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Referendum in Ecuador, Negoziato Usa-Iran per scambio di prigionieri, Oxfam travolta da uno scandalo sessuale ad Haiti

Ecuador, Corte interamericana contro applicazione quesito referendum, governo convoca ambasciatore Osa

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – L’Ecuador ha richiamato per consultazioni l’ambasciatore presso l’Organizzazione degli Stati americani (Osa), Jose’ Valencia, dopo che l’organismo ha messo in dubbio l’applicazione del terzo quesito del referendum di domenica. Approvato da oltre il 63 per cento dei votanti, il quesito proponeva lo scioglimento del Consiglio di partecipazione cittadina (Cpccs) a favore di un consiglio transitorio, i cui membri saranno nominati dal presidente Lenin Moreno sulla base di liste presentate al parlamento. La misura prevede che un Consiglio definitivo sia determinato alle prossime elezioni presidenziali. Benche’ Moreno garantisca l’indipendenza dell’organo transitorio, la Corte interamericana dei diritti umani (Idh) ha sostenuto che l’unico modo di rimuovere i membri eletti e’ “per via parlamentare”, e non con altri meccanismi come la consultazione popolare, usata secondo Idh da Moreno come “pretesto per eludere” le pratiche costituzionali e i valori difesi nella Convenzione americana sui diritti dell’uomo. La Corte agisce su richiesta della Commissione interamericana dei diritti umani (Cidh), il principale organo Osa. Il ministro degli Esteri Maria Fernanda Espinosa, si legge in una nota, ha convocato “urgentemente” Valencia a rientrare in Ecuador in risposta alle azioni “incomprensibili, immorali e contrarie a procedimenti giudiziari” di Cidh.

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Usa-Iran, negoziato segreto avviato da Washington nel dicembre 2017 per scambio prigionieri

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – L’amministrazione del presidente Donald Trump aveva aperto un canale negoziale con l’Iran nel dicembre 2017 per lo scambio di prigionieri. L’iniziativa segreta sarebbe, sottolinea il quotidiano “Wall Street Journal”, la prima apertura diplomatica degli Usa nei confronti di Teheran della presidenza Trump. L’Iran, pero’, non hai risposto all’invito, malgrado tre diverse offerte fatte da Washington. Una situazione che conferma l’incertezza del destino che attende almeno quattro cittadini statunitensi detenuti in Iran. L’irrigidimento della politica Usa nei confronti di Teheran con riferimento all’Accordo sul nucleare non agevola le trattative. Il presidente Trump aveva aspramente criticato l’ultimo scambio di prigionieri avvenuto con il paese risalente all’amministrazione di Barack Obama che, nel 2016, negozio’ il rilascio di sette iraniani in cambio di quatto cittadini con doppia nazionalita’ e autorizzo’ un pagamento in contanti di 400 milioni di dollari, parte di fondi di Teheran congelati da Washington dagli anni ’70. Un pagamento che l’attuale capo della Casa Bianca defini’ un “riscatto”. Sull’accordo nucleare del 2015, la Casa Bianca si rifiuta di certificare il rispetto delle disposizione da parte di Teheran e continua ad affermare di voler rispristinare le sanzioni se l’Europa e il Congresso non si occupano di quelle che Trump definisce “carenze” dell’accordo.

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Gran Bretagna, Oxfam travolta da uno scandalo sessuale ad Haiti

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – Una delle piu’ grandi organizzazioni umanitarie britanniche e mondiali, Oxfam, e’ sotto accusa per aver insabbiato uno scandalo sessuale in cui sono rimasti coinvolti diversi importanti membri del suo staff ad Haiti dopo il terremoto che colpi’ l’isola caraibica nel 2010: lo rivela oggi venerdi’ 9 febbraio un’inchiesta esclusiva del quotidiano “The Times”. Secondo il giornale, Oxfam negli anni scorsi copri’ lo scandalo scoperto da un’indagine interna da cui era emerso che i suoi dipendenti ad Haiti si erano resi colpevoli di sfruttamento della prostituzione: secondo il rapporto interno dell’organizzazione, di cui il “Times” e’ venuto in possesso, nello staff di Oxfam che operava nell’isola caraibica dopo il terremoto regnava una “cultura dell’impunita’” intorno allo “sfruttamento sessuale e all’uso della pornografia” accompagnato da episodi di “bullismo e intimidazioni”. Il rapporto non esclude neppure che tra le vittime degli abusi sessuali ci siano stati dei minorenni. Al termine di quell’indagine, Oxfam impose il silenzio attorno alla vicenda licenziando quattro dipendenti e lasciando che altri tre presentassero “dimissioni spontanee”: tra loro c’era anche il direttore delle operazioni Oxfam ad Haiti, il 68enne belga Roland van Hauwermeiren; l’allora presidentessa dell’organizzazione, Dame Barbara Stocking, non volle che ci fossero ulteriori conseguenze nel timore di “potenziali seri danni” per il lavoro e per l’immagine di Oxfam nel mondo. L’organizzazione si e’ difesa dichiarando di aver parlato della vicenda degli abusi sessuali di Haiti alla Charity Commission, l’autorita’ governativa britannica che sovrintende alle attivita’ delle associazioni umanitarie; ma ieri la stessa Commissione, contatta dal “Times”, ha fatto sapere di non aver mai ricevuto il rapporto finale dell’indagine interna condotta da Oxfam e che le comunicazioni a suo tempo ricevute erano state vaghe e “non parlavano di accuse precise ne’ tantomeno facevano riferimento a possibili reati di abusi sessuali su minori”. Nel dare notizia, il “Times” ricorda che Oxfam riceve ogni anno 300 milioni di sterline (quasi 400 milioni di euro, ndr) in contributi da parte del governo della Gran Bretagna ed in donazioni da parte di privati cittadini ed aziende. In un commento alla vicenda il “Times” nota come Oxfam non sia ne’ l’unica ne’ la prima organizzazioni a essere coinvolta in uno scandalo sessuale in paesi del Terzo mondo colpiti da crisi umanitarie, ricordano le numerose accuse rivolte ad agenzie e “caschi blu” delle Nazioni Unite in diversi paesi: le crisi umanitarie, scrive il quotidiano britannico, “sono una calamita per i predatori sessuali” soprattutto quando i pretesi “salvatori” sono coloro che controllano l’accesso ai cibo, all’acqua e alle cure sanitarie in aree in cui le strutture sociali sono collassate.

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Usa, presidente Trump nomina ex avvocato tributarista alla guida dell’Agenzia delle entrate

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – Il presidente Donald Trump ha nominato oggi il nuovo capo dell’Internal Revenue Service, Irs (l’agenzia delle entrate Usa). Si tratta di Charles Rettig, un avvocato tributarista che da sempre difende i suoi assistiti dall’Irs. Rettig, rende noto il quotidiano “New York Times”, sostituisce John Koskinen, il cui mandato e’ scaduto a novembre 2017. Se confermato, il compito che attende Rettig non sara’ facile. Dovra’ navigare acque agitate dopo la recente riforma fiscale che taglia le imposte per 1.500 miliardi di dollari e le scarse risorse sui poo’ contare l Irs. Il bilancio dell’Agenzia e’ stato tagliato dal 2010 di 900 milioni di dollari, il 17 per cento considerando l’inflazione. Il personale, inoltre, e’ stato ridotto di 21 mila unita’ pari al 23 per cento. Irs, poi, non e’ vista di buon occhio dai Repubblicani che l’hanno piu’ volte accusata di prendere erroneamente di mira gruppi di orientamento conservatore in cerca esenzioni fiscali. Trump che prima dell’elezione si rifiuto’ di rendere pubblica la sua denuncia dei redditi, aveva accusato l’Agenzia di dargli ingiustamente la caccia con verifiche continue e aveva aggiunto che pagare il minimo indispensabile di tasse e’ “classicamente americano”.

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Bce, Germania favorevole alla nomina dello spagnolo Guindos, la Francia mantiene le riserve

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – La Spagna ritiene che il proprio ministro dell’Economia, Luis de Guindos, emergera’ sicuramente vincitore nella corsa per la vicepresidenza della Banca centrale europea (Bce). L’Irlanda rimane invece silenziosa sul proprio candidato, il governatore Philip Lane, considerato come una buona opzione. Lo riferisce il quotidiano spagnolo “El Pais” che aggiunge come Berlino abbia espresso il proprio favore nei confronti del candidato spagnolo a condizione che Madrid sostenga il falco Jens Weidmann come sostituto dell’italiano Mario Draghi. La Germania crede che la Spagna sia sotto rappresentata nelle istituzioni europee e sottolinea come il governo spagnolo abbia svolto tutti i compiti e che Guindos alla Bce sarebbe un modo per riconoscere le dure riforme intraprese da Madrid. Inoltre il binomio Guindos-Weidmann sarebbe una buona possibilita’ per rispettare l’equilibrio geografico Nord-Sud. Anche Parigi vede Guindos come buon candidato, ma non concorda sul successore di Draghi. La Francia ha fatto presente che la vicepresidenza dipendera’ anche dalla distribuzione delle principali posizioni a Bruxelles e Francoforte tra il 2018 e il 2019. La partita per la Spagna sembra invece gia’ decisa, tanto che il primo ministro Mariano Rajoy sta gia’ pensando al possibile sostituto di Guindos al ministero dell’Economia. Nel prossimo anno e mezzo dovra’ essere rinnovata e rinominata quasi tutta la dirigenza delle Bce e Parigi e’ gia’ pronta a dare battaglia sulla presidenza. Nel maggio 2019, inoltre, ci saranno le elezioni per il Parlamento europeo, con l’assegnazione di cariche di primissmo piano come la presidenza del Consiglio, la presidenza della Commissione e il resto delle posizioni rilevanti nell’esecutivo comunitario.

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Francia, Parigi quarto partner commerciale di Teheran

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – La Francia e’ diventata il quarto partner commerciale di Teheran, dietro alla Germania, l’Italia e l’Olanda. Lo afferma “Les Echos”, spiegando che la Francia ha approfittato dell’accordo sul nucleare iraniano stipulato nel 2015. Nonostante la sua parte di mercato si attesti all’1 per cento (contro il 4 per cento di Berlino), la Francia nel 2017 ha raddoppiato la sua attivita’ commerciale con l’Iran. Tra i settori piu’ importanti per Parigi ci sono i trasporti, la salute e l’aeronautica. Resta incertezza a causa delle sanzioni statunitensi. Nel caso in cui dovessero essere ristabilite le sanzioni extraterritoriali verrebbero punite tutte le imprese straniere. “Un vero problema” per Patrick Pouyanne’, presidente della Total, che parla di una situazione “paradossale”. Per la Renault, l’Iran e’ divenuto il suo ottavo mercato, con 163mila automobili vendute nel 2017, mentre Vinci e’ in attesa di ricevere le concessioni per rinnovare gli aeroporti di Masshad e Ispahan. Il quotidiano economico sottolinea le attese degli investitori stranieri nelle future riforme del governo iraniano. Tra le priorita’, migliorare la solidita’ del sistema bancario e la sua trasparenza finanziaria.

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Francia, il Ministero dell’Interno lancia la Polizia di sicurezza del quotidiano

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – Il ministro francese della Difesa, Ge’rard Collomb, lancia la Polizia di sicurezza del quotidiano (Psq), un nuovo dispositivo che punta a lottare contro la delinquenza e a instaurare un rapporto di prossimita’ con i cittadini. Ne parla la stampa francese, spiegando che l’iniziativa prevede l’impiego di 1300 poliziotti e di 500 gendarmi entro il 2020. Collomb ha annunciato che entro settembre il progetto aprira’ i primi quindici quartieri, a cui se ne aggiungeranno altri 15 entro i 2019 e 30 alla fine del 2020. Ampio spazio allo sviluppo di nuove tecnologie digitali, che andranno a supportare le attivita’ degli agenti, che avranno in dotazione 110mila tablet “Neo” e piu’ di 10mila telecamere pedonali. Il Ministero prevede anche la creazione di un “Laboratorio Psq”, che oltre alla partecipazione di poliziotti e gendarmi vedra’ implicati anche ricercatori e sociologhi. “La Psq e’ un edificio originale la cui chiave di volta riposa sua motivazione delle forze impiegate sul territorio” afferma “Le Figaro”, mentre “Les Echos” nota che il governo comincia a mettere in atto le riforme annunciate in campagna elettorale dal presidente Macron per assicurare “la tranquillita’ degli abitanti nelle zone sensibili”.

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Villeroy de Galhau, “L’Europa non significa trasferimenti o eurobond”

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – Durante una conferenza sulla politica monetaria tenutasi a Francoforte si sono incontrati il capo della Bundesbank, Jens Weidmann, e quello della Banca di Francia, Francois Villeroy de Galhau. Entrambi sono ritenuti possibili successori del presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi, il cui mandato scadra’ nell’autunno del 2019. Entrambi sono convinti europeisti, anche se da fronti diversi. Entrambi, inoltre, sono favorevoli all’obiettivo di lungo termine di creare un mercato unico dei capitali. Villeroy ha promosso un finanziamento congiunto per l’innovazione. Weidmann attribuisce grande importanza al fatto che un mercato comune dei capitali aiuterebbe ad attenuare i problemi economici dei singoli paesi membri, a patto pero’ che questi non ne risultino deresponsabilizzati. Il suo collega francese si e’ detto d’accordo: “Le riforme nazionali devono essere le prime a rendere l’Europa piu’ stabile”, ha dichiarato durante il suo discorso d’apertura Villeroy. Il presidente della banca centrale francese ha inoltre sottolineato come negativo l’alto tasso di disoccupazione giovanile europeo, eccezion fatta per la Germania e l’Olanda portate a modello con la loro vasta gamma di opportunita’ di formazione. Altro punto nodale, secondo il capo della Banca di Francia, e’ quello delle riforme a livello europeo: “Se non riformiamo la zona euro ora, c’e’ il rischio che nella prossima crisi la politica monetaria risulti sovraccarica”, ha dichiarato. “Dobbiamo abbandonare gli stereotipi che i tedeschi vogliono regole e i francesi spendono di piu’. Non si tratta di un’unione di trasferimento o di Eurobond” ha detto il banchiere francese, secondo cui non e’ necessario condividere l’onere delle garanzie sui depositi per le banche, se non al termine di un processo di unione bancaria. Da parte sua, invece, Weidmann ha messo in guardia dagli elevati acquisti di bond da parte della Bce, perche’ ne potrebbero minare l’indipendenza. Si e’ poi detto scettico riguardo un’assicurazione di deposito congiunta, sottolineando l’importanza dell’eliminazione dei problemi dai bilanci bancari.

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Germania, Sigmar Gabriel e’ uno degli sconfitti delle ultime elezioni politiche

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – Uno dei leader socialdemocratici tedeschi usciti maggiormente sconfitti dalle elezioni politiche dello scorso settembre e’ senz’altro il ministro degli Esteri uscente Sigmar Gabriel (Spd), che il responso delle urne ha relegato in secondo piano rispetto al segretario del partito Martin Schulz, Olaf Scholz e Andrea Nahles. Nella notte delle elezioni, Schulz ha annunciato alla Willy-Brandt-Haus che Andrea Nahles assumera’ il ruolo di capogruppo del partito nella prossima legislatura. Gia’ in quell’occasione, Gabriel sedeva in seconda fila. Anche simbolicamente la portata della decisione politica di Schulz era visibile. Gabriel e’ stato a lungo considerato come un avversario della Nahles, ed entrambi provano l’un l’altra una sincera antipatia. Con la decisione di puntare al ministero degli Esteri e di lasciare alla Nahles la presidenza del partito, Schulz ora ha cementato la propria scelta di accantonare Gabriel. “Credo che Sigmar Gabriel abbia fatto un buon lavoro come ministro degli Esteri, ma ho deciso di aderire al governo federale come ministro degli Esteri io stesso”, ha detto Schulz mercoledi’, rispondendo ad una domanda di un giornalista. Raramente, commenta la “Frankfurter Allgemeine Zeitug”, una rottura con un compagno politico di cosi’ vecchia data si e’ consumata in maniera piu’ netta e sbrigativa. Se Gabriel sia politicamente morto si vedra’: i membri dell’Spd, sottolinea il quotidiano, non hanno ancora approvato l’accordo di coalizione.

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La difficolta’ dei Cinquestelle di impersonare il fattore di cambiamento dell’Italia

09 feb 11:06 – (Agenzia Nova) – E’ segno del talento “stile-Trump” di Silvio Berlusconi il fatto che lo scaltro 81enne abbia costretto tutti a parlare della sua campagna per le elezioni italiane del 4 marzo prossimo, nonostante i sondaggi che piazzano il suo partito in un distante terzo posto: al centro dell’attenzione dovrebbe esserci invece il favorito Movimento 5 stelle (M5s), che e’ la vera speranza ed allo stesso tempo la piu’ grande disperazione del paese; cosi’ sul quotidiano economico britannico “The Financial Times” il giornalista Bill Emmott, ex direttore del settimanale “The Economist”, esordisce un articolo di analisi della situazione politica in Italia. Cinque anni fa, ricorda Emmott, dalle elezioni del 2013 emersero due forze che proponevano un cambiamento radicale, entrambe al di fuori del “mainstream” politico: il giovane sindaco di Firenze Matteo Renzi ed il M5s fondato dal nulla dal comico Beppe Grillo. Come l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, Renzi promise una “rottura”, ma appena tre anni dopo si e’ gia’ bruciato lasciando la strada aperta verso la presa del potere all’altra formazione riformista: perche’ in effetti l’Italia ha certamente bisogno di un cambiamento radicale, sottolinea Emmott; ed il M5s, che in qualche modo somiglia al movimento “La Re’publique en Marche” dell’attuale presidente francese Emmanuel Macron, potrebbe davvero offrire quel nuovo futuro in cui sicuramente spera il 30 per cento circa degli elettori che lo sostengono. La ragione per cui non sembra in grado di raggiungere la maggioranza parlamentare necessaria a conquistare il governo, secondo l’analisi del giornalista inglese, e’ che a questa versione del movimento francese “In Marcia” manca un Macron: non e’ questione solo del leader, spiega Emmott, sebbene al candidato premier del M5s Luigi di Maio mancano evidentemente le doti di esperienza, capacita’ e “savoir faire” di Macron e le sue posizioni populistiche allontanino gli elettori centristi. Il fatto e’ che il partito non ha una dirigenza coesa, che possa apparire come una credibile squadra di governo pronta a prendere le redini del paese: e questo, sostiene Emmott, e’ decisamente colpa di Grillo e della sua insistenza nel governare il M5s attraverso lo strumento di una falsa democrazia online, in cui i candidati vengono selezionati da un pugno di iscritti. Con meno di quattro settimane al voto, non c’e’ piu’ tempo per porvi rimedio: se l’unico esito possibile delle elezioni sara’ una grande coalizione in cui Berlusconi giochera’ il ruolo di “kink maker”, i Cinquestelle potranno prendersela solo con se’ stessi; sono loro, conclude l’analisi sul “Financial Times”, che hanno deluso la rabbia dell’elettorato affamato di cambiamenti e che hanno deluso l’Italia.

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