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Rai, inizia il governo Sergio: si annuncia una ‘rivoluzione felpata’?

Lo scossone è veramente forte, la nomina di Roberto Sergioex abrupto”, ma come la legge (voluta da Matteo Renzi) prevede, il “decision maker” è e resta il Ministero dell’Economia e Finanze, ovvero il Governo, e quindi… chapeau?!

La Presidente Marinella Soldi (in carica dal luglio 2021), oggi sul “Corriere della Sera”, precisa: “Sergio è stato nominato su indicazione degli azionisti: il Ministero dell’Economia e Siae” (e qui ci piace rimarcare come sia stata espressa anche la volontà di un socio di minoranza qual è la Società Italiana degli Autori e Editori, che ha solo lo 0,44 % delle quote di Rai spa, ma rappresenta la gran parte dei creativi italiani).

La mia decisione a riguardo, del cui peso sono consapevole, è stata espressa per rispettare l’indicazione degli azionisti e per l’urgenza di uscire da lunghi mesi di stallo e incertezze gestionali… Nel mio ruolo di presidente, se l’azionista propone un nome, questo va valutato secondo criteri oggettivi. Il gusto personale, l’orientamento politico non devono pesare”. “Cosa ha pesato allora?” domanda Antonella Baccaro:Sergio è un interno, conosce bene la macchina Rai, dovrebbe poter velocemente entrare nella risoluzione dei temi aziendali”. Questa linea di comportamento, per Soldi, che intende rispettare “le procedure previste da una governance che è in vigore, ci piaccia o meno, e che definisce competenze e responsabilità”.

Punto. Piaccia o non piaccia, questo passa il Governo.

Questo impone il Governo.

E come ha reagito il Consiglio di Amministrazione di Viale Mazzini, peraltro frutto di un accordo politico di una maggioranza che non è più tale, e che a suo tempo – si ricordi bene – escluse la presenza di un esponente “in quota Fratelli d’Italia” nel Cda?!

La Presidente ha votato ieri (lunedì 15 maggio)a favore per dovere… “istituzionale”.

Hanno votato a favore la Presidente, lo stesso Sergio, i consiglieri Simona Agnes e Igor De Biasio. Astenuti Alessandro Di Majo e Riccardo Laganà. Unica a votare contro, Francesca Bria.

Il consigliere “in quota M5s” Alessandro Di Majo ha dichiarato di astenersi “per senso di responsabilità”: “vedremo se il nuovo corso sarà autenticamente inclusivo, plurale e volto al futuro ed in grado di dare risposte efficaci ai tanti problemi dell’azienda”.

Il consigliere indipendente Riccardo Laganà (eletto dai dipendenti) ha dichiarato: “in linea con le precedenti ratifiche di vertice, mi sono astenuto non per un giudizio di disvalore sulle professionalità, bensì per la mia nota contrarietà a un sistema di insediamento della Governance che avviene in virtù di una legge affetta da profili di incostituzionalità”.

Unica esponente critica, molto critica, Francesca Bria, “in quota” Partito Democratico, che su “la Repubblica” dichiara: “la Rai è ormai da circa sette mesi in un vero e proprio pantano causato da interferenze politiche, che mette a rischio la posizione dell’azienda nel mercato dei media … non siamo riusciti a progredire sul contratto di servizio o sul nuovo piano industriale … Ieri stesso, non appena eletto, l’amministratore delegato ha inoltre immediatamente indicato la nomina del Direttore Generale Giampaolo Rossi”. E si domanda (e non è la sola, in verità): “da settimane, la stampa fa riferimento ad un presunto patto fra i due che implicherebbe fra un anno l’inversione dei loro ruoli. La domanda d’obbligo è chiedere se questo patto esista realmente e con quale legittima autorità sia stato stipulato”.  

Chi cura questa rubrica IsICult per “Key4biz” può vantare oltre 30 anni di osservazione critica del sistema dei media e della cultura in Italia: è evidente che esiste un “patto” (occulto), così come è evidente che questo accordo è stato stipulato nelle segrete stanze di quelle che un tempo si chiamavano “segreterie di partito” ed ora sono – più semplicemente –  i luoghi ovvero le “camere di compensazione” degli accordi di spartizione di potere tra i leader di partito. Nel caso in ispecie, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini.

Il resto, tutto il resto, conta, certamente conta, ma è assolutamente accessorio, e funzionale al “decision making” dei tre leader.

Ancora una volta, processi decisionali privi di pubblico dibattito e nessun confronto con la società civile

Quel che va segnalato è che queste decisioni hanno comunque due caratteristiche: (1.) sono lontane anni-luce da una logica di trasparenza tecnico-meritocratica e di dibattito pubblico; (2.) sono sganciate anni-luce da una visione, da una strategia, da una “idea di Rai” (almeno una idea che sia di pubblico dominio).

Confronto con gli “stakeholder” della Rai, che sarebbero i telespettatori ed i cittadini tutti, prima che i partiti? Nessuno.

Ovvero, se Sergio ha una sua “idea di Rai” futura (e certamente l’ha), non l’ha ancora resa di pubblico dominio, né rappresentata in un qualche consesso che non siano le ovattate stanze di Via della Scrofa ovvero Palazzo Chigi.

È questo – riteniamo – il vero “vulnus” della vicenda, in termini politici, e finanche – ci si consenta – istituzionali, dato che di un “servizio pubblico” stiamo trattando.

Non vogliamo stare qui a costruire o proporre (pre)giudizi sulla persona, che non avrebbero alcun senso: Roberto Sergio può certamente vantare un eccellente curriculum all’interno della Rai, e non vogliamo certo qui approfondire il dossier che ha costruito su di lui una firma eccellente del giornalismo italiano, qual è Sergio Rizzo, che ha elaborato un lungo identikit critico su “Milano Finanza” venerdì della scorsa settimana. Volendo sintetizzare l’analisi di Rizzo (l’articolo è intitolato “Carriera alla romana”), il neo Ad della Rai è senza dubbio cresciuto in un habitat democristiano, con benedizioni multiple di Arnaldo Forlani, Marco Staderini, Lorenzo Cesa, e – su tutte – Pier Ferdinando Casini (che è stato anche suo testimone di nozze)… Molti i ruoli manageriali, tra pubblico e privato. Conclude Rizzo: “insomma, un discreto intreccio fra affari, politica, incarichi pubblici e privati. Sulla cui compatibilità con un posto di lavoro da dirigente della tv di Stato potrebbero esistere legittime perplessità. E non da ora, anche se nessuno – va detto – ha mai sollevato il problema. Ma chi avrebbe potuto (e dovuto) farlo? Chissà”. In effetti, in questa Italia (ed in questa Rai), scagli la prima pietra chi è senza peccato…

Volendolo proprio assegnare convenzionalmente ad un partito, Roberto Sergio potrebbe essere attribuito al mitico “partito Rai”.

E sicuramente Roberto Sergio beneficia della benedizione del miglior ambasciatore di Silvio Berlusconi, qual è Gianni Letta.

Sergio artefice di una rivoluzione destrorsa? Improbabile

Sarà Sergio quindi l’artefice di una “rivoluzione destrorsa” a viale Mazzini?

Non lo crediamo.

Sergio potrebbe essere infatti definito come un “post-democristiano”, geneticamente mediatore, non a caso co-promotore del Premio Laurentium (che dirige dal 1982), che non è certamente un laboratorio radicale della destra culturale nazionale (non è né “Nazione Futura” di Francesco Giubilei, né “Cultura Identità” di Edoardo Sylos Labini, né – ovviamente – “Il Primato Nazionale” diretto da Adriano Scianca…).

Scriveva una testata qualificata come “Prima Comunicazione” (diretta da Alessandra Ravetta) il 14 dicembre 2022, l’indomani rispetto all’ultima edizione del Premio, dedicato alla poesia: “presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, si è svolta la consueta cerimonia di consegna dei riconoscimenti per la XXXVI Edizione del Premio Laurentum ed i festeggiamenti per i 40 anni dalla fondazione del Centro Culturale Laurentum, ideatore della prestigiosa rassegna”. E segnalava: “Roberto Sergio: “Onorati che anche quest’anno Siae – Società Italiana degli Autori ed Editori sia concretamente al fianco del Premio Laurentum, la rassegna dedicata alla Poesia e all’Arte”.

La Giuria del “Premio Laurentum” – che potremmo definire una elitaria “lobby culturale” – composta da Angelo Bucarelli, Corrado Calabrò, Luca di Bartolomeo, Simona Izzo, Paolo Lagazzi, Davide Rondoni e Roberto Sergio (Direttore del Premio), ha deciso di attribuire il Premio Laurentum Edizione 2022 – “Alla Carriera” a Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

Parterre dei roi: Pier Ferdinando Casini, Andrea Abodi (Ministro dello Sport, in quota FdI), Lucia Borgonzoni (Sottosegretaria leghista alla Cultura), Federico Mollicone (Presidente della Commissione Cultura della Camera, Fratelli d’Italia), Salvo Nastasi (Presidente della Siae), Giampaolo Rossi, Simona Agnes

La sintonia tra Roberto Sergio e Gianni Letta è confermata dal comune impegno in Laurentum, appunto: Sergio lo dirige da 40 anni (!) e Letta è Presidente della Giuria…

Crediamo che Sergio sarà abile amministratore di una nuova fase della lottizzazione partitocratica della Rai.

Fase “nuova” semplicemente perché c’è una nuova maggioranza di governo.

Il neo Ad annuncia tattiche e nomine: ma la “strategia” qual è? Non è ancora dato sapere

Qualcosa si può intravedere dall’intervista che ha concesso oggi al quotidiano “Libero”, ma più a livello tattico. Francesco Specchia titola: “Ecco la Rai di Sergio. ‘Prima evitare il crollo poi i palinsesti e Porro… stiliamo il piano industriale, quindi sistemiamo i contratti, dopo sostituiremo Fazio e penseremo anche alle fiction”.

Abbiamo già segnalato – su queste colonne, giovedì della scorsa settimana 11 maggio – che in verità sia il “piano industriale” sia il “contratto di servizio” erano in fase di bozza evoluta, e da diversi mesi (vedi “Key4biz”, “Cinema, biglietto ridotto a 3,5 euro da metà giugno a metà settembre. La differenza ce la mette lo Stato”).

Quelli “precedenti” verranno cestinati o semplicemente rielaborati alla luce di un “new deal” ancora nebbioso?!

Scrive Specchia: “più che un meloniano accanito, Sergio è un classico membro di quel “partito Rai” che stringe patti d’acciaio col potere ma espelle chi non entra nei meccanismi vischiosi di viale Mazzini”.

Ecco quel che il neo Ad ha in mente (riportiamo – opportunamente – il virgolettato dell’articolo di “Libero”): “per prima cosa, mettiamo mano al piano industriale, e riapriamo il dialogo coi sindacati che hanno preparato lo sciopero generale della Rai (è in calendario il 26 maggio prossimo, nota nostra). Capisco che sarà difficile cambiare i loro piani in corsa, ma la governance è cambiata, ora riattiviamo tutto”, dichiara. E “tutto” significa innanzitutto il piano industriale ora latente, e poi il contratto di servizio, “che consentirà la riduzione del debito che entro il bilancio 2023 è previsto di 600 milioni di euro”; e poi, quindi, il via libera all’apertura dei rubinetti che le stesse banche minacciavano di chiudere…

In verità, ci sfugge il nesso tra “contratto di servizio” e rapporti con il sistema bancario, ma forse Sergio ha in mente di ottenere dal Governo (dallo Stato) un “contratto di servizio” che fornisca (finalmente!) garanzie economico-finanziarie di medio periodo per viale Mazzini.

Garanzie dello Stato anche rispetto al canone, che alcuni – in primis Matteo Salvini – vorrebbero addirittura eliminare, trasferendo il finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo sulla fiscalità generale?!

Il neo Ad annuncia senza remore i tasselli del neo-mosaico delle nomine

Viene confermata la presentazione dei palinsesti, “il 7 luglio, ma prima le nomine dei direttori nuovi e confermati il 25 maggio”. E cioè: “il Tg1 a Gian Marco Chiocci, Tg2 a Antonio Preziosi, Tg3 per Mario Orfeo (confermato)”.

Le nomine sono state già definite “a tavolino” (nelle stanze cui supra), e Sergio le annuncia senza remore: “Approfondimento, Paolo Corsini; Intrattenimento Prime Time, Marcello Ciannamea; Daytime, Angelo Mellone; a Isoradio, se Angela Mariella si sposta potrebbe essere sostituita da Maria Antonietta Spadorcia o da Grazia Graziadei. A Radio 2, Simona Sala, responsabile della Radiofonia, Roberto Sergio ad interim con Flavio Mucciante Vice Direttore, responsabile di San Marino Andrea Vianello”

Il neo Ad non si espone rispetto ad uno dei maggiori centri di potere di Viale Mazzini, ovvero Rai Cinema e la Direzione Fiction, e molti prevedono che né Paolo Del BroccoMaria Pia Ammirati (entrambi politicamente trasversali, mediatori e diplomatici, e non connotati “in quota” di chicchessia) verranno scalzati dalla “rivoluzione felpata” del neo Ad.

Conclude Specchia, con affettuosa ironia, riportando il Sergio-pensiero: “le rivoluzioni si fanno, ma ci vuole una fase di transizione per trovare il giusto abbrivio, gli equilibri, i passi felpati”. Sergio è il feroce democristiano che c’è in noi”..

Un normale / patologico “spoil system”? “Poliziotto buono” Sergio, “poliziotto cattivo” Rossi?

Terribile rivoluzione destrorsa?! Non ci sembra.

Un normale (o patologico, a seconda dei punti di vista) avvicendamento, o chiamiamolo – se vogliamo – “spoil system”.

Altro potrebbe venire dal neo Dg Giampaolo Rossi: qui abbiamo a che fare con un intellettuale ascrivibile in modo netto alla cultura di destra. Rossi ha assunto in passato anche posizioni piuttosto radicali e “divisive”, controverse.

Sarà Rossi a cercare di ridurre – operativamente – quella “egemonia culturale” che la destra lamenta in Rai (e, più in generale, negli apparati culturali pubblici del Paese)?! Pur assicurando – come ribadisce da mesi il titolare del Ministero della Cultura Gennaro Sangiuliano – che non si vuole sostituire la pre-esistente egemonia con una novella, ma semplicemente aprire la “Weltanschauung” che Rai propone a voci altre, dissonanti, eterodosse… Comunque lontane dal “pensiero unico” di una certa sinistra mondialista, asservita – secondo alcuni – al liberismo sfrenato del turbocapitalismo digitale.

Poliziotto buono Sergio, poliziotto cattivo Rossi?! Non crediamo.

Sicuramente, Sergio conosce assai bene la “macchina Rai” (sicuramente meglio del suo predecessore Carlo Fuortes): basti ricordare che a viale Mazzini è stato Presidente di Sipra (ora Rai Pubblicità), Presidente di Rai Way, membro del consiglio di amministrazione di Rai Net, Rai Click e Rai Com… Da 6 anni, è Direttore di Radio Rai, che ha certamente contribuito a svecchiare, sviluppando l’offerta verso il target giovanile.

È quindi una figura ibrida, tra il tecnico ed il politico.

Si ricordi che vanta un percorso manageriale notevole, prima dell’approdo in Rai: ha iniziato il suo percorso professionale in Sogei ed è tra i fondatori di Lottomatica spa (oggi International Game Technology – Igt), che ha lasciato da Vice Direttore Generale nel 2004, per approdare a viale Mazzini come Direttore New Media.

Tutto ciò premesso, sarà interessante conoscere l’“idea di Rai” di Sergio, al di là delle decisioni tattiche anticipate oggi a “Libero” e del gioco delle nomine.

Quale ruolo del servizio pubblico in un sistema dei media sempre più dominato dalle piattaforme?!

Quali garanzie per l’estensione dello spettro del pluralismo?!

Quale funzione di coesione sociale?

Attendiamo le risposte dal neo Ad della Rai.

Di tattica e di nomine, ha parlato subito, appena insediatosi.

Attendiamo il suo pensiero in materia di strategia e di ruolo del servizio pubblico.

Così come si è subito esposto – senza remore né autocensure – sulle nomine, vorrà presto sicuramente manifestarsi sulla sua idea di Rai futura.

(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.

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