Radici artificiali crescono

Piccoli robot crescono come le piante: made in Italy il progetto Ue ‘Plantoid’

di |

Un team guidato dall’italiana Barbara Mazzolai è riuscito a realizzare delle radici artificiali che, proprio come quelle delle piante, reagiscono agli stimoli, si incurvano per evitare ostacoli o metalli pesanti, cercano acqua o altre sostanze nutrienti.

“Creare una tecnologia che migliori la qualità della vita”. È questo è il sogno della biologa e ricercatrice italiana Barbara Mazzolai, impegnata, insieme a un team di scienziati e ricercatori, in un progetto molto particolare: la creazione di radici artificiali in grado di replicare perfettamente le funzioni delle radici delle piante in termini di movimenti, ricerca dell’acqua, intelligenza distribuita e, cosa più interessante, la capacità di crescita.

Gli scienziati hanno già prodotto un prototipo per dimostrare i risultati del loro lavoro, partito dallo studio del comportamento delle radici nel terreno, nel loro ambiente naturale: proprio come le radici vere, quelle artificiali reagiscono agli stimoli, si incurvano per evitare ostacoli o metalli pesanti, cercano acqua o altre sostanze nutrienti.

Più facile a dirsi che a farsi: come ha spiegato al sito inventorspot Mazzolai, ricercatrice senior dell’Istituto Italiano di Tecnologia e coordinatrice del progetto europeo Plantoid, “le radici vivono e si evolvono in un ambiente molto complesso, nella profondità del terreno. Devono applicare un’enorme pressione per crescere e crescono solo dalla punta, attraverso quella che chiamiamo osmosi. Acquistano massa prendendo acqua dal terreno, assorbendo elementi in esso contenuti e sono in grado di espellere materiali e cellule morte. Allo stesso tempo producono una sorta di muco che le aiuta a crescere e a estendersi sotto terra”.

Studiando questo complesso meccanismo, gli scienziati sono comunque riusciti a ideare un meccanismo che permette a robot di penetrare nel terreno e acquisire massa: le radici robotiche, insomma, sono cresciute e si sono allungate imitando il modello di sviluppo di quelle vere.

Nella sede apicale dei robot, in sostanza, sono stati integrati dei sensori in grado di decodificare e leggere le informazioni provenienti dall’ambiente circostante o da oggetti esterni e di comprendere qual è la pressione cui sono sottoposti.

Le applicazioni del progetto ‘Plantoid’, ha spiegato Mazzolai, sono tante e diverse a cominciare dal monitoraggio ambientale: le radici robotiche possono essere usate per individuare sostanze potenzialmente pericolose, come metalli pesanti o radon, nel terreno o, integrando anche dei sensori in grado di individuare tracce di ossigeno, potrebbero essere preziosi anche in operazioni di soccorso, per rintracciare persone sepolte sotto le macerie in seguito a un terremoto o altre calamità. O ancora per sminare terreni, cercare il petrolio o esplorare lo spazio. In un futuro un po’ più lontano, potrebbero esserci risvolti importanti anche in campo medico.