Il caso

ReteA, battaglia vinta con la Regione Lazio contro i ‘furbetti del ristoro’

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Un gruppo di associazioni culturali inizialmente escluse dai “ristori” annunciati dalla Regione Lazio ha costretto l’istituzione all’autocritica, in nome della trasparenza, nella gestione di 8 milioni di euro.

Quest’oggi, 222 associazioni culturali attive nella Regione Lazio hanno visto arrivare sui propri conti correnti, dopo lunga attesa e pugnace impegno, alcuni “ristori” che erano stati previsti da un bando pubblico chiusosi il 22 dicembre 2020: perché la notizia è importante ed assume una valenza che va ben oltre il caso “regionale”?!

Perché, al di là del contributo a fondo perduto (dai 5.500 ai 9.000 euro) assegnato, si tratta di una vittoria conquistata non armandosi di carte bollate e rivolgendosi al Tribunale Regionale Amministrativo, bensì attraverso una serie di azioni di sollecitazione dell’istituzione regionale, di incontri di auto-organizzazione e di sensibilizzazione civile. Un caso di iniziativa “dal basso”, che ha stimolato processi autocritici dell’istituzione  (una sorta di applicazione del concetto di “autotutela” della pubblica amministrazione).

Crediamo che quello di “ReteA” (questo è il nome che si sono dati i promotori) possa rappresentare un vero e proprio “caso di studio” nelle politiche culturali nazionali: un esempio (più unico che raro) di rete auto-organizzata di realtà culturali che riescono a dialogare, in modo non conflittuale, con una Regione.

Ed ottengono il risultato sperato, conquistato sul campo attraverso strumenti artigianali (l’associazione delle associazioni non dispone di un sito web, ha una pagina Facebook, ma finora ha lavorato attraverso un tam-tam via chat su whatsapp), ma soprattutto impegno, passione, tenacia.

Il “case-study” va ricostruito nella sua genesi storica: il 7 dicembre 2020, la Regione Lazio pubblicava un bando intitolato “Avviso pubblico a sostegno delle Associazioni Culturali e di promozione sociale operanti nell’ambito culturale e di animazione territoriale della Regione Lazio”. Si trattava di “misure straordinarie a sostegno delle Associazioni culturali e delle Associazioni di Promozione Sociale, anche appartenenti al Terzo Settore. Sostegno di interventi aventi ad oggetto erogazione di contributi a fondo perduto per il ristoro di categorie di operatori economici penalizzate dalla pandemia Covid 19”.

Previsto un contributo oscillante tra un minimo di 5.500 euro ed un massimo di 9.000 euro, in funzione della richiesta di contributo anche per spese di locazione o meno.

Il termine di scadenza veniva fissato al 21 dicembre 2020.

I pre-requisiti erano semplici: essere stati costituiti da almeno 2 anni, ed aver svolto almeno 50 giornate di “attività culturale” nel corso del 2019; in caso di sostegno richiesto anche per la locazione di una sede, essere in grado di dimostrare l’esistenza di un contratto.

Per “attività”, si è inteso “attività di promozione artistica e culturale, produzione e/o formazione, ossia, a titolo esemplificativo e non esaustivo: concerti e spettacoli dal vivo, reading e presentazioni di libri, promozione audiovisiva, corsi di formazione artistica, mostre di arti visive ed eventi di carattere performativo, corsi di ballo)”.

Hanno partecipato al bando oltre 2mila associazioni, per la precisione 2.079 associazioni.

Un tipico caso di “bando a sportello”: chi prima arriva, meglio alloggia

Il bando è di quelli cosiddetti “a sportello”, ovvero “chi prima arriva, meglio alloggia”, fino… ad esaurimento fondi: un criterio assai criticato e, secondo alcuni suscettibile, di rilievi finanche di costituzionalità.

Abbiamo già segnalato – anzi denunciato, nel silenzio dei più – un caso eclatante che ha riguardato la stessa Regione Lazio: un bando a sportello le cui risorse sono state esaurite nell’arco di… 7 secondi (dicesi: secondi, non minuti) dalla data di apertura dell’avviso stesso (vedi “Key4biz” del 20 ottobre 2020, “Bandi ed avvisi ‘a sportello’, trasparenza teorica e storica opacità”).

Il bando in questione – cosiddetto, per semplicità, “ristori associazioni culturali” – è stato caratterizzato da una dinamica simile, e le risorse inizialmente assegnate, 4 milioni di euro, sono presto esaurite.

Ma cosa è accaduto?

Che un gruppo di rappresentanti legali delle associazioni “ammesse ma non finanziabili per esaurimento delle risorse” ha deciso di effettuare un controllo sull’elenco delle associazioni “ammesse” e “finanziate”. E qui sono emerse delle strane dinamiche ovvero delle curiose sorprese che hanno fatto scattare una serie di campanelli di allarme.

Insomma, sono emersi nomi di associazioni che, cercando su web, avevano poco a che fare con le “attività culturali” previste dall’avviso.

Di questo piccolo scandalo, fino all’aprile 2021, non ne ha scritto nessuno, ma il 21 aprile 2021 “Affari Italiani” pubblica un divertente (o triste, dipende dai punti di vista) articolo, a firma di Antonio Amorosi, il cui titolo sintetizza bene il senso dell’intervento: “Regione Lazio aiuti alle associazioni culturali. Un pasticcio: club privé, palestre… Cambi di graduatorie, fondi erogati e contestati, furbetti, associazioni culturali escluse. Da settimane una rete di Associazioni contesta la Regione”.

Il caso ha acquisito un minimo di eco, anche politicamente, perché stato amplificato dalla consigliera Francesca De Vito del Movimento 5 Stelle ed anche dal consigliere ex grillino Davide Barillari.

Vincenzo Petrone (Mondrian Suite / ReteA): “il 40 % dei vincitori, non ha traccia su internet”, ci sono anche palestre e ristoranti e finanche club privèe… Sono i “furbetti del ristoro”

La “rete di associazioni” è appunto il gruppo informale autodenominatosi “ReteA”, promosso anzitutto da Vincenzo Petrone, Presidente della Mondrian Suite, uno dei principali fautori della protesta, che pure si vantava di non aver mai richiesto finanziamenti pubblici in vita sua, che manifestava come questa prima esperienza lo avesse colpito particolarmente: “io guardo la lista e mi rendo conto che ci sono delle anomalie, ci sono palestre, ristoranti, centri religiosi. Magari hanno lo statuto di associazione culturale ma non sono di fatto associazioni culturali”.

Il movimento di protesta capeggiato da Vincenzo Petrone effettua un banale controllo: cerca se almeno il nome delle “associazioni culturali” è tracciabile su internet, e scopre che circa un 40 % (quaranta per cento!) non sembra esistere. Incredibile, ma vero.

A fronte delle iniziali proteste, la Regione Lazio decide di integrare la dotazione con altri 2,8 milioni di euro, ma, al contempo, emerge l’esigenza di effettuare controlli sulle auto-certificazioni dei postulanti. E si arriva a 6,8 milioni di euro.

La Regione, ovvero la società in-house LazioCrea spa (presieduta da Luigi Pomponio), procede ad una serie di controlli, e vengono pubblicate, nell’arco di una decina di giorni, una serie di elenchi che vedono “uscire” e “entrare” centinaia di associazioni. Due le classificazioni essenziali: “ammesse a finanziamento” e “ammissibili e non finanziabili per esaurimento fondi”. E, ancora: escluse per “mancata comprova requisiti di partecipazione”.

Lazio Crea: passiamo dai controlli “a campione” (10 % dei proponenti) a quelli “a tappeto” (100 %), ed un quinto dei vincitori viene escluso per carenza di requisiti. E le “graduatorie” scorrono

Il Presidente di LazioCrea Luigi Pomponio il 15 aprile 2021 dichiara: “a fronte del numero molto elevato di domande presentate e al fine di verificare che i ristori fossero concessi solo agli aventi diritto sulla base dei requisiti previsti dall’Avviso, abbiamo provveduto a richiedere documentazione aggiuntiva a tutte le associazioni e abbiamo attivato la fase dei controlli che sono stati effettuati sul totale delle richieste e non solo al 10 % individuato a campione come indicato nel bando”.

Quindi il controllo non è stato più “a campione” sul 10 per cento dei postulanti, ma “a tappeto”, sul totale dei partecipanti al bando. “Solo dopo l’esito dei controlli, è stata pubblicata la graduatoria definitiva che ha comportato l’esclusione di 425 associazioni non aventi titolo”, concludeva Pomponio.

Il 16 aprile 2021, il Capo di Gabinetto della Regione Lazio Albino Ruberti (che è anche Assessore alla Cultura “de facto”, dato che Zingaretti non ha assegnato ad alcun assessore la delega in materia), dichiara: “dopo l’incontro di ieri con alcuni rappresentanti delle associazioni culturali e di promozione sociale (tra i quali in primis quelli di ReteA, n.dr.) a fronte delle richieste di chiarimento giunte nell’ultimo periodo circa le graduatorie relative all’Avviso pubblico per la concessione di ristori messi a disposizione dalla Regione Lazio nel mese di dicembre, mi sono impegnato a dare immediatamente mandato a LazioCrea spa., che ha gestito l’Avviso, di operare ulteriori controlli sui soggetti che sono risultati beneficiari del contributo”.

LazioCrea ha quindi provveduto a richiedere documentazione aggiuntiva a tutte le associazioni e ha effettuato un controllo su tutte le domande e non sul 10 % soltanto come previsto dall’avviso.

Alcune non hanno risposto alla richiesta di integrazioni, così vedendo decadere la propria domanda di ristoro, mentre altre hanno inviato documentazioni non coerenti con quanto autodichiarato in precedenza. Le irregolarità già riscontrate e quelle che verranno alla luce con gli ulteriori controlli predisposti saranno  segnalate alle autorità competenti come dichiarazioni mendaci, così come previsto dall’Avviso… Ruberti, il 16 aprile, dichiarava anche: “siamo al lavoro per reperire nuove risorse, oltre ai 2,8 milioni di euro dal Fondo Por-Fesr 2014-2020 che abbiamo aggiunto ai 4 milioni iniziali, per consentire lo scorrimento delle graduatorie, al fine di finanziare tutte le associazioni aventi diritto”.

E quindi si pubblicava il 18 maggio l’elenco finale.

Il 18 maggio 2021, a distanza di 6 mesi (sei) dalla scadenza del bando, viene pubblicata una graduatoria definitiva, ma – tra ammessi ed esclusi e riammessi – restano escluse ancora 222 associazioni, ancora una volta per deficit di fondi.

A quel punto, la Regione Lazio, forse anche per evitare che una vicenda “locale” assuma le caratteristiche di uno scandalo di dimensioni “nazionali” (almeno simbolicamente) riesce a trovare tra le pieghe di bilancio altri 1,4 milioni di euro, affinché tutte le associazioni “ammesse”, possano divenire anche “finanziabili”.

Il 21 maggio anche il quotidiano “la Repubblica” dedica attenzione alla vicenda, con un articolo di Marino Bisso, dal titolo efficace: “Coronavirus Lazio, i furbetti dei ristori: club di burlesque e gruppi di ultradestra in coda per avere soldi dalla Regione”. Un passaggio dell’articolo è gustoso e merita essere citato: “è il caso del Club Golden Prive alla Cecchignola, che sul proprio sito si presenta con una reclame abbastanza chiara: “Un appuntamento al buio, una serata con il partner o un rendez-vous atteso a lungo? Questa notte non la dimenticherete…”. E ancora più esplicite sono le fotografie degli interni del locale a luci soffuse e una scritta illuminata “Burlesque Privè” che domina la sala interna tra divani, statue di veneri e manichini di donne in versione sadomaso”… E che dire del Forum 753? Si tratta della “Associazione Foro 753 con sede a Boccea, che è tra le sigle storiche dei gruppi d’estrema destra con simpatie verso il Ventennio con adunate nostalgiche pro Mussolini e “antipatie” dichiarate contro immigrati, gay, famiglie arcobaleno e la “mafia lgbt””.

Il caso denunciato da “ReteA” finisce per emergere anche a livello nazionale, con un servizio televisivo dedicato anche da Rete4, con un reportage di Maria Laura Cruciani, nel programma “Fuori dal Coro” del sempre polemico Mario Giordano, il 13 aprile 2021, intitolato “Ecco a chi finiscono gli aiuti per la cultura” (clicca qui, per rivederlo)..

Va osservato che non risultano prese di posizione da parte di esponenti partitici, se non i succitati De Vito e Barillari: curiosa dinamica.

Il 21 maggio 2021, il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti dichiara “verranno finanziate entro giugno tutte le Associazioni culturali e di Promozione Sociale del Lazio anche appartenenti al Terzo Settore e aventi diritto che hanno presentato domanda di ristoro”.

E vengono stanziati, in aggiunta ai 6,8 milioni (4 milioni + integrazione di 2,8), altri 1,4 milioni di euro: la dotazione iniziale dell’avviso del dicembre 2020, nell’arco di sei mesi… raddoppia, arrivando complessivamente a ben 8,2 milioni di euro.

L’annuncio del Presidente conforta gli “esclusi” per così dire “ri-ammettendi”, ma la tempistica burocratica preoccupa e sconforta.

In effetti, questo il processo amministrativo della “macchina burocratica”: il 25 maggio 2021, viene approvata una “Delibera di Giunta” che stanzia ulteriori 1,4 milioni di euro; il 7 giugno 2021, viene assunta una “Determina”, con la quale la Regione trasferisce a LazioCrea le risorse; questa delibera del 7 giugno viene pubblicata – per incomprensibili ragioni – sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio soltanto il 22 giugno 2021; e poi ci deve essere la “Delibera” di LazioCrea spa… Un tecnico della burocrazia potrebbe precisare: la delibera di giunta dà l’indirizzo politico ed ha previsto una variazione di bilancio sostanziosa, la determina la redigono poi gli uffici regionali e ratifica le scelte politiche dopo le opportune verifiche sul bilancio… Etcetera.

L’attesa diviene ansiosa, esasperante anzi spasmodica, e nella sera del 30 giugno 2021 le associazioni lamentano che la “parola data” dal Presidente sembra essere stata disattesa: “entro giugno”, diceva la promessa.

Nella giornata di oggi giovedì 1° luglio, LazioCrea spa procede però un invio “massivo” (questo è il termine tecnico, anche nello slang bancario della Pubblica Amministrazione) e tutte le associazioni “ammesse” ricevono il bonifico, nella versione minima di 5.500 euro ovvero massima di 9.000 euro.

Si dirà, un po’ tardivo, questo ristoro, ottenuto a distanza di 6 mesi (sei) dalla chiusura del bando, ma… come dire?! Meglio tardi che mai.

Insomma, l’impegno assunto dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e dal Capo di Gabinetto Albino Ruberti è stato sostanzialmente rispettato.

Prevedibile diffusa gioia dei postulanti finalmente ristorati, ma, al tempo stesso, la volontà di non gettare la spugna: il network di associazioni “ReteA” (che consta di oltre 130 associazioni culturali, e non necessariamente facenti parte del “bacino” delle “escluse” e poi “riammesse”…) si sta organizzando per fare in modo che questa esperienza vittoriosa non sia occasionale e contingente.

Tra gli “attivisti” più impegnati in “ReteA” (un interessante mix tra artisti, creativi ed organizzatori culturali), vanno ricordati Michelangelo Papuzza (Macce – Movimento Culturale Associativo Cinecittà Est), Paolo Iafrate (Associazione Oltre l’Occidente), Anna Delfini (Donne di Carta), Marco Vergati (Teatro di Carta)…

Domenica 4 luglio 2021, è prevista una festa al Parco della Caffarella, per celebrare il successo conquistato con il ristoro ottenuto a favore di tutte le associazioni culturali (ovviamente anche per coloro che non hanno aderito al network di ReteA).

L’intrapresa ardita va sviluppata oltre. Anche oltre i “confini” regionali.

In effetti, questa “piccola” vicenda è emblematica: le procedure cosiddette “a sportello” sono apparentemente democratiche, ma di fatto avvantaggiano soltanto chi ha le risorse professionali e l’intelligenza (anzi “l’intelligence”!) burocratica per monitorare bandi ed avvisi pubblici, ed è in grado di rispondere tempestivamente.

Il problema dei “bandi a sportello”: criticità anche per il “tax credit” della Direzione Cinema e Audiovisivo

È il caso anche delle procedure amministrative, a livello nazionale, che riguardano l’accesso al “tax credit” della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero della Cultura (diretta da Nicola Borrelli) il cui “click day” determina l’esaurimento dei fondi messi a disposizione… con la velocità della luce, finendo per avvantaggiare le società di produzione che dedicano risorse professionali mirate per vincere questa assurda gara…

Riteniamo che uno Stato moderno, evoluto e democratico debba abbandonare queste pratiche di “automatismo” e semmai dotarsi di strutture tecniche adeguate alla miglior valutazione delle proposte, elaborando bandi che siano dotati di respiro strategico in termini di politica culturale, che garantiscano il massimo accesso a tutti, attivando procedure che assicurino la massima trasparenza.

Perché non rendere di pubblico dominio i progetti di tutti coloro che vincono i bandi?!

In occasione di un incontro informale con il Capo di Gabinetto della Regione Lazio, qualche giorno fa, il capofila di “ReteA” Vincenzo Petrone ha proposto che la Regione si impegni a pubblicare i progetti che risultano vincitori dei bandi, affinché la comunità professionale e la collettività tutta possa capire “cosa” il soggetto vincitore si è impegnato a fare, nella migliore (corretta) utilizzazione delle risorse pubbliche.

È una istanza saggia e condivisibile, sebbene, in Italia, assuma quasi il sapore della provocazione politica: il sistema culturale italiano è infatti uno dei più arretrati d’Europa, rispetto a due fattori fondamentali della “politica culturale”, la trasparenza dei processi e la valutazione degli impatti.

Si tratta di questioni che sembrano non interessare – fatte salve rarissime eccezioni – il “Principe” di turno, che sia Ministro o Sottosegretario o Sindaco o Assessore alla Cultura.

La trasparenza sembra preoccupare sia “il Principe” sia coloro che rientrano nella “Eletta Schiera” dei suoi beneficiari: questo è il problema di fondo, il nodo essenziale.

La trasparenza disturba i poteri forti, le caste e le clientele.

La trasparenza disturba l’ordine costituito.

La trasparenza disturba quel che Luca Palamara definirebbe “il sistema”, un processo gestionale oscuro e vischioso che governa non soltanto la magistratura, ma buona parte della società italiana (ben oltre lo specifico della cultura).

E la trasparenza è la base anche dei processi di valutazione di impatto: “cosa” produce il sovvenzionamento dell’iniziativa “alfa” piuttosto che della “beta”, in termini di estensione del pluralismo espressivo, di rafforzamento del tessuto culturale, in termini di ricadute socio-economiche, eccetera?! Indicatori della democrazia culturale di un Paese.

Attendiamoci dal gruppo promotore di “ReteA” battaglie ancora più vivaci ed ambiziose: il problema non è infatti soltanto “laziale” (ovvero circoscritto ai confini della Regione Lazio), ma veramente nazionale.

Ad maiora, ReteA!

Last minute.

Nuovo bando da 3 milioni di euro per le associazioni culturali del Lazio

Il Capo di Gabinetto della Regione Lazio Albino Ruberti, quest’oggi, nel corso della conferenza stampa di presentazione della stagione estiva 2021 del sistema teatrale regionale Atcl – Circuito Multidisciplinare del Lazio, ha dichiarato: “il Lazio è tra le Regioni in Italia che più si è spesa per tenere vivo il tessuto culturale del territorio con tante misure e importanti risorse che potessero sostenere le imprese e associazioni che operano nella cultura sul nostro territorio. Un tessuto fondamentale dal punto di vista culturale, sociale ed economico che, ora in particolare con la stagione estiva e la ripartenza del turismo, deve riavviare le sue attività. Per questo abbiamo da poco dato il via a nuove misure di sostegno per cinema e teatri, ampliato le platee all’aperto fino a 1.500 posti, dove possibile…”. Ed ha annunciato: “nuove misure sono in arrivo per le associazioni culturali per le quali abbiamo previsto un nuovo investimento regionale di 3 milioni di euro”.

Questo nuovo bando – si ha ragione di sapere – non sarà a sportello, ma le risorse pubbliche verranno assegnate sulla base di progetti, che verranno valutati da una apposita commissione di selezione. Ci auguriamo che Ruberti voglia imprimere a questo novello avviso pubblico quello spirito di trasparenza che consentirebbe a tutti gli operatori del settore di lavorare in modo più sereno, sconfiggendo la logica degli “amici degli amici” e dell’opacità che ancora domina gran parte del sistema culturale italiano.