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Rifiuti elettronici, in Europa più del 50% della parte in plastica non è riciclata

I rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) hanno un’elevata componente in plastica, che dovrebbe essere riciclata, come tutte le altre sue parti di scarto. Ma non è così.

Secondo un nuovo studio Sofies, società di consulenza per la sostenibilità ambientale, in Europa la parte in plastica dei Raee per un buon 50% non è inserita in percorsi di riciclo e riuso.

Dove finisce la plastica non riciclata

Questo cospicuo volume di scarti in plastica, proveniente dai Raee, finisce infatti o in percorsi di riciclo sbagliati, o in impianti non adatti, o in discarica, o più semplicemente bruciato, senza nessun controllo diretto sulle emissioni inquinanti generate da queste pratiche inappropriate o del tutto illegali.

Lo studio suggerisce alle Istituzioni dell’Unione europea di vietare senza mezzi termini l’esportazione di queste materie plastiche verso Paesi terzi, ottenendo due vantaggi: un pieno recupero di materie prime lavorate da riutilizzare in nuovi cicli produttivi; un consistente taglio delle emissioni inquinanti; contributo diretto alla tutela degli ecosistemi; nuovi posti di lavoro.

Oltre tutto, la plastica in questione è composta di diversi elementi fortemente nocivi per la nostra salute ed inquinanti, che una volta rilavorati per ottenere nuovi prodotti (molte volte impianti inadatti vengono comunque utilizzati per trasformare prodotti riciclati in nuova merce, non rispettando in questo modo le più elementari regole in termini di sicurezza della salute e sicurezza ambientale) portano sempre con sé un elevato tasso di tossicità.

Componenti dannose per la nostra salute e l’ambiente

Esempio ne sono i ritardanti di fiamma bromurati e le sostanze chimiche di cui sono composti. Si pensi alla plastica per imballaggi, a quella per alimenti o con cui si realizzano giocattoli per bambini, secondo lo studioso Kevin Bradley, Segretario Generale dell’International Bromine Council, è sempre più evidente la presenza in questi prodotti di composti chimici estremamente pericolosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente.

I ritardanti di fiamma bromurati vengono utilizzati per prevenire gli incendi nei prodotti di elettronica. I più tossici sono stati tolti di mezzo negli anni 2000, ora noti come “legacy additives“, ma molti altri sono ancora consentiti e dovrebbero essere riciclati con processi speciali.

Ogni anno si producono 2,6 milioni di tonnellate di plastica derivante dai Raee. Il 9% di questa plastica contiene ritardanti di fiamma bromurati. Tanta della plastica che arriva agli impianti di riciclaggio porta con sé molte di queste sostanze pericolose.

Di questi prodotti speciali solo il 2% è riciclato, il resto viene incenerito e inviato ai cementifici. Il perché è nel costo dell’operazione: i prodotti nuovi sul mercato costano molto meno di quelli ottenuti dal riciclo, o almeno così pare a prima vista.

I vantaggi del prodotto ottenuto da plastica riciclata

In realtà non riciclare significa perdere valore economico dei materiali di risulta, consumare più risorse energetiche e certamente inquinare, quindi spendere molti altri soldi per le bonifiche successive o per rendere più sostenibile a posteriori il processo di trattamento di questi rifiuti.

La Circular Plastic Alliance mira a raggiugere e superare le 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata in Europa entro il 2025, con un risparmio energetico di almeno il 10% rispetto alla produzione di nuovi prodotti da zero.

L’obiettivo è sempre impedire che i rifiuti finiscano in discarica e che vengano bruciati per ottenere energia sotto varie forme, perché anche in quest’ultimo caso i dubbi sulla capacità da parte di questi impianti di trattenere le sostanze inquinanti emesse dal processo di combustione sono molteplici.

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