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Rete unica, il Pd frena Grillo ma resta il nodo Vivendi

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Dopo l’attacco frontale di Beppe Grillo a Enel, azionista di Open Fiber riottoso al progetto rete unica, e la richiesta da parte del lider maximo del M5S a Fabrizio Palermo, Ceo di Cdp, di lavorare ad una rete unica che abbia nella Cassa il suo perno. E mentre il premier Giuseppe Conte dice che quella di Grillo è una “Idea buona” e che si tratta di “una delle modalità che potrebbero essere sperimentate”, il Pd si riunisce e frena. Nessun commento alle parole di Grillo da parte di esponenti del M5S, anche perché il modello proposto dal comico genovese è ben diverso da quello avallato due anni fa dal Parlamento, e sottoscritto dai 5 Stelle e dallo stesso Conte in coalizione giallo-verde: rete pubblica, unica e wholesale only.

Il Pd frena Grillo

Tramite la responsabile innovazione Marianna Madia: se la banda larga è così importante, mette in guardia, “Ogni decisione non può essere assunta senza una discussione adeguata o sulla base di qualche post su Internet”.

Gian Paolo Manzella (Pd) difende Open Fiber

Un concetto ribadito in giornata dal sottosegretario al Mise Gian Paolo Manzella, che difende Open Fiber dopo l’attacco frontale di Grillo: ”La rete unica è un argomento strategico per il futuro italiano”, si legge in una nota. “Le settimane alle nostre spalle hanno mostrato tutta l’importanza di avere una rete unica efficiente per contrastare il digital divide e dare ai cittadini e alle imprese del nostro Paese servizi sempre migliori”, sottolinea Manzella. ”Bene dunque che la questione acceleri nell’agenda politica e di governo. Non penso però sia utile, in questo contesto e in questa fase, colpevolizzare qualcuno per i ritardi”. ”Per come la vedo, se un’opera strategica come questa ha subito ritardi è perché i diversi stakeholders impegnati non hanno lavorato bene insieme”, dice il sottosegretario. ”E forse perché dalla politica non è stato trasmesso a tutte le amministrazioni coinvolte il senso di essere parte attiva di una infrastruttura strategica per il Paese”.

Permessi in ritardo

“E se non lo si fa, come non lo si è fatto con la necessaria continuità, succede che i circa 100 mila permessi necessari al completamento di quest’opera automaticamente diventano il più grande ostacolo alla sua realizzazione”, aggiunge il sottosegretario. ”Niente accuse e colpevolizzazioni, dunque”, afferma Manzella. ”Penso che invece l’atteggiamento giusto sia cambiare registro nei rapporti tra ente concedente e concessionario- e il lavoro fatto da Infratel e Open Fiber nei mesi più recenti, anche dietro impulso del Cobul, va in questa direzione, e poi guardare subito al futuro”.

Quali opzioni

”Capire le opzioni che abbiamo di fronte per arrivare alla rete unica e scegliere la migliore tra di esse – conclude Manzella – per i cittadini, per la crescita della nostra economia, per le finanze pubbliche. Al lavoro, dunque, per dare a questo dossier, che tratta di un vero e proprio bene comune, l’attenzione e l’urgenza che merita”.

Altre reazioni politiche all’intemerata di Grillo nei confronti di Open Fiber sono giunte dall’opposizione.

Rete unica, Capitanio (Lega): ‘Grillo esce dal letargo e commissaria due ministri e Colao’

“Finalmente anche Grillo è uscito dal letargo e si è accorto che abbiamo un problema con il piano Bul. Non è difficile intuire da chi si sia fatto dettare l’intervento, colmo di strafalcioni tecnici ed economici. Speriamo si sia accorto di aver commissariato in un colpo solo il ministro allo Sviluppo economico, che non ha mai affidato le deleghe sulle tlc a nessun sottosegretario, il ministro all’Innovazione e lo stesso Colao, dai cui Stati generali non è arrivato alcun segnale concreto. Se siamo in queste condizioni le responsabilità, oltre che di Open Fiber, sono del PD e del M5S, alleati di Renzi, che hanno avuto per anni le chiavi dell’innovazione e delle tlc, relegandoci al fondo dell’indice Desi. Un suggerimento a Grillo: il problema non è fare una rete unica, ma come farla. La Lega ha le idee chiare: monitoraggio e federazione dell’esistente senza inutili duplicazioni, sinergia con la tecnologia Fwa, più poteri alle regioni, semplificazione burocratica. Basta perdere tempo!”. Così Massimiliano Capitanio, deputato Lega in Commissione Poste, Trasporti e Tlc e Segretario della Vigilanza Rai.

Butti (FdI) ‘Su rete unica Grillo sconfessa 5s, Conte se stesso’

“Beppe Grillo questa mattina ha sconfessato i 5 Stelle e il governo in materia di rete unica TLC, sostenendo, in modo scomposto, le ragioni dell’ex monopolista TIM. In sostanza, Grillo vuole una rete unica, ma vuole che sia quella di TIM, quindi una rete verticalmente integrata che umilia gli operatori e il mercato e che difficilmente potrà essere accettata dall’Europa. Il mercato ovviamente ha ignorato il comico e il titolo TIM non ha conosciuto incrementi. Chi non ha ignorato Grillo è stato Conte che, forse abbagliato dalla propria immagine riflessa nello specchio, si è auto sconfessato dichiarando che quella di Grillo “è una buona idea che potrebbe essere sperimentata”. Qualcuno avvisi Conte che la sua prima maggioranza gialloverde ha già varato una norma nel decreto fiscale 2019. Questa norma dice l’esatto contrario di quanto proposto da Grillo e avallato dal premier. Il Parlamento si è espresso per una rete pubblica, unica e wholesale only. Se siamo agli ultimi posti nelle classifiche dell’innovazione (DESI) un motivo c’è: abbiamo un governo che non decide e quando decide prende la direzione sbagliata”. Così Alessio Butti, deputato di Fratelli d’Italia e responsabile TLC di FDI.

Il ruolo di Vivendi

Ma al di là della politica, sarà impossibile fare i conti senza l’oste. Se dal lato di Open Fiber l’ostacolo al progetto “rete unica” è Enel, in Tim c’è un altro soggetto che non può essere ignorato. Si tratta di Vivendi, primo azionista di Tim con il 23,9% delle quote. Dopo il progressivo disimpegno del fondo speculativo americano Elliott, in attesa che entro l’estate Tim chiuda la trattativa con Kkr, un altro fondo americano specializzato in investimenti infrastrutturali, per la cessione di una quota di circa il 40% della rete secondaria di Tim, il vero nodo riguarda il primo socio francese. Da tempo il gruppo di Vincent Bollorè dice apertamente di essere un investitore di lungo periodo e di certo non ha intenzione di svendere la sua quota. C’è da dire che Vivendi ha in carico il suo pacchetto ad un prezzo medio di 1,07 euro e che il valore dell’investimento è diminuito di circa tre volte, visto che il titolo Tim viaggia intorno a 0,38 centesimi. Per convincere i francesi a uscire, come suggerisce Beppe Grillo, bisognerà mettere mano al portafoglio.

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