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Rete unica, lo spin-off di Tim Servizi? Sarebbe un assist per il 5G

Smentito il piano di scorporo della rete emerso ieri, Il Governo è al lavoro sul progetto di rete unica Tim-Open Fiber, ma su presupposti ben diversi dal passato mettendo la parola fine alla saga dello scorporo della rete Tim. Secondo il Sole 24 Ore di oggi, il superamento del tormentone dello scorporo della rete potrebbe rappresentare una svolta positiva per raggiungere l’obiettivo di un player unico a controllo pubblico sotto la regia della Cdp caldeggiato dal Governo gialloverde e rilanciato con forza dal ministro allo Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio.

Lega e M5S in sintonia

La Lega sembra scesa a più miti consigli e sta confluendo sull’emendamento al dl fiscale presentato dal relatore Emiliano Fenu (M5S), su cui il Carroccio ha presentato un subemendamento, poi profondamente riformulato, che ha creato un momento di stallo sul disegno del player unico. Il tema sarà affrontato lunedì dalla commissione Finanze che dovrà votare tutte le proposte sull’argomento.

Il M5S ha presentato l’emendamento originario che promuove un modello di remunerazione Rab basato sul calcolo degli investimenti che prevede inoltre una “clausola occupazionale” per tutelare i livelli occupazionali di Tim. Resta da capire se nel calcolo del Rab vadano ricompresi anche i fondi europei per la realizzazione della banda ultralarga.

Mentre la Lega, dopo qualche giorno, aveva depositato correttivi sostanziali alla proposta M5S a partire dalla cancellazione della clausola occupazionale che avrebbe potuto avere ricadute sulle bollette per gli utenti finali. Ma un nuovo testo del Carroccio, depositato ieri, modifica in modo sostanziale la propria proposta, cancellando, fra le altre cose, lo stop alla clausola (resterebbe quindi il vincolo occupazionale) e i vincoli di performance della rete unica, che a questo punto potrebbe ricomprendere anche quella in rame.

Scorporo di Tim Servizi?

Ma la novità più interessante emersa oggi dal Sole 24 Ore è che nell’idea del Governo la rete (rame e fibra) resterebbe all’interno del perimetro di Tim Reti, insieme agli altri asset del gruppo (Sparkle, Tim Brasil, Inwit) mentre ad essere scorporata sarebbe la NewCo Tim Servizi, comprensiva della parte commerciale e di vendita con circa 5mila dipendenti che andrebbe così in concorrenza diretta con Vodafone, Wind Tre, Iliad e Fastweb Mobile.

Con lo spin off di Tim Servizi, il gruppo potrebbe alleggerirsi di circa 5mila dipendenti e di una quota del debito (intorno ai 5 miliardi?) e concentrare il business sulla rete. La nuova Tim Servizi potrebbe perseguire strade di merger con fornitori di contenuti, Mediaset o Vivendi ad esempio, senza paletti antitrust a bloccare l’operazione, non essendo più la nuova società dei servizi un operatore verticalmente integrato com’è oggi.

Una soluzione che sarebbe certamente gradita ai sindacati, che da tempo caldeggiano la fusione per incorporazione in Telecom della rete di Open Fiber, controllata da Cdp e Enel, per salvaguardare i dipendenti Tim.

Un’ipotesi che farebbe inoltre rientrare l’allarme occupazionale lanciato ieri dai sindacati stessi, secondo cui lo scorporo della rete Tim potrebbe causare fra 15mila e 20mila esuberi.

Quanto costa comprare Tim?

E’ chiaro che l’ipotesi di incorporare Open Fiber nel perimetro di Telecom Italia presupporrebbe un ruolo di regia di Cdp, ‘trait d’union’ fra le due società detenendo il 50% di Open Fiber e il 4,9% in Tim.

Fatti salvi tutti i passaggi necessari del caso, (Ue, Agcom e Antitrust in primis) come si potrebbe configurare l’operazione?

Intanto, la capitalizzazione di Tim ai corsi attuali è di poco superiore a 8,1 miliardi di euro. Oggi, per rilevare una quota di controllo (sotto soglia Opa) di poco inferiore al 25% in Tim, analoga per intenderci a quella detenuta da Vivendi, sono sufficienti 2 miliardi. In altre parole, lo Stato tramite Cdp con un investimento di 2 miliardi potrebbe rilevare una quota di maggioranza in Telecom Italia, comprensivo della rete e ovviamente anche del debito.

In questo modo, però, la rete resterebbe all’interno del perimetro aziendale, valutata 15 miliardi e iscritta a bilancio a garanzia del debito, e si eviterebbe l’annoso problema connesso allo scorporo della rete e della sua valutazione.

Tim Reti? Stop alla guerra di religione Fttc-Ftth. Un vantaggi per il 5G

Dal canto suo, la nuova Tim Reti potrebbe continuare a valorizzare il rame, tramite infrastrutture miste rame-fibra con l’Fttc (Fiber to the cabinet), e la fibra fino alle case con l’Ftth (Fiber to the home). Non a caso il nuovo emendamento concordato fra M5S e Lega ha eliminato il riferimento alla velocità della rete, che nel primo subemendamento della Lega era stato fissato a 1 Gigabit al secondo, raggiungibile soltanto dalla fibra. Il che avrebbe tagliato fuori a priori la componente in rame. Potrebbero inoltre ripartire gli investimenti in vectoring.

Se Open Fiber fosse incorporata nel perimetro di Tim Reti, potrebbe dal canto suo sfruttare a sua volta la tecnologia Fttc dell’ex incumbent, laddove fosse più conveniente. In altre parole, si metterebbe (finalmente) la parola fine alla “guerra di religione” fra tifoserie contrapposte dei sostenitori dell’Fttc da un lato e supporter dell’Ftth dall’altro, che affligge il mercato.

Resta da capire se Enel sarebbe disposta a restare in partita, visto che l’ad Francesco Starace da sempre contrario a “fusioni a freddo” sembra troppo propenso a rinunciare all’indipendenza di Open Fiber. In questo caso, sarebbe Cdp a doversi far carico della quota di Enel, rilevandola per confluire poi in Tim Reti.

In ottica 5G ogni cosa già connessa è preziosa, dal rame al WiFi al Fixed Wireless Access, oltre ovviamente alla fibra, perché il 5G metterà a fattor comune tutte le reti indistintamente.

Un altro vantaggio potenziale dalla nascita di Tim Reti potrebbe essere la sinergia fra Inwit, società delle torri controllata da Tim al 60%, e la stessa Cdp (già presente in Ei Towers tramite F2i, dopo l’Opa totalitaria condotta in tandem con Mediaset).

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