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Report PwC: raddoppia la fiducia dei CEO italiani nel 2016

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Il 90% dei CEO italiani prevede un aumento dei ricavi nel 2016, in controtendenza rispetto al sentiment del 27% dei CEO internazionali che attende una crescita dell’economia globale quest’anno

Cresce  la fiducia dei CEO italiani nella ripresa e nell’aumento dei ricavi nel 2016, un dato in controtendenza rispetto al sentiment dei CEO a livello internazionale. È quanto emerge dalla 19° Annual Global CEO Survey di PwC, “Ridefinire il successo di un’azienda in un mondo che cambia”, che tasta il polso della fiducia nello sviluppo globale e del proprio business di oltre 1.400 CEO in 83 Paesi, presentata al World Economic Forum di Davos che si apre oggi.

Nel dettaglio, oltre il 90% dei CEO italiani crede nella crescita dei propri ricavi nel 2016 e a tre anni, valori superiori al dato globale ed a quello tedesco. Per contro, cala la fiducia dei CEO a livello internazionale nell’economia globale – solo il 27% si attende una crescita nel 2016 a fronte del 37% del 2015 – e nei ricavi prospettici delle proprie società.

In controtendenza il sentiment dei CEO italiani, tra i più ottimisti sulla crescita globale: il 55% si attende una ripresa nel 2016, in forte rialzo rispetto al 27% del 2015.

Usa, Cina, Germania e UK restano i Paesi obiettivo per la crescita secondo i CEO a livello internazionale. Per i CEO italiani la Germania “supera” la Cina per attrattività d’investimento.

Tra le paure dei CEO la regolamentazione resta la minaccia principale (79% globale; 75% Italia), seguita dall’incertezza geopolitica in forte crescita (74% globale e Italia). Spaventa il 70% dei CEO italiani l’aumento della pressione fiscale, mentre l’auspicio condiviso è quello di un sistema fiscale più stabile e semplice.

 

In generale, in calo la fiducia dei CEO a livello globale nella crescita dell’economia globale e due terzi (66%) vedono più minacce oggi rispetto a tre anni fa per le aziende di cui sono a capo, con una forte preoccupazione per le tensioni geopolitiche.

Economia globale

Poco più di un quarto (27%) ritiene che l’economia globale migliorerà nei prossimi 12 mesi, in calo di 10 punti rispetto allo scorso anno.  I CEO italiani sono invece tra i più ottimisti riguardo alla crescita globale: il 55% si attende una ripresa nel 2016, in forte rialzo rispetto al 27% del 2015.

Il ribilanciamento economico della Cina, i ribassi del prezzo del greggio e le preoccupazioni di natura geopolitica sono tutti fattori che determinano un generale incremento dell’incertezza sulle prospettive di crescita dell’economia globale. Il livello di fiducia fra i CEO di provenienza nordamericana è la metà (16%) di quello delle regioni più ottimiste (Europa occidentale 33% e Medio Oriente 34%). Quasi un terzo dei dirigenti cinesi (33%) ritiene che la crescita economica globale del 2016 subirà un rallentamento.

Fiducia nella crescita dei fatturati

I risultati del sondaggio annuale di PwC indicano che poco più di un terzo (35%) dei CEO di tutto il mondo nutre molta fiducia nelle possibilità di crescita della propria azienda nell’anno appena iniziato, quattro punti in meno (39%) rispetto allo scorso anno e addirittura un punto al di sotto del 2013.

In Italia il 20% dei CEO ha molta fiducia nella crescita dei propri ricavi nel 2016, dato che sale al 92% sommando i CEO fiduciosi e molto fiduciosi circa i ricavi aziendali nei prossimi 12 mesi. Le prospettive a tre anni sono ancora migliori, con il 97% dei CEO italiani positivi circa la top line delle proprie aziende. Questi dati sono ai massimi da tre anni e superiori sia al dato mondiale che al valore tedesco.

 

Nicola Anzivino, Partner PwC spiega: “I risultati della 19° CEO Survey evidenziano un crescente livello di fiducia dei CEO italiani nelle prospettive aziendali sia a 12 mesi che a 3 anni, in controtendenza rispetto ai risultati globali. La tecnologia come strumento per gestire la relazione con i clienti ed accelerare il processo d’innovazione sono temi chiave nell’agenda manageriale dei nostri CEO insieme alla ricerca di nuove competenze manageriali per migliorare il potenziale di crescita delle proprie aziende nei mercati internazionali”.

Rispetto al quadro globale sulle prospettive di crescita dei propri ricavi, a fronte di quest’ondata di pessimismo, i CEO di India (64%), Spagna (54%) e Romania (50%) spiccano tra i più ottimisti. L’inversione di tendenza più marcata è quella di Taiwan, dove solo il 19% si dice molto fiducioso in una crescita a breve termine della propria azienda, rispetto al 65% dello scorso anno (con un sorprendente crollo di 46 punti). Ciononostante è la Svizzera a far registrare il grado di fiducia più basso, laddove solo il 16% dei dirigenti svizzeri credono in una crescita del fatturato rispetto al 24% del 2015.

L’indice di fiducia nella crescita del fatturato è basso rispetto all’anno scorso anche per quasi tutte le principali economie del mondo: Cina 24% (2015: 36%), Stati Uniti 33% (2015: 46%), Regno Unito 33% (2015: 39%) e Germania 28% (2015: 35%). Solo la Russia resiste alla tendenza, con un rialzo della fiducia dai bassissimi livelli dello scorso anno (16%) al 26%.

I mercati obiettivo per la crescita

Quanto alle prospettive di investimento, Stati Uniti, Cina, Germania e Regno Unito rimangono i paesi che i CEO considerano più importanti per la crescita dei prossimi 12 mesi. Anche Messico e EAU entrano tra i primi dieci, scalzando Indonesia e Australia.

Anche per i CEO italiani USA, Germania e Cina sono i Paesi maggiormente attraenti per investire; in particolare, il rallentamento delle prospettive di crescita in Cina ha favorito la Germania che rimane punto di riferimento per l’economia europea. Penalizzato il Brasile che perde appeal per le aziende italiane in relazione alla situazione di recessione e crisi politica che sta vivendo nell’ultimo periodo.

 

Minacce all’orizzonte

Con le preoccupazioni accresciute della geopolitica, rispetto a tre anni fa due terzi dei CEO (66%) vedono oggi più minacce per la propria azienda.

Situazione diversa in Italia, il 45% degli intervistati ha affermato di percepire maggiori minacce per la propria azienda, mentre il 57% vede più opportunità di crescita oggi rispetto a tre anni fa. La percezione italiana potrebbe essere influenzata dai primi segnali di crescita economica dopo un lungo periodo di pesante recessione.

La prima minaccia indicata dai CEO a livello mondiale si conferma per il 4° anno la sovra-regolamentazione citata dal 79%, seguita dall’incertezza geopolitica balzata al secondo posto, citata dal 74% degli intervistati e dalla volatilità del tasso di cambio al terzo posto (73%). Le preoccupazioni circa la disponibilità delle competenze professionali fondamentali sono passate quindi dal secondo al quarto posto, rimanendo tuttavia un pensiero per quasi tre quarti (72%) dei CEO interpellati.

Per i CEO italiani l’incertezza geopolitica e l’aumento del carico fiscale sono due tra le principali minacce macro, mentre la disponibilità di adeguate competenze delle risorse umane e la volatilità delle materie prime e dei mercati finanziari sono considerati fattori critici di business significativi per gli Amministratori delegati del nostro Paese.

Anche la cyber security, che rappresenta una minaccia agli interessi nazionali e commerciali, preoccupa il 61% dei CEO, con livelli più alti fra i dirigenti di USA, Australia e Regno Unito (74%+) e nel settore bancario, tecnologico e assicurativo.

Competenze e nuove risorse

Il 48% dei CEO prevede di aumentare l’organico nel corso dei prossimi 12 mesi, in leggero calo rispetto all’anno scorso (50%). L’attività di selezione di risorse aziendali è ai massimi livelli in India (70%), Regno Unito (66%) e Cina (57%).

In Italia, il 37% dei CEO intervistati afferma di voler aumentare il numero dei dipendenti, valore leggermente in aumento rispetto all’anno scorso, probabilmente in relazione anche ad alcune misure governative per favorire nuova occupazione (Jobs Act).

Le preoccupazioni circa la disponibilità delle competenze fondamentali rimangono diffuse (72%). Diversi settori mostrano livelli di incertezza particolarmente elevati, primi fra tutti il comparto dell’intrattenimento e dei media e della tecnologia, malgrado emergano anche i settori tradizionalmente più allineati alle competenze ‘STEM’ (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), fra cui il manifatturiero, il farmaceutico e delle life sciences. In termini geografici, le preoccupazioni maggiori si riscontrano nell’area dell’Asia-Pacifico (81%), del Medio Oriente (83%) e dell’Africa (86%), mentre sono più basse nell’Europa occidentale (59%).

Il ruolo dei governi e le richieste dei CEO

La priorità numero uno per il governo dovrebbe essere un sistema fiscale efficace, almeno secondo il 56% dei CEO, seguito da una forza lavoro qualificata, formata e adattabile (53%) e dalle infrastrutture (50%), sia fisiche sia digitali.

Anche i CEO italiani sottolineano l’importanza di avere un sistema fiscale facilmente comprensibile, stabile ed efficace (82%) al fine di facilitare la propria attività. Tuttavia, a differenza di altri Paesi, in Italia gli imprenditori intervistati affermano che il governo dovrebbe anche focalizzarsi maggiormente sugli investimenti in infrastrutture fisiche e digitali (82%).

Circa un terzo dei CEO a livello globale (33%) giudica i governi inefficaci nella tutela dei dati personali (26% li giudica efficaci), con Cina (46%), USA (60%), Brasile (72%) e Argentina (52%) a manifestare i livelli massimi di preoccupazione.

Il 32% dei CEO italiani considera il governo inefficace nell’adottare misure di protezione per l’uso dei dati personali, ma il maggiore peso è dato all’inefficacia del governo italiano di fornire adeguate infrastrutture fisiche e digitali (58%).

Tecnologia

L’indagine sottolinea la forza della tecnologia nello spingere al cambiamento e verso una migliore comprensione dei clienti e degli stakeholder nel mondo delle aziende.

Il 90% dei CEO afferma di modificare il proprio modo di utilizzare la tecnologia per valutare meglio le aspettative dei clienti e della più ampia base di stakeholder. I cambiamenti più significativi si registrano nei settori con aspettative di customer service tradizionalmente elevate, inclusi quello bancario e i mercati dei capitali (90%), il settore assicurativo (95%), dell’ospitalità e del tempo libero (94%) e la sanità (93%). Complessivamente, oltre tre quarti (77%) dei dirigenti ritengono che il progresso tecnologico avrà trasformato le aspettative dei clienti nell’arco dei prossimi cinque anni.

Data e analytical tool, insieme ai sistemi CRM, sono considerati elementi a maggior valore aggiunto per coinvolgere i diversi stakeholder nello sviluppo aziendale. Seguono R&D ed innovazione, citati dal 53% degli interpellati a livello mondiale, con i CEO di Taiwan (76%), Brasile (72%), Francia (71%) e Germania (67%) che assegnano una priorità più alta della media globale.

In Italia, i sistemi di gestione dei rapporti con i clienti (CRM) ricoprono un ruolo fondamentale per il 73% dei CEO intervistati, seguono l’uso di tecnologie per la raccolta di dati e analisi complesse (53%) e la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie (53%) in linea con i trend globali.

 

Vision aziendale e coinvolgimento degli stakeholder

Il sondaggio di quest’anno esamina la modalità in cui i CEO si preparano a rispondere alle aspettative mutevoli dei clienti e di una base più ampia di stakeholder. Il 59% dei CEO afferma che le aziende devono adoperarsi di più per comunicare le proprie finalità e i propri valori. La fiducia è certamente una preoccupazione alla luce delle esigenze dei diversi stakeholder: oltre la metà (55%) dei CEO sono preoccupati dalla mancanza di fiducia nel business, rispetto al 37% di soli tre anni fa.

 

In Italia viene data maggiore importanza al progresso tecnologico rispetto alla media globale, con l’87% degli intervistati che ritiene che le nuove tecnologie siano il fattore che più influenzerà la gestione e le aspettative dei diversi stakeholder aziendali. Questi ultimi sono sempre più al centro della vision aziendale (72%) delle società italiane, una vision che è sempre più orientata al lungo termine contro lo “shortemismo” finanziario. Il 90% dei CEO italiani hanno dichiarato di dare maggiore importanza alla redditività a lungo termine a scapito di una prospettiva di business e strategia a breve termine.