Aree Bianche

Rete unica, tutti i ritardi di TIM

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A distanza di quasi 2 anni dalla scadenza prevista, si scopre consultando il sito www.bandaultralarga.it, gestito da Infratel, che gli impegni di TIM nelle Aree Bianche non sono stati rispettati e che la realizzazione dell’infrastruttura in FTTC sarà ultimata con ritardi che nella metà dei casi oscillano fra i 3 e i 5 anni.

Quando si parla di digital divide e di ritardi nella realizzazione delle infrastrutture a banda larga nelle aree meno servite del paese, si tende a concentrarsi solo sugli avanzamenti del Piano BUL, che vede Open Fiber incaricata di costruire una rete pubblica in FTTH e FWA (a livello residuale) nelle Aree Bianche individuate nei tre bandi di gara aperti da Infratel in tutte le regioni italiane. 

Si dimentica purtroppo di sottolineare come i ritardi riguardino anche diverse aree che erano state riservate all’intervento degli operatori privati ed in particolare a TIM.

Aree Bianche, a distanza di quasi 2 anni dalla scadenza prevista, TIM ancora non ha completato la rete in FTTC

L’individuazione delle Aree Bianche, ovvero le aree nelle quali nessun operatore privato aveva previsto di sviluppare una rete a banda larga nei successivi tre anni, è stata effettuata in ogni Comune interessato per esclusione sulla base degli investimenti previsti dagli operatori privati. In 3080 dei circa 7000 comuni interessati dall’intervento di Open Fiber, gli operatori privati ed in particolare TIM si erano impegnati a realizzare entro il 2018 una infrastruttura almeno in FTTC, ovvero in fibra fino all’armadio stradale e poi in rame, nelle aree più densamente abitate e dunque redditizie.

A distanza di quasi 2 anni dalla scadenza prevista, si scopre consultando il sito www.bandaultralarga.it, gestito da Infratel, che gli impegni di TIM in tali aree non sono stati rispettati e che la realizzazione dell’infrastruttura in FTTC sarà ultimata con ritardi che nella metà dei casi oscillano fra i 3 e i 5 anni. 

Alcuni esempi

Nei comuni di San Pietro Mussolino (Vicenza) e Campodimele (Latina) gli operatori privati si erano impegnati a collegare entro il 2018 rispettivamente il 92% e il 94% delle abitazioni del comune. Consultando il suddetto sito, si scopre che nessuna abitazione sarà collegata in questi comuni entro il 2021. A Terelle (Frosinone), solo il 10,4% sull’82% previsto entro il 2018 sarà collegato entro il 2021. Poco meglio ad Amalfi (Salerno) e Melfi (Potenza), dove entro la fine di quest’anno gli operatori privati hanno dichiarato di collegare rispettivamente il 75% e il 42% delle abitazioni, a fronte di un impegno rispettivamente dell’82% e del 93% entro il 2018.

La differenza tra fibra FTTC e FTTH

Tutto questo nonostante che la realizzazione di un’infrastruttura FTTC, in particolare da parte dell’ex monopolista, richieda tempi nettamente inferiori rispetto a un’infrastruttura FTTH, in quanto la parte in rame dall’armadio stradale fino alle abitazioni è già stata realizzata. 

A questo si aggiunge che l’infrastruttura FTTC che dovrà essere ultimata da TIM nascerà già obsoleta: qualora la distanza fra l’armadio stradale e l’abitazione sia superiore ai 500 metri, ipotesi piuttosto frequente nelle aree oggetto di intervento, la velocità di connessione per l’utente finale non raggiungerebbe neppure 30Mbps in download e 15Mbps in upload, come confermato dalla stessa TIM.

Questa situazione fa sì che si siano create delle “nuove aree bianche”, nelle quali però Open Fiber non può intervenire, in quanto esulano dal piano di sviluppo della rete pubblica a banda ultralarga e in ogni caso tale intervento non sarebbe autorizzato da Infratel, in quanto tali aree sono state destinate all’intervento degli operatori privati.

Sorge però spontaneo chiedersi quale sarebbe stato il destino di tali aree se TIM avesse concentrato i propri sforzi nel mantenere gli impegni presi, in luogo di deviare gli investimenti nelle aree oggetto di concessione ad Open Fiber a scopo di preemption del mercato nei confronti di quest’ultima. 

Tale comportamento anticoncorrenziale è stato sanzionato lo scorso febbraio da AGCM dopo una lunga istruttoria con una multa da 116 milioni di euro e darà luogo a un ulteriore contenzioso aperto da Open Fiber.

E così la dinamica concorrenziale sul futuro della rete si sposta dal mercato alle aule di tribunale, per l’incapacità manifesta della politica e di alcune istituzioni e agenzie governative di far rispettare le regole.