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Rete Unica. De Leo (Kaufmann): ‘Ecco perché Open Fiber è come Tesla. Perché è un’azienda proiettata verso il futuro e senza legacy’

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I mercati vedono in Open Fiber un player che ha alle spalle uno dei primi gruppi a livello globale nell’energia (ENEL), mentre TIM è percepita come un’azienda domestica, non certamente di punta. Il futuro è fatto di convergenze tra telecom, automotive ed energia.

Nuova intervista a Francesco De Leo, presidente di Kaufmann & Partners, già direttore generale di Telecom Italia. Esperto di Telecomunicazioni ed attento osservatore dei mercati internazionali, nell’intervista odierna sottolinea il valore delle piattaforme non condizionate da legacy: una chiave di lettura che avvicina l’esperienza di Open Fiber al successo di casi irresistibili come quello di Tesla. Ma procediamo passo passo con le considerazioni di Francesco De Leo, che ci offre, come di consueto, chiavi originali di lettura.

Key4biz. Ci eravamo lasciati qualche settimana fa, prima del seminario Ambrosetti a Cernobbio. Quali sono le reazioni dei mercati, per quanto si è appreso la scorsa settimana, in merito al tema della Rete Unica?

Francesco De Leo. I mercati finanziari, nonostante i molteplici annunci che sono rimbalzati in sala stampa nel corso del Seminario Ambrosetti e nei giorni successivi, sono rimasti freddi e continuano a mantenere un atteggiamento di cautela e prudenza: troppe incertezze sul profilo dell’operazione e uno scenario macro che si sta progressivamente deteriorando. E non potrebbe essere altrimenti.

Key4biz. Eppure, il titolo TIM ha cercato di riposizionarsi verso la soglia dei 40 centesimi. Perché non è stato così?

Francesco De Leo. L’equity story presenta lacune e debolezze strutturali che non sono sfuggite agli analisti sui temi della governance e sul modello di integrazione (vertical integration vs. wholesale only): questo ha contribuito, contrariamente a quanto ci si attendeva, a riaccendere il focus sul debito e livello di leverage di TIM. Purtroppo, ancora una volta, la scelta dei tempi si è rivelata infelice. C’è da dire che questo è diventato un motivo ricorrente per TIM.

Key4biz. Quali sono le condizioni che sono venute a mancare, almeno per il momento?

Francesco De Leo. Più di un anno e mezzo fa, si è sottolineato a più riprese che per indirizzare con successo il tema della Rete Unica, si sarebbero dovute verificare tre condizioni:

(1) stabilità dei mercati

(2) stabilità del quadro politico

(3) infine, uno scenario tecnologico in grado di dare fiducia agli investitori sulle scelte di fondo.

Non mi pare che queste condizioni oggi siano presenti. Aggiungo che con l’Assemblea degli Azionisti della prossima primavera dovrà anche essere rinnovato il CdA di TIM. E si valuterà qual è il quadro politico dopo il risultato delle Regionali, martedì alla riapertura dei mercati.

Key4biz. E quindi in che direzione potrà evolvere la situazione?

Francesco De Leo. È ancora presto per dirlo. Ma le analisi che abbiamo a disposizione indicano che proprio a partire dalla fine di questo mese fino a fine anno si farà sentire più materialmente l’impatto della crisi, in particolare in ambito B2B, con una contrazione dei ricavi a doppia cifra. In generale, l’impatto di un evento come il COVID-19 richiede 6/7 mesi per palesare il proprio impatto sul conto economico di una telco. Quindi, occorre attendersi un ultimo trimestre in salita per i conti di TIM.

Key4biz. Con quali conseguenze?

Francesco De Leo. È possibile che il titolo si troverà ulteriormente sotto pressione, scendendo sotto la soglia psicologica dei 30 centesimi, con una volatilità crescente rispetto ai suoi pari in Europa. Occorre tenere presente l’ultimo trimestre dell’anno e in particolare il mese di dicembre che ha un impatto più che proporzionale sul conto economico di una telco e sulla sua generazione di cassa: arrivare a dicembre con un contesto macro difficile e con un rallentamento generalizzato dei consumi, potrebbe rivelarsi uno scoglio difficilmente superabile per mantenere in equilibrio i conti di TIM.

Key4biz. Ma quali sono i fattori che hanno più inciso nel corso delle ultime settimane?

Francesco De Leo. Sono tre fattori:

(1) l’attestazione del valore di Open Fiber intorno ai 7 Miliardi di Euro, sulla base dell’offerta del fondo Macquarie, ufficialmente comunicata al CdA di Enel,

(2) le osservazioni che trasmettono una rinnovata attenzione e maggiore prudenza espresse da Margrethe Vestager, che hanno aperto un faro sul processo di notifica all’Unione Europea,

(3) il progressivo deterioramento del quadro economico per quanto concerne l’Italia e l’Eurozona, a fronte di numeri di contagio da COVID crescenti in tutta Europa.

Aver dichiarato il 6 settembre che il PIL italiano sarebbe stato oggetto di una contrazione “solo” dell’ 8%, a fronte delle stime OCSE, del Fondo Monetario e della BCE che prevedono una decrescita a doppia cifra, per poi comunicare una correzione a una settimana di distanza con una stima a -9% non ha di certo contribuito a rasserenare i mercati sulle prospettive di generazione di cassa di TIM. Se la contrazione fosse alla prova dei fatti a doppia cifra, non sarebbe un segnale positivo.

Key4biz. Come, secondo lei, l’offerta Macquarie per Open Fiber impatta sull’evoluzione della Rete Unica e sugli equilibri in gioco?

Francesco De Leo. È molto semplice: per fare un’analogia, la differenza di apprezzamento dei mercati fra Open Fiber e TIM è come quella fra Tesla e General Motors. Gli analisti premiano Open Fiber perché è stata pensata e disegnata, sin dagli esordi, come un’azienda proiettata nel futuro: in più, è parte di un gruppo come ENEL che è leader al mondo nelle energie rinnovabili, e che con ENEL-X sta guidando la transizione verso l’elettrificazione del settore automotive come uno degli attori-chiave su scala globale. È abbastanza scontato che Elon Musk parli più frequentemente con i vertici di ENEL che non con TIM. E il futuro è nell’integrazione fra reti telecom, automotive ed energia: questo è un fatto dato per acquisito dagli analisti che valutano ENEL come uno gli attori meglio posizionati al mondo e che di conseguenza esprimono apprezzamento per il ruolo svolto da Open Fiber.

Key4biz. Quindi Open Fiber si è dimostrato un buon investimento. Eppure alcuni articoli di stampa in Italia ne hanno messo sotto i riflettori la valorizzazione. Perché?

Francesco De Leo. Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha sicuramente operato la scelta migliore possibile supportando Open Fiber: la creazione di valore è sotto gli occhi di tutti e anche i numerosi tentativi (di parte) di occultarne i meriti si sono scontrati contro il muro dei mercati. Le critiche che sono state avanzate sono state considerate fuori luogo, dettate forse da giudizi improvvisati: come Tesla, Open Fiber non può essere valutata come TIM, perché costituisce un nuovo modello di business ed ha acquisito una leadership nella fibra che la porta ad essere avanti di almeno 3 anni in un’evoluzione verso la convergenza appunto fra automotive, energia e telecomunicazioni. Questa è una parte centrale del “Green New Deal”, fortemente voluto dal Governo attuale: una scelta lungimirante, valutata positivamente dai mercati, che sta dando i suoi frutti e può portare lontano. Ed è per questo che l’Europa e i mercati si interrogano e guardano con preoccupazione al rallentamento dello sviluppo di Open Fiber, per lo stallo che si potrebbe creare a causa della Rete Unica: sarebbe un danno per CDP, per il Governo e per la competitività del sistema-paese. E oggi, con la crisi dovuta al COVID-19, l’Italia non se lo può permettere.

Key4biz. Ma, allora, il gap di valorizzazione con TIM potrebbe solo ampliarsi nel tempo?

Francesco De Leo. Di fatto è così, non diversamente da quello che sta succedendo con Tesla nel settore automotive, rispetto ai suoi competitor. I ricavi e i margini di Open Fiber sono in progressiva crescita, mentre le telco europee sono da più di qualche anno in affanno, schiacciate da un leverage di bilancio senza precedenti, e segnate dal progressivo declino di ricavi e margini, senza che all’orizzonte sia prevedibile un cambio di tendenza. Il rischio per TIM è che, se non fosse in grado di chiudere la partita sulla Rete Unica entro il febbraio 2021, come ha annunciato, il gap di valore con Open Fiber si andrà progressivamente dilatando, come sta succedendo fra Tesla e il settore automotive, nel suo complesso: oggi in borsa Tesla vale già più di Toyota e Ford messe insieme.

Key4biz. Quale sarà secondo lei la percezione di mercato?

Francesco De Leo. È semplice, i mercati vedono in Open Fiber l’affermarsi di una nuova asset class, un player che ha alle spalle uno dei primi gruppi a livello globale nell’energia (ENEL), mentre TIM è percepita come un’azienda domestica, non certamente di punta, in una asset class matura: in quelle condizioni è molto difficile essere di appeal per gli investitori.

Open Fiber come Tesla sta affermando un nuovo modello di business, sta trasformando il modo di pensare le infrastrutture, ha un vantaggio temporale importante per i prossimi due anni, e ha a disposizione una base di dati per analizzare lo sviluppo dei nuovi servizi legati alla fibra, che le consente di indirizzare lo sviluppo di nuovi business model. I margini di crescita di Open Fiber in Italia come all’estero possono essere significativi.

Key4biz. Ma, allora, con questo quadro di riferimento, che direzione potrà prendere nelle prossime settimane tutto il dibattito sul tema rete secondaria/rete di accesso?

Francesco De Leo. Per fare un paragone, la differenza fra Open Fiber e TIM (che dichiara di puntare alla valorizzazione della rete secondaria in rame) sarebbe come chiedere a Bjorn Borg di vincere gli Internazionali di Tennis di Italia giocando contro Djockovic o Nadal con la sua racchetta di legno, mentre dall’altra parte rispondono con una racchetta in fibra di carbonio. Sarebbe un confronto affascinante, ma si sa già come andrà a finire.

Key4biz. Quindi, cosa vorrebbe dire?

Francesco De Leo. I mercati hanno chiaro che Open Fiber non è solo significativamente più avanti nel dispiegamento della fibra, ma utilizza anche tecnologie di nuova generazione non legate al “rame”, tecnologie che non dipendono da un legacy pesante e datato, come quello che si porta dietro TIM, che sconta il fatto di essere un incumbent. E si sa, in Silicon Valley circola la battuta: “The only reason God built the world in seven days is that he didn’t have legacy systems” (L’unica ragione per cui Dio ha creato il mondo in 7 giorni è perché non aveva legacy systems). I mercati premiano e premieranno il focus di Open Fiber: i modelli infrastrutturali ibridi non sembrano raccogliere l’interesse degli investitori. La semplicità è un valore aggiunto e per questo viene premiata.

Key4biz. Il dibattito sulla rete unica di queste settimane trascina con sé la polemica sul tema dell’integrazione verticale, qual è la sua valutazione?

Francesco De Leo. Ma guardi, anche questo mi sembra frutto di un approccio un po’ “provinciale” e anche datato, che vuole piegare la realtà dell’evoluzione del mondo delle tecnologie ad interessi di retroguardia. Tesla è una piattaforma aperta proprio come lo è Open Fiber: quando Tesla ha condiviso i codici sorgente delle proprie tecnologie con tutti gli sviluppatori è sembrato un passo azzardato, ma ora si comprende che non è stato così. Tutto questo ha permesso a Tesla di essere avanti di almeno 3 anni rispetto ai propri competitor, e i mercati hanno reagito positivamente: e questo sta avvenendo anche con Open Fiber.

Key4biz. Quindi i mercati apprezzano le piattaforme aperte di tipo e cultura “open source”?

Francesco De Leo. È cosi: i mercati vedono la possibilità di esprimere valore (“unlocking shareholder value”) nella destrutturazione dei monopoli verticali che hanno contrassegnato il settore delle telecomunicazioni. Ed è proprio perché Open Fiber non è verticalmente integrata, ma a tutti gli effetti è un operatore di rete indipendente e neutrale che le è stato possibile divenire una piattaforma aperta come Tesla, un acceleratore dei processi di innovazione condivisa. Abbiamo già detto in passato dell’affermazione di Cellnex Telecom, la società di torri spagnola che in 5 anni è diventata il quinto operatore di telecomunicazioni in Europa, con una capitalizzazione di borsa superiore a Telefonica, e 3 volte e mezza superiore a TIM. Lo stesso sta maturando per Open Fiber sul tema delle reti in fibra ottica. A questo si aggiunge un “parenting advantage”, la presenza di ENEL, che i mercati hanno dimostrato di apprezzare per la spinta all’innovazione, un Gruppo considerato come uno dei primi attori al mondo nel campo dell’open innovation. Questo carattere di fondo del DNA manageriale è stato assimilato anche da Open Fiber, e i mercati lo tengono in conto.

Key4biz. Ma quindi, in definitiva, quali sono secondo lei gli ostacoli principali per arrivare alla Rete Unica?

Francesco De Leo. Principalmente tre: innanzitutto policy, secondariamente raccordo con la Commissione Europea, infine execution.

Key4biz. E dei tre, quali sono i profili di rischio maggiori percepiti dai mercati?

Francesco De Leo. Considerando le condizioni di contesto attuali, il rischio maggiore, oltre evidentemente al rischio politico legato alla stabilità del Governo (dopo il voto delle Regionali), è un rischio legato all’efficacia e ai tempi di esecuzione. Gli investitori hanno ben presente che solo un team manageriale al mondo è stato in grado di realizzare con un operatore telefonico incumbent (Telstra, nel 2005) una delle reti a banda larga più pervasive e veloci di sempre: sono Sol Trujillo, Greg Winn, Joe Gonner e Tim Mason, con un passato in US-West e Orange. Riuscirono a dare una copertura a banda larga all’Australia, portando una rete mobile a viaggiare a 100 megabit al secondo su un territorio grande quanto l’Europa continentale in solo 9 mesi. Ma questa è un’altra storia e non è evidente che in TIM ci siano i presupposti di base per affrontare un’impresa di simili dimensioni, rapportate alle esigenze attuali e future del nostro Paese.