spd, Thomas Oppermann, ha denunciato apertamente il “fallimento” dei Servizi tedeschi. Il ministro dell’Interno, Thomas de Maizie’re (Cdu), ha respinto le critiche, ma il presidente della commissione parlamentare che indaga sullo spionaggio dell’Nsa statunitense, Christian Flisek, ha sposato la linea di Opperman, affermando che “il controspionaggio tedesco e’ sottodimensionato”. Flisek ha aggiunto che e’ poco chiaro se il controspionaggio tedesco fosse al corrente delle operazioni effettuate dai servizi turchi in Germania, emerse soltanto perche’ proprio i servizi di Ankara hanno spontaneamente consegnato ai loro colleghi di Berlino una lsta degli individui sorvegliati. L’esperto della Csu, Stephan Mayer, ha difeso il ministero dell’Interno ed elogiato il controspionaggio tedesco. L’elenco di 300 nomi consegnato 2 settimane fa al capo dei Servizi Bruno Kahl, in occasione della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, contiene anche il nome di due parlamentari donne: Michelle Muentefering dell’Spd e Emine Demirbueken-Wegner della Cdu. Entrambe sono state associate all’oppositore del Presidente turco Erdogan F. Gulen. Secondo il ministro dell’Interno de Maizie’re, l’elenco consegnato al Bnd potrebbe costituire una deliberata provocazione, non essendoci prove concrete di spionaggio del Mit in Germania. Resta pero’ il fatto che il documento contiene la lista di centinaia di persone fisiche e giuridiche, corredato di una serie di dati e informazioni personali. Anche secondo il deputato dei Verdi Oezcan Mutlu quella turca e’ stata una volontaria provocazione. L’esperto di questioni interne della Csu, Hans-Peter Uhl, ha rivolto pesanti accuse contro il ministro dell’Interno della Bassa Sassonia, Boris Pistorius (Spd). “Il fatto che Pistorius abbia reso pubblica questa vicenda tramite una conferenza stampa rappresenta una grave debacle dei servizi di intelligence”, ha dichiarato all'”Handelsblatt”.

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Francia, requiem per il Partito socialista

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – François Hollande lascera’ il Partito socialista (Ps) nello stesso stato in cui François Mitterrand l’aveva trovato agli inizi degli anni Settanta: a pezzi, senza un leader, senza un progetto, senza strategia e senza alleati? Se lo chiede il quotidiano progressista “Le Monde”, nell’editoriale secondo cui questa e’ la strada che il Ps sembra aver intrapreso; il clamoroso sostegno di Manuel Valls al candidato “indipendente” di centrosinistra Emmanuel Macron in effetti secondo il “Monde” non e’ che l’ultimo episodio di una crisi ben piu’ grave. Aldila’ infatti della scelta dell’ex primo ministro socialista di non sostenere il candidato ufficiale del partito Benoit Hamon, delle bordate di insulti che hanno accolto il suo mancato rispetto dell’impegno che lui stesso aveva preso nel quadro delle primarie del Ps dello scorso gennaio e della guerra aperta che cosi’ ha scatenato, nel prendere la sua decisione Valls ha fatto una constatazione brutale ma esatta: la strategia di Hamon “porta alla marginalizzazione” del Ps. Largamente surclassato nei sondaggi da Macron e superato persino dal leader dell’estrema sinistra Jean-Luc Me’lenchon, il candidato socialista sembra condannato al fallimento del quinto posto al primo turno delle elezioni presidenziali, il 23 aprile prossimo: lo spettro di un crollo socialista comparabile a quello del 1969 plana ormai sulla sua campagna elettorale. L’umiliazione sarebbe terribile ma dopotutto logica, secondo l’editoriale del “Monde”: il Ps infatti soffre di diverse terribili malattie che tutte insieme possono rivelarsi mortali. E la principale e’ quella ideologica, che ora lo vede stretto nella morsa fatale tra il campione di una sinistra “non-sottomessa”, Me’lenchon, ed il centrosinistra post-moderno di Macron.

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L’America rurale sopravvive con gli assegni di invalidita’

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – La “Washington Post” dedica un articolo al boom di cittadini statunitensi delle comunita’ rurali, perlopiu’ bianchi, dipendenti dagli assegni di invalidita’ dello Stato. Quasi un terzo degli adulti in eta’ da lavoro nell’America rurale, denuncia il quotidiano, ricevono assegni mensili di invalidita’: un dato che piu’ di un’impennata delle disabilita’, conferma lo stato di gravissima depressione sociale ed economica in cui versa quel che resta della classe lavoratrice bianca del paese. La crisi del settore manifatturiero e dell’agricoltura statunitense ha alimentato la piaga della tossicodipendenza, che ha raggiunto negli ultimi anni proporzioni senza precedenti. E i maschi bianchi, specie quelli non laureati, sono l’unica componente della societa’ statunitense ad aver registrato, negli ultimi anni, una vera e propria impennata del tasso di mortalita’ e una drastica contrazione dell’aspettativa di vita. I bianchi sono falcidiati dalla depressione, dalla dipendenza da psicofarmaci e sostanze stupefacenti e da una serie di patologie e piaghe sociali in cui li ha gettati uno stato ormai generalizzato di vera e propria miseria economica. Tra il 1996 e il 2015, il numero degli adulti statunitensi in eta’ da lavoro dipendenti dagli assegni di invalidita’ e’ balzato da 7,7 a 13 milioni. Quest’anno, scrive la “Washington Post”, l’assistenza ai disabili costera’ al governo federale 192 miliardi di dollari, piu’ del totale destinato ai sussidi alimentari, al welfare e all’edilizia popolare. 133 contee su 136, tra le maggiormente affette dalla piaga delle disabilita’, sono rurali, anche se la maggior parte dei recipienti di assegni di invalidita’ vivono nelle periferie e nei centri urbani. Queste contee sono concentrate soprattutto tra il nord del Michigan attraverso il Missouri e agli Appalachi, sino al Profondo sud del paese. La maggior parte delle persone che chiedono di accedere ai sussidi sono disoccupate, e del resto un’occupazione a tempo pieno le priverebbe del diritto all’assegno di invalidita’. Spesso la concessione degli assegni di invalidita’ coincide con l’uscita permanente dalla forza lavoro.

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Il mondo ha intrapreso una corsa generale al riarmo

31 mar 11:35 – (Agenzia Nova) – Il timore di una corsa al riarmo globale era gia’ stato espresso dal vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel (Spd) all’inizio di marzo, in occasione della sua visita al Cremlino, a causa delle crescenti tensioni tra la Nato e la Russia. “Siamo preoccupati che si possa scivolare in una nuova spirale di riarmo”, aveva dichiarato Gabriel. 23 dei 28 paesi membri della Nato si sono impegnati ad aumentare la loro spesa militare, portandola al 2 per cento dei rispettivi Pil nazionali entro il 2024: il che significa, secondo uno studio dell’Istituto di studi strategici di Londra (Iiss) una spesa complessiva di quasi 100 miliardi di dollari. Tale corsa agli armamenti e’ una realta’ gia’ da anni per la Cina di Xi Jinping, che secondo l’Iiss avrebbe destinato alle due Forze armate cifre ben superiori a quelle ufficialmente dichiarate: circa 200 miliardi di dollari sino al 2015, il 40 per cento in piu’ delle cifre iscritte a bilancio. Anche il Giappone ha aumentato il bilancio della Difesa a 44 miliardi di euro. L’Arabia Saudita ha aumentato la sua spesa militare da 80,7 a 85,4 miliardi di dollari, una cifra pari a quasi il 13 per cento del suo Pil. La Germania ha progressivamente ridimensionato le sue Forze armate dopo la fine della Guerra fredda. Dai circa 490 mila effettivi del 1980 alle attuali 178 mila unita’. Oggi si avverte un’inversione di tendenza in tutto il mondo. La tecnologia ha fatto irruzione negli scenari bellici, e con essa i colossi tecnologici e informatici come Google, Amazon e Microsoft che spendono piu’ di 50 miliardi di dollari per lo sviluppo di cosiddetti prodotti a duplice uso. Gli Stati Uniti si confermano di gran lunga i principali acquirenti di armamenti. Per il prossimo anno il Governo degli Usa ha in preventivo un aumento di spesa di 54 miliardi di dollari. Trump vuole pero’ aumentare anche il numero di navi da guerra statunitensi, da 275 a 350. Gli Usa, secondo l’Iiss, destinano alla difesa quanto Cina, Russia, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia assieme, circa 600 miliardi di dollari. Mosca non e’ rimasta a guardare, ed ha avviato un ambizioso processo di ammodernamento delle sue forze armate, con sistemi moderni come il missile da crociera Ssc-8. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato nel 2010 l’acquisto di armi per 500 miliardi di euro, e la Russia si e’ dotata in pochi anni di un Esercito professionale tornato in grande efficienza. L’Europa, pur riluttante, e’ stata trascinata in questa tendenza globale. La Germania da sola, dovrebbe arrivare a spendere fino a 25 miliardi di euro in piu’ l’anno. Quest’anno il bilancio e’ previsto in aumento a circa 37 miliardi, con un aumento dell’otto per cento sul 2016. Un aumento fino a oltre 20 miliardi e’ considerato pero’ illusorio nonche’ indesiderabile da parte del ministro degli Esteri Gabriel. Gli esperti militari sono d’accordo nell’affermare che sarebbe opportuno concentrarsi sul rafforzamento della capacita’ d’intervento della Nato. Dello stesso parere Wolfgang Ischinger, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Roderich Kiesewetter (Cdu) ritiene che dovrebbe esserci una difesa nucleare europea, o altrimenti tedesca. Ma finora e’ il solo a pensarla cosi’. Clemens Fuest, ex capo del Ifo Institute di Monaco, avverte che aumentare la spesa per la difesa sottrae denaro per istruzione, ricerca, salute, infrastrutture e tutela dell’ambiente.

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