Innovazione e diritti

Rapporto OIL sul futuro del lavoro, avanti con IA e robotica ma al centro del progresso rimanga la persona

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Il rischio della disoccupazione tecnologica è alto in tutto il mondo, ma è possibile integrare trasformazione digitale mantenendo posti di lavoro: la chiave sono sempre i diritti, con l’aggiunta della sostenibilità ambientale. Il Piano d’azione proposto dall’Organizzazione internazionale del lavoro.

L’intelligenza artificiale, l’automazione, l’industria 4.0 e la robotica potrebbero portare ad un grande progresso sociale, economico e culturale di livello mondiale, con milioni di posti di lavoro in più. Un risultato in cui credono in molti, tra cui la grande industria, le imprese della digital transformation, gli investitori e da qualche tempo anche le Istituzioni, ma che sarà possibile solo se verranno colte a pieno le nuove opportunità ed i vantaggi di questo processo di innovazione radicale in continua evoluzione.

Nel caso contrario, robot, macchine intelligenti e tecnologie software avanzate, man mano che le competenze diventano obsolete, porteranno alla distruzione dell’intero mercato del lavoro, generando crisi sociale ed economia di grande portata ed ampiezza storica.

Secondo il nuovo Rapporto “Lavorare per un futuro migliore” dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), realizzato dalla Commissione Mondiale sul Futuro del Lavoro, presieduta dal presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, e dal primo ministro svedese, Stefan Löfven, per mantenere gli attuali livelli di occupazione a livello globale e in prospettiva per aumentare tali livelli nel tempo, serve un impegno maggiore dei Governi locali e delle istituzioni sovranazionali, in termini di investimenti economici in innovazione tecnologica, ma soprattutto in termini di formazione, competenze e diritti.

Nel documento sono delineate tutte le sfide che nel giro di pochi anni dovremo affrontare, dall’automazione crescente ai cambiamenti climatici, dalle migrazioni globali alle disuguaglianze, con focus sulle possibili risposte da dare a livello collettivo, su strumenti e soluzioni da mettere sul tavolo e sulle possibili ripercussioni di questo scenario sul/nel mondo del lavoro.

Negli ultimi anni, sono stati pubblicati numerosi Report globali relativi al mondo del lavoro e la sua evoluzione tecnologica. Negli Stati Uniti, il 47% dei lavoratori è a rischio disoccupazione, per via dell’integrazione crescente di robot e software nel processo lavorativo degli impianti (Frey and Osborne (2015).

Entro 20 anni in Asia, secondo uno studio Chang and Phu (2016), accadrà la stessa cosa per il 56% dei lavoratori.

In uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, pubblicato nel 2016, tra il 50 ed il 70% dei lavoratori di tutto il mondo potrebbe veder automatizzata una larga parte delle proprie mansioni.

La Banca Mondiale ha fissato in quasi due terzi la forza lavoro mondiale che potrebbe essere completamente sostituita dalle macchine, mentre per il Forum economico mondiale (WEF) il 50% delle imprese più grandi ha messo in conto una riduzione delle mansioni umane entro il 2022.

A tutto questo bisogna aggiungere la variabile dei cambiamenti climatici. Secondo una stima OIL del 2018, l’applicazione degli accordi di Parigi della COP21, sugli interventi necessari per contenere la crescita della temperatura media mondiale al di sotto gli 1,5°C, causerebbe una prima perdita di circa 6 milioni di posti di lavoro, ma allo stesso tempo, con l’emergere della green economy, delle tecnologie ecocompatibili e dell’energia pulita, se ne creerebbero più di 24 milioni di nuovi.

Se nel 2017 sono stati investiti a livello globale oltre 33 miliardi di dollari nel settore dei robot industriali, con stime che salgono a 62 miliardi di dollari entro il 2024 (Zion Market Research, 2018), ad oggi i disoccupati nel mondo sono più di 190 milioni, con oltre 300 milioni di occupati che lavorano in condizioni umilianti e disagiate (sono quasi 3 milioni i lavoratori nel mondo che ogni anno muoiono per mancanza di tutele e di sicurezza sul lavoro).

Nonostante l’automazione dovrebbe (almeno in teoria) liberarci dal lavoro più faticoso e soprattutto farci lavorare di meno, ad oggi il 40% degli occupati ancora lavora un numero eccessivo di ore (anche 50 ore a settimana), mentre cresce la disuguaglianza economica e scoiale e le donne sono pagate in media il 20% in meno dei colleghi maschi.

Per cambiare la situazione e per fare in modo che l’innovazione tecnologica sia vissuta come un vantaggio dai lavoratori e non come una minaccia, la Commissione dell’OIL suggerisce nel documento un Piano di trasformazione, tutto incentrato sulla persona e le sue potenzialità, caratterizzato da una serie di azioni fondamentali ed urgenti, tra cui:

  • garanzia Universale per i lavoratori a protezione dei diritti fondamentali, per un salario dignitoso che garantisca condizioni di esistenza accettabili, limiti l’orario di lavoro e assicuri salute e sicurezza sul lavoro;
  • il diritto universale all’apprendimento permanente, che consenta alle persone di acquisire competenze, riqualificarsi e perfezionarsi;
  • uguaglianza di genere ovunque;
  • una gestione trasparente del cambiamento tecnologico per promuovere il lavoro dignitoso e l’istituzione di un sistema di governance internazionale per il lavoro su piattaforma digitale;
  • maggiori investimenti nei servizi pubblici di cura alla persona, nella transizione ecologica e nelle economie rurali.