La proposta

Riforma Rai, Appello Donne e Media: ‘Priorità a governance e contenuti’

di Gabriella Cims, Promotrice Appello Donne e Media |

Le ultime dichiarazioni del Premier Renzi, che ha ipotizzato il riscorso al decreto d’urgenza per la riforma Rai, riaccendono il confronto. Quale futuro per la Tv pubblica?

Riforma Rai. Ormai ci siamo, visto che ad aprile scade il mandato triennale attribuito a questo consiglio di amministrazione attraverso la procedura della legge Gasparri, tutt’ora in vigore. E qui è il punto: il governo ha espresso chiaramente la volontà di dare avvio alla riforma della tv pubblica, facendola ovviamente coincidere con una rinnovata procedura nella composizione della governance. Per fare ciò, occorre superare la “procedura Gasparri” ancora indicata nel Testo unico della radiotelevisione dal decreto legislativo 177 del 2005, e rimasta invariata anche a seguito del decreto legislativo 44 che, nel marzo 2010, ha recepito la direttiva europea Servizi di Media Audiovisivi, la 2007/65/CE.

Per cambiare una legge, a rigor formale, occorre un’altra legge

Ma i tempi lunghi, prevedibili per attuare l’iniziativa parlamentare, avrebbero come conseguenza la necessità di dover nominare il nuovo board della tv pubblica con la medesima procedura in vigore da dieci anni. Di contro, il decreto governativo dovrebbe essere utilizzato solo per effettivi motivi di necessità e urgenza, come indicato dalla Costituzione.

Dunque il governo, dopo le recenti interviste rilasciate dal premier Renzi, dovrà analizzare quali spazi ci siano per l’una o l’altra via.

Il punto più interessante, tuttavia, è un altro e sarà capire verso quale servizio pubblico l’azione riformatrice del governo ci condurrà.

 

La riforma deve partire da governance e contenuti

Ci sono due aspetti su cui ragionare: la governance e i contenuti.

Sul primo, il premier ha indicato l’obiettivo che il governo dell’azienda, «oggi nelle mani di procedure burocratiche complicatissime, diventi più efficiente e più efficace». L’orientamento che emerge dalle prime ipotesi circolate è la creazione di un amministratore delegato, un cda ridotto, dai 9 membri di oggi a cinque, nominato in base a criteri che lascino la titolarità al Parlamento ma prevedano meccanismi per garantire indipendenza dai partiti; la riforma del canone, per ridurre l’evasione; l’anticipo del rinnovo della convenzione concessa all’azienda RAI, in scadenza nel 2016.

Uno dei temi importanti sarà capire quale ruolo giocherà la “Fondazione” che si prospetterebbe per garantire l’indipendenza dai partiti, se essa avrà competenza sulle scelte strategiche della nuova tv pubblica, oltre che di vigilanza sull’attività del consiglio, come peraltro accade nel modello della BBC, cui si fa riferimento.

Il tema fondamentale va oltre la governance

La nuova Rai saprà giocare il ruolo di “grande motore dell’identità educativa e culturale del Paese”, come annunciato da Renzi?

Qual è il terreno principale su cui dovrà confrontarsi in un mercato, quello dei servizi audiovisivi che viaggiano su diverse piattaforme, in cui internet, Google, Netflix, concorrono parallelamente?

Se è vero che la sfida è riuscire a “esportare”, sistematicamente e non per caso, la partita più importante, allora, si gioca sui contenuti. Su questo l’azienda deve mettere in campo il suo grande patrimonio, tecnologico e professionale, recuperando competitività, se realmente si mira a farle svolgere il ruolo di “riferimento culturale in Europa”.

Informazione, intrattenimento, talk show, fiction, tutta la produzione dovrà essere improntata all’obiettivo di riconquistare il terreno perso in questi ultimi anni.

Abbiamo mai esportato un format di intrattenimento?

Quanti ne importiamo?

Può la Rai rafforzare il sistema di produzione creativa, anche al suo interno, visto le potenzialità che ha?

Nuove regole e nuovi contenuti, sono i due binari su cui viaggerà la sfida di una Rai più forte, dentro e fuori i confini nazionali. Ma il governo dovrà saper dar voce alle esigenze emerse con forza in questi anni dalla società, oltre che dagli addetti ai lavori.

Gli italiani, le italiane, le donne, gli uomini, i giovani si riconoscono ancora nella tv pubblica? Fanno molta fatica.

Eppure, proprio attraverso il servizio televisivo pubblico, si potrebbe operare una grande operazione politico-culturale, di “emersione del merito sommerso” e rilancio della fiducia collettiva nel futuro, oggi ridotta ai minimi termini.

L’Appello Donne e Media

E’ per questo che, dal 2009, la rete di associazioni nazionali ed internazionali, di rappresentanze professionali di diversi settori della società, che sostiene l’Appello Donne e Media attraverso la campagna web lanciata dal quotidiano key4biz, è riuscita ad imporre all’agenda politica la prima riforma di genere del servizio pubblico, introducendo nel 2011, per la prima volta nella storia dei 60 anni della Rai, 13 impegni per l’azienda a trasmettere “programmi che rappresentino i diversi ruoli che la donna svolge nella società, rispettandone la dignità umana, culturale e professionale”.

A partire dal potenziale femminile sommerso, occorre una narrazione collettiva che riaccenda i riflettori sulle capacità delle persone.

 

Il Talent sul merito

Il gruppo di lavoro dell’Appello Donne e Media, in questi anni ha consolidato un approfondimento continuo, in tema di contenuti e regolamentazione del comparto audiovisivo, con interlocutori del mondo scientifico e della comunicazione, tra i quali il Censis-cultura, le scienziate dell’Enea, l’Osservatorio interuniversitario di genere, Pubblicità Progresso.

Abbiamo elaborato una proposta concreta, che abbiamo proposto al governo inviando una lettera sottoscritta dai componenti del gruppo di lavoro dell’Appello, per un’iniziativa in grado di far giocare alla Rai un ruolo forte di servizio pubblico, di Tv al servizio della collettività: il primo concorso pubblico audiovisivo, un Talent sul merito costruito con le Università italiane.

Possiamo andare oltre i pacchi da vincere, le canzoni e il ballo: la tv pubblica che offre una chance per il futuro anche a chi fa altro e magari, nonostante la crisi, ha studiato e ha un progetto innovativo. L’azienda avrebbe un ruolo centrale di volano facendo interagire i candidati, le università, le aziende che mettono a disposizione gli stage remunerati, le banche disposte a finanziare i progetti migliori.

Tutti soggetti oggi poco in grado di interloquire, come dimostra la fuga di cervelli e l’alto tasso di giovani disoccupati.

Sarebbe bello. Incentivante. Formativo. Esportabile in mille lingue.

Sarà la Rai del futuro?

Lettera Aperta al Premier Renzi

Sottoscrivi la lettera a Renzi

Hanno Firmato l’Appello