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Riconoscimento facciale. Il Garante privacy boccia il sistema del Viminale: “È una sorveglianza indiscriminata di massa”

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L'Autorità: "Il sistema, oltre ad essere privo di una base giuridica che legittimi il trattamento automatizzato dei dati biometrici per il riconoscimento facciale a fini di sicurezza, realizzerebbe per come è progettato una forma di sorveglianza indiscriminata di massa". Sensi (PD) a Key4biz: "Oggi è un giorno importante per la tutela dei diritti delle persone e anche della democrazia nel nostro Paese”.

Il Garante privacy ha bocciato il sistema di riconoscimento facciale, Sari Real Time, del Ministero dell’interno. Il sistema, non ancora attivo, secondo la ministra Luciana Lamorgese sarebbe stato “finalizzato a introdurre un sistema automatico a riconoscimento immagini (Sari) allo scopo di garantire un efficace supporto alle attività istituzionali volte alla repressione dei reati e alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Il sistema Sari è composto da due componenti indipendenti. La prima Sari Enterprise e la seconda Sari Real Time“.

Perché il no del Garante

Ecco perché il parere dell’Autorità non è stato favorevole alla componente Sari Real Time.

“Il sistema, oltre ad essere privo di una base giuridica che legittimi il trattamento automatizzato dei dati biometrici per il riconoscimento facciale a fini di sicurezza, realizzerebbe per come è progettato una forma di sorveglianza indiscriminata di massa”, nota il Garante.

Sensi (PD): “Oggi è un giorno importante per la tutela dei diritti delle persone e anche della democrazia nel nostro Paese”

“C’è voluto un po’ di tempo, ma oggi è un giorno importante per la tutela dei diritti delle persone e anche della democrazia nel nostro Paese”, così ha commentato a Key4biz Filippo Sensi, deputato del PD, che in questi anni ha presentato più interrogazioni su questi temi e lo scorso 3 marzo aveva chiesto conto, insieme al collega di partito Enrico Borghi, alla Ministra Lamorgese sull’utilizzo del SARI RealTime da parte dell’Interno.

Sari Real Time, il funzionamento

Sari Real Time, il sistema sottoposto all’esame dell’Autorità e non ancora attivo, consente, attraverso una serie di telecamere installate in una determinata area geografica, di analizzare in tempo reale i volti dei soggetti ripresi, confrontandoli con una banca dati predefinita (denominata “watch-list”), che può contenere fino a 10.000 volti. 

Qualora, attraverso un algoritmo di riconoscimento facciale venga riscontrata una corrispondenza tra un volto presente nella watch-list ed un volto ripreso da una delle telecamere, il sistema è in grado di generare un alert che richiama l’attenzione degli operatori delle Forze di Polizia. Il sistema, progettato e sviluppato come soluzione mobile, può essere installato direttamente presso il luogo ove sorge l’esigenza di disporre di una tecnologia di riconoscimento facciale per coadiuvare le Forze di Polizia nella gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica, o in relazione a specifiche esigenze di Polizia Giudiziaria. Il sistema consente, inoltre, di registrare le immagini riprese dalle telecamere, svolgendo una funzione di videosorveglianza.

I rischi. “Sari Real Time realizzerebbe un trattamento automatizzato su larga scala”

Il Garante, in linea con quanto stabilito dal Consiglio d’Europa, ritiene di estrema delicatezza l’utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale per finalità di prevenzione e repressione dei reati.
Va considerato, in particolare, – afferma il Garante – che Sari Real Time realizzerebbe un trattamento automatizzato su larga scala che può riguardare anche persone presenti a manifestazioni politiche e sociali, che non sono oggetto di “attenzione” da parte delle forze di Polizia.

“Segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale”

Ed anche se nella valutazione di impatto presentata il Ministero spiega che le immagini verrebbero immediatamente cancellate, l’identificazione di una persona sarebbe realizzata, osserva il Garante privacy, attraverso il trattamento dei dati biometrici di tutti coloro che sono presenti nello spazio monitorato, allo scopo di generare modelli confrontabili con quelli dei soggetti inclusi nella “watch-list”. Si determinerebbe così una evoluzione della natura stessa dell’attività di sorveglianza, che segnerebbe un passaggio dalla sorveglianza mirata di alcuni individui alla possibilità di sorveglianza universale.

È proprio a causa della loro forte interferenza con la vita privata delle persone che la normativa in materia di privacy stabilisce rigorose cautele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati (ad esempio, quelli idonei a rivelare opinioni politiche, sindacali, religiose, orientamenti sessuali), i quali devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa. Base normativa che non è stata rinvenuta nella documentazione fornita dal Ministero dell’interno.

Il monito del Garante

Secondo il Garante una base normativa adeguata dovrebbe tener conto di tutti i diritti e le libertà coinvolte e definire le situazioni in cui è possibile l’uso di tali sistemi, senza lasciare una discrezionalità ampia a chi lo utilizza. Ciò vale anche per aspetti fondamentali dell’impiego della tecnica di riconoscimento facciale, come i criteri di individuazione dei soggetti che possono essere inseriti nella watchlist, le conseguenze in caso di falsi positivi o la piena adeguatezza del sistema nei confronti di persone appartenenti a minoranze etniche.